Midterm Usa: la sconfitta vittoriosa dell’establishment
da PICCOLE NOTE (Davide Malacaria)
L’esito delle midterm, venduto dai media mainstream come una grande vittoria dei democratici (come trasformare le sconfitte in vittorie) in realtà non sorprende. I repubblicani conquistano, com’era ovvio, la Camera, ma sembra che i democratici abbiano conservato il controllo del Senato, nonostante per quest’ultima assise sia ancora in corso lo scrutinio in alcuni Stati.
A indicare l’esito in favore dei democratici è il voto della Pennsylvania, Stato sul quale il Gop ha puntato tutte le sue fiches per strappare il Senato agli avversari e nel quale Fatterman ha vinto sul trumpiano Oz.
La contesa della Pennsylvania sintetizza un po’ quanto avvenuto in queste elezioni, dal momento che i media trumpiani davano praticamente per sicura la vittoria di Oz, un po’ come davano per certa l’onda rossa, colore simbolico del partito, che avrebbe sommerso gli Stati Uniti. Non è andata così.
D’altronde i proclami sull’onda rossa erano evidentemente esagerati, dal momento che non tenevano conto della potenza di fuoco della macchina elettorale dei democratici: se tale macchina aveva ottenuto risultati tanto imponenti alle presidenziali, era da supporre che a queste Midterm si sarebbero ripetuti, potendo contare, grazie alla presidenza Biden, sulla gestione di tanti gangli del potere. Come era da supporre che si sarebbe concentrata sul Senato, dove la sfida era più serrata.
La vittoriosa sconfitta di Trump
Ci saranno conseguenze. Anzitutto in sfavore di Trump, il quale attendeva il trionfo elettorale per dare l’annuncio della sua candidatura alle presidenziali del 2024. Lo farà ugualmente, ma non sarà la stessa cosa.
E ciò perché i suoi avversari interni al partito useranno questa vittoriosa sconfitta per incrementare la narrativa che egli rappresenta un freno per il partito, che in sua assenza avrebbe certamente stravinto data la sfiducia dei cittadini verso le istituzioni, soprattutto per la forte inflazione e il caos dilagante nelle città.
Anche perché, nel frattempo il Potere ha lavorato per trovare un’alternativa a Trump e l’ha trovata nel governatore della Florida Ron De Santis, la cui affermazione in queste midterm, non a caso, è celebrata dai media di establishment.
De Santis è perfetto per succedere al Tycoon prestato alla politica, dal momento che gli assomiglia nella retorica roboante, nella polemica contro l’establishment democratico, nella difesa dei valori tradizionali e nel rigetto dei migranti.
Ma non condivide con Trump né l’isolazionismo estremo né, soprattutto, l’avversione allo sfoggio muscolare in politica estera (come si è visto durante l’ultima, non riuscita, rivoluzione colorata a Cuba, alla quale ha dato il suo entusiastico contributo).
La sua ascesa è iniziata durante la pandemia, nel corso della quale ha ingaggiato un duello serrato contro l’establishment pandemico, adottando per la sua Florida norme libertarie che si sono dimostrate funzionali. Ciò gli ha attirato le lodi di media ed elettori trumpiani, che invece registravano una certa timidezza dell’ex presidente nel muoversi all’interno di questo campo minato.
Il competitor
De Santis è così diventato l’unico possibile competitor di Trump, proponendo una sua personale versione del trumpismo, che potrebbe risultare accettabile anche dagli architetti delle guerre infinite.
Per questo – e soprattutto perché farebbe fuori Trump – l’establishment lo ha scelto come possibile successore di Biden, una carta da giocare nel caso in cui nel campo del partito democratico non emergesse una candidatura forte o, addirittura, si affermasse un candidato non gradito (un Sanders, una Michelle Obama etc.).
Trump sa perfettamente questo gioco e ha tentato in tutti i modi di evitare una rottura con De Santis, tanto che ha detto di aver votato per lui a queste Midterm.
Non poteva far altro, ovviamente, dal momento che era l’unico candidato della Florida, dov’egli vota, ma ha voluto dirlo per sottolineare la cosa, rilanciando implicitamente l’ipotesi, avanzata tempo fa, di creare un ticket con De Santis alla vicepresidenza.
Ma sarà difficile che De Santis rinunci al ruolo presidenziale che gli hanno ritagliato e che l’establishment repubblicano, quello sul quale Trump ha maramaldeggiato, sta tentando di accreditare in tutti i modi (vedi Washington Examiner: “Scegliere Trump rispetto a De Santis per il 2024 è un suicidio politico”).
Il senso di Elon per i repubblicani
Sarà interessante, in questa prospettiva, anche la posizione del nuovo padrone di Twitter. Elon Musk a luglio aveva twittato che Trump è “troppo vecchio” ed è ora che abbandoni, mentre De Santis “vincerebbe facilmente” se si candidasse contro il presidente Biden nel 2024.
Il tweet è stato successivamente cancellato, ma il miliardario, che in occasione delle midterm ha invitato a votare per i repubblicani (tweet anch’esso cancellato), potrebbe non aver cambiato opinione. E la sua opinione, dopo l’acquisto del social, pesa di più. Inviso al Potere per l’acquisto di Twitter, potrebbe essere tentato di cercarne l’indulgenza favorendo l’estromissione di Trump dalla politica.
Insomma, queste elezioni potrebbero dare avvio a una resa dei conti in ambito repubblicano, trasformando la vittoria di Trump, che pure ha mandato al Congresso diversi candidati da lui scelti, in una possibile disfatta.
Ma l’ex presidente non ha alcuna intenzione di gettare la spugna, anche perché sa che, se lo fa, il suo destino è il carcere. Tanto da arrivare a minacciare il possibile antagonista, affermando: “So più cose su di lui di chiunque altro, a parte forse sua moglie”.
I repubblicani alla Camera
In attesa di conoscere l’esito di questo scontro interno al Gop, vanno considerate le altre conseguenze delle elezioni, anzitutto il fatto che i repubblicani possono sfruttare la maggioranza della Camera per avviare alcune inchieste.
Quasi sicura un’inchiesta sulla pandemia, che potrebbe trasformarsi in una Norimberga (Rand Paul, capogruppo alla Camera, aveva a suo tempo chiesto la galera per Fauci).
Ciò non metterebbe eccessivamente paura all’establishment, che nel frattempo ha trovato un’altra crisi globale da gestire (guerra ucraina). A farne le spese sarebbero, del caso, alcuni capri espiatori. Ma qualche chiarimento sul passato è comunque auspicabile perché potrebbe evitare, forse, sorprese future.
Possibile anche un’inchiesta su Hunter Biden, il figlio del presidente, da tempo nel mirino dei repubblicani, che peraltro sarebbe gradita anche all’establishment dei democratici che non vedono l’ora di rimpiazzarlo.
Resta aperta la questione ucraina. Se prima delle elezioni i repubblicani avevano dichiarato che non avrebbero più dato “assegni in bianco” a Kiev, resta da vedere come si esplicherà concretamente tale asserzione, se cioè basteranno i giustificativi del Pentagono. Ma l’emergere di qualche controversia sul conflitto è nelle cose, dato che i trumpiani eletti sono fieramente avversi alle guerre infinite.
FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/mondo/midterm-usa-la-sconfitta-vittoriosa-dellestablishment
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