L’area del sovranismo patriottico e le forze che ne fanno parte (partiti, associazioni, simpatizzanti), è arrivata a un punto di svolta, così riassumibile: crescere (tutti) e andare avanti oppure resettare tutto e ripartire da zero.
Entrambe le scelte sono ovviamente legittime, ma vanno prese con la piena consapevolezza delle conseguenze, delle differenti strategie con cui vanno affrontate, dei rispettivi pro e contro. Non solo per le singole persone o per le singole realtà, ma anche per tutta l’area che queste realtà rappresentano o aspirano a rappresentare.
Le elezioni anticipate di settembre hanno imposto un salto in avanti (repentino ma atteso da anni) che ha portato alla nascita di una prima alleanza trasversale, Italia Sovrana e Popolare. Ne fanno parte Riconquistare l’Italia, il Partito Comunista, Ancora Italia, Azione Civile più altre realtà minori, sia partitiche che associazionistiche. Un’alleanza nata in fretta e che, com’è normale che sia, di quella fretta porta tutti i segni. Limiti compresi.
I partiti fondatori (militanti e vertici) non hanno avuto modo di conoscersi a sufficienza, di militare fianco a fianco sui territori e di prendere decisioni apicali confrontandosi adeguatamente per poi giungere a una sintesi unitaria. L’attuale statuto di ISP rispecchia molti dei limiti che i tempi ristretti e la mancata conoscenza approfondita delle realtà che la compongono hanno imposto.
L’esperienza derivata dalla raccolta firme e dalla campagna elettorale realizzate nel giro di poco più di due mesi hanno però prodotto un risultato che è maggiore della somma delle singole parti. Segno tangibile che la strada intrapresa, pur con tutte le difficoltà del caso, va nella giusta direzione. Ovviamente le realtà che compongono ISP sono diverse tra loro: per struttura, per numeri, per metodi, per storia. Un’ovvietà, ma su cui vale la pena soffermarsi qualche secondo.
Ogni alleanza, ogni coalizione, ogni lista unitaria ha affrontato e affronterà sempre queste difficoltà. Il lavoro della politica d’altronde consiste – o dovrebbe consistere – in questo: nel confronto, nella mediazione e nella sintesi. Sia dentro le singole realtà che, a maggior ragione, in un contesto che mette insieme realtà diverse. Soprattutto per chi sostiene di rifarsi al modello del centralismo democratico.
Sbaglia chi pensa che al duro e costante lavoro di confronto, mediazione e sintesi possa sostituirsi il prevalere degli interessi di una parte sul tutto. Sbaglia chi pensa che un’alleanza possa funzionare imponendo la struttura e la visione di una sola delle sue componenti alle altre.
Sbaglia chi pensa che il coordinamento tra queste realtà sia una questione meramente tecnica e non politica.
Sbaglia anche chi ha o ritiene di avere più ragione degli altri e mette questa ragione davanti a tutto. Anche all’interesse comune, al bene superiore.
I difetti e i limiti di Italia Sovrana e Popolare sono noti e credo sia inutile insistere in questa sede su come il bicchiere sia mezzo vuoto. Inutile sottolineare in questa sede chi, come e perché stia mettendo a rischio il proseguimento di tale esperienza.
Penso per una volta valga la pena dire perché, nonostante tutto, il bicchiere sia mezzo pieno. Lo è per la comunità che ha iniziato a formarsi dentro e intorno a Italia Sovrana e Popolare. È mezzo pieno perché quasi 400.000 persone che ci hanno dato la loro fiducia, non possono essere un patrimonio dato per scontato o che può essere ignorato davanti ad alcuni prevedibili e forse inevitabili problemi.
Riconquistare l’Italia, il partito in cui milito dalla sua nascita, è l’unico che Italia Sovrana e Popolare ce l’ha scritta nel suo destino, nel suo Statuto. Come Fronte Sovranista Italiano prima e come Riconquistare l’Italia poi, ci siamo sempre immaginati, proiettati nel futuro, come una parte di una più grande alleanza fondata sui principi sanciti nella Costituzione del ‘48.
Abbiamo noi per primi il dovere di tentare la strada del confronto, della mediazione e della sintesi. Anche davanti a forzature e fughe in avanti degli altri Partiti. Per farlo, è necessario mantenere la barra a dritta su alcuni punti per noi imprescindibili, tutelando il ruolo di Riconquistare l’Italia quale partito fondatore di Italia Sovrana e Popolare, ma cercando al contempo una mediazione, una sintesi che preservi il futuro e l’esistenza stessa di Italia Sovrana e Popolare.
Tentare di tenere in vita un progetto non vuol dire, ovviamente, riuscirci. Ma credo faccia comunque tutta la differenza di questo mondo rispetto al non provare neanche. Una responsabilità, politica e non solo, che eventualmente dovrebbero assumersi altri.
Per quanto riguarda Riconquistare l’Italia, sono convinto che si tratti di una delle migliori realtà dell’area per capacità di analisi, proposta politica e qualità dei singoli militanti. Una realtà che, però, non è stata fino a oggi in grado di esprimere tutte le sue potenzialità. Prevalentemente per limiti intrinseci del proprio Statuto.
C’è chi ritiene che quei limiti abbiano consentito a Riconquistare l’Italia di sopravvivere più a lungo delle altre realtà d’area, senza subire scissioni. Ma se un partito per sopravvivere fosse davvero costretto a non crescere, a restare sconosciuto ai più e ad avere uno Statuto monco, quale sarebbe il senso della sua esistenza?
Se avessero ragione coloro che ritengono non vada fatto neanche più un tentativo di salvare Italia Sovrana e Popolare, Riconquistare l’Italia avrebbe a maggior ragione il dovere di superare i propri limiti attuali per crescere come non è stata in grado di fare in questi anni. Ma se avessero invece torto i pessimisti, allora la crescita di Riconquistare l’Italia gioverebbe anche a Italia Sovrana e Popolare. Che potrebbe contare su spalle larghe a cui poggiarsi nei momenti di difficoltà. Come quello attuale.
A patto di provare a salvarla prima che venga dichiarata, forse anzitempo, la sua fine.
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