Covid. L’alert di Ema: “Monoclonali scarsamente efficaci nel neutralizzare le nuove sottovarianti di Omicron”
di QUOTIDIANO SANITÀ (Redazione)
“I dati mostrano anche che questi anticorpi monoclonali non neutralizzano in modo significativo i ceppi BQ.1 e BQ.1.1, che si prevede diventeranno i ceppi dominanti nell’UE nelle prossime settimane. Gli operatori sanitari dovranno prendere in considerazione trattamenti alternativi, soprattutto se le sottovarianti come BQ.1 e BQ.1.1 diventano prevalenti”. In tal senso si incroaggiano gli Stati membri a garantire l’accesso agli antivirali ai pazienti a rischio.
L’Emergency Task Force (Etf) dell’Ema ha avvertito che è improbabile che gli anticorpi monoclonali attualmente autorizzati per il Covid siano efficaci contro i ceppi emergenti del Sars-CoV-2. Questi anticorpi monoclonali sono progettati per neutralizzare il virus legandosi alla proteina spike sulla sua superficie. Tuttavia, i ceppi emergenti presentano mutazioni in questa proteina che possono ridurre la capacità degli anticorpi di legarsi ad essa.
Recenti studi di laboratorio dimostrano che gli anticorpi monoclonali diretti contro la proteina spike sono “scarsamente efficaci nel neutralizzare i ceppi Omicron BA.4.6, BA.2.75.2 e XBB. I dati mostrano anche che questi anticorpi monoclonali non neutralizzano in modo significativo i ceppi BQ.1 e BQ.1.1, che si prevede diventeranno i ceppi dominanti nell’UE nelle prossime settimane”.
Sebbene non sia ancora noto in che misura la ridotta attività neutralizzante si traduca in minori benefici per i pazienti, gli operatori sanitari “dovranno prendere in considerazione trattamenti alternativi, soprattutto se le sottovarianti come BQ.1 e BQ.1.1 diventano prevalenti”.
I trattamenti antivirali come Paxlovid (nirmatrelvir/ritonavir) e Veklury (remdesivir), che hanno meccanismi d’azione diversi, “dovrebbero mantenere la loro efficacia contro i ceppi emergenti”. Questi trattamenti sono approvati nell’UE per i pazienti affetti da Covid che non necessitano di ossigeno supplementare e che sono ad alto rischio di progressione della malattia verso la Covid grave.
L’Eft incoraggia pertanto gli Stati membri dell’UE a garantire che gli operatori sanitari abbiano accesso a questi trattamenti antivirali per i pazienti a maggior rischio di Covid grave.
Fonte: https://www.quotidianosanita.it/m/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=109642
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