di La Croce quotidiano (Mario Adinolfi)
“Non voglio che la gente pensi che non sia più la persona in cui ha creduto finora. Solo perché ora è diventata presidente del Consiglio”. Giorgia Meloni, in questa frase parte di un’intervista rilasciata oggi a Repubblica, mostra tutta la fragilità che ce la rende in fondo simpatica. Vuole che “la gente pensi”. Più avanti dice che non vuole essere trattata da “ragazzina”. E poi “non sono nervosa, non sono stressata” sono i giornalisti che vogliono “trascinarla nel fango”. Insomma “Giorgia” soffre enormemente il giudizio degli altri, anche e soprattutto degli avversari di una vita, a cui vorrebbe tanto piacere. Questo è il frutto di una vita politica tutta trascorsa da ghettizzata a doversi giustificare sul fascismo e in più mettiamoci anche il trauma da abbandono vissuto per via del papà che ha lasciato la famiglia quando lei era piccola. Io sono uno che non tiene in nessun conto il giudizio degli altri, se ho una convinzione. Giorgia anche ha delle convinzioni ma ha bisogno di approvazione attorno a sé. In psicologia questo bisogno ha connotati e definizioni precisi, ma qui interessa il terreno della politica e in politica questa si chiama subalternità.
Sono bastati 40 giorni a Palazzo Chigi e una manovra economica per capirlo. Gli italiani hanno votato in massa Giorgia Meloni perché era l’unico partito all’opposizione del governo Draghi. Si sono ritrovati con una manovra economica sostanzialmente scritta da Draghi, pedissequa e priva di idee nuove. Hanno visto la Meloni sui principali palcoscenici internazionali muoversi secondo le indicazioni di Draghi, al G20 di Bali come a Bruxelles. A me è sembrata la brava scolara che voleva far vedere al professore di aver imparato bene la lezione. E Draghi non è una persona, è un sistema: un intreccio di poteri economici, finanziari, accademici, politici, imprenditoriali, mediatici a cui la Meloni scolara effettivamente piace. E lei è contenta del voto che le mettono al compitino.
Così come avrebbe fatto Draghi, Meloni conferma lo zelante sostegno armato a Kiev (tenero Crosetto che a domanda se l’Italia fornisca all’Ucraina anche armi offensive risponde con un “no comment” offensivo per la nostra intelligenza) addirittura “per tutto il 2023”, mentre Biden e Macron lavorano per incontrare Putin e soprattutto il primo è sempre più insofferente verso le continue richieste di Zelensky che vuole vincere subito temendo la durezza del Generale Inverno, da secoli principale alleato dei russi in ogni guerra.
Così come avrebbe fatto Draghi non ha previsto in manovra economica nessun serio provvedimento anti-inflazione, neanche l’annunciato azzeramento dell’IVA su pane e latte. E per questo noi siamo l’unico Paese dell’Eurozona in cui a novembre l’inflazione è ulteriormente cresciuta, arrivando al 12.8% per il cosiddetto “paniere della spesa”. Vuol dire che per ogni salario medio di 1.500 euro di un italiano, il più basso dell’Occidente, arriva una tassa configurata in perdita di potere d’acquisto di 200 euro. Draghi se n’è fregato, obbedendo ai diktat di Biden e della Nato. La Meloni anche. Che ha ribadito anche tutte le sanzioni alla Russia e l’adesione alla politica del price cap sul gas. Giorgia è la scolara più zelante. La informiamo che già 20 dei 30 Paesi della NATO non forniscono più neanche una cartuccia all’Ucraina, preferiscono concentrarsi sulle condizioni economiche delle loro popolazioni.
Così come avrebbe fatto Draghi, la Meloni non ha toccato nessuna questione identitaria. Altro che discorso andaluso, altro che “sì alla cultura della vita” e “no all’ideologia gender”. Nell’intervista ossequiosamente rilasciata al direttore del Corriere della Sera si è affrettata a ribadire che la legge 194 non si tocca e il mondo Lgbt non ha nulla da temere dal suo governo. Continueranno le regalie milionarie di Stato che partono dall’Unar, ufficio peraltro della presidenza del Consiglio, a tutto l’associazionismo gay. Sulla scuola non s’è toccato nulla e come sulla sanità l’incremento minimale dei fondi a tasso inflattivo attuale equivale sostanzialmente a dei tagli. Zero interventi anche sulla Rai dove continua a spopolare la versione Gaiuno di Raiuno, secondo i voleri del direttore Stefano Coletta assecondati dall’amministratore delegato piddino Carlo Fuortes.
Se sei culturalmente subordinato e temi il giudizio degli altri, questi sono gli esiti. Avessimo conquistato il potere noi avremmo immediatamente sospeso la fornitura di armi all’Ucraina e al G20 di Bali avremmo proclamato Roma, d’intesa con la Santa Sede, città della pace disponibile ad ospitare e ad organizzare fin da subito un tavolo multipolare presieduto da Papa Francesco con Usa, Ue, Russia, Cina per la soluzione del problema ucraino. Contemporaneamente avremmo rimosso ogni sanzione a Mosca tornando a godere di approvvigionamenti energetici a basso costo per far pagare bollette da subito più che dimezzate a famiglie e imprese italiane. Conseguentemente al programma sottoposto al voto degli italiani, in manovra economica avremmo varato immediatamente la riforma fiscale del quoziente familiare e poi avremmo cancellato l’inutile assegno draghiano per il figlio, ripristinando le detrazioni antecedenti e accompagnandolo al reddito di maternità che è l’unica riforma capace di battere la denatalità italiana, che è il principale cancro del Paese, dando anche un colpo forte al numero di aborti. Sulla scuola saremmo intervenuti con la riforma del cosiddetto buono scuola con la piena integrazione nel sistema pubblico degli istituti statali e non statali parificati, per realizzare la libertà educativa per le famiglie. Avremmo poi per decreto vietato l’uso di ormoni che bloccano la pubertà dei preadolescenti e chiuso l’Unar, sostituendolo con l’Unad, Ufficio nazionale antidiscriminazioni. Avrei personalmente chiesto le dimissioni a presidente e ad della Rai per procedere a nuove nomine trasparenti per curriculum dopo confronto parlamentare su ruolo e finalità del servizio pubblico radiotelevisivo. Infine avremmo portato a 1.000 euro senza limiti ISEE le pensioni per i disabili e la minima sociale per gli over 67. Il costo delle riforme sarebbe stato pagato con i 65 miliardi di euro che avremmo risparmiato nella legislatura cancellando l’innalzamento della spesa militare italiana al 2% del Pil (dunque da 25 a 38 miliardi di euro annui) deciso da Draghi e confermato da Meloni. Saremmo stati aggrediti dal giudizio altrui? Certamente. Ma chi ha delle convinzioni radicate, va avanti e se ne frega. Capito, Giorgia?
Fonte: https://www.lacrocequotidiano.it/articolo/2022/12/06/politica/consigli-a-giorgia-meloni
Se i soldi presi in prestito nn li hai e, devi elemosinarli, chi comanda?
La Meloni, x essere molto buona con lei, deve aggirare in tutti i modi gli ordini ricevuti.
X il momento osserviamo la sua reticenza….