Ecco perché la guerra in Ucraina è voluta dagli Usa per destabilizzare l’Europa
Mentre raggiungiamo il nostro intervistato le ultime notizie dal fronte ucraino ci dicono che i profughi stimati sono 14 milioni e i decessi si stimano intorno alle 42.295 vittime solo dal 24 febbraio 2022.
Intanto il cancelliere tedesco Scholz afferma che continuerà a parlare con Putin, e il presidente Zelensky chiede missili a lungo raggio; mai così vicini alla Terza guerra mondiale nucleare?
Lo abbiamo domandato ad Alberto Fazolo, militante internazionalista che ha partecipato in prima persona alle campagne in sostegno dei popoli dell’ex Ucraina. Economista, esperto di Terzo Settore e giornalista, ha trascorso due anni in Donbass svolgendo attività politica e umanitaria.
Ormai quotidianamente sentiamo parlare -non senza angoscia- di carri armati Leopard 2 tedeschi, di M1 Abrams americani, noi italiani non abbiamo fornito all’Ucraina gli Ariete solo perché sono rimasti fermi agli anni Ottanta. Dottor Fazolo ma chi li guida o comanda questi strumenti bellici? Presto l’Ucraina potrebbe chiedere anche i nostri soldati?
Credo che la questione armi nasconda altri nodi. Il problema non è in sé fornire armamenti, perché ne abbiamo forniti anche di più letali.
Sia i Leopard 2 sia M1 sono entrambi stati sviluppati negli anni Settanta, e sono prodotti estremamente obsoleti che sul campo di battaglia non si sono mai confrontati direttamente con carri di fabbricazione sovietica o russa, se non durante la Prima Guerra del Golfo, quando gli M1 Abrams hanno fronteggiato i T72 di produzione sovietica (72 è l’anno di produzione); tuttavia adesso i russi dispongono almeno dei T90, quindi molto più innovativi; insomma la millantata superiorità tecnica di questi carri è tutta da dimostrare.
Anche perché quando hanno avuto altri confronti parziali (non parliamo di battaglie di carri) ma ad esempio i Leopard sono stati utilizzati dalla Turchia in Siria e ne ha persi 14 e gli Abrams utilizzati dalla Arabia Saudita in Yemen ne ha persi una ventina (e non è dato sapere quanti carri abbiano dispiegato la Turchia in Siria o L’Arabia Saudita in Yemen). Parliamo di macchine che costano 7 milioni di euro ciascuna.
Dunque, la premessa è che questi carri armati sono vecchi, temono il confronto con quelli russi ed ecco spiegate le reticenze e tedesche ad inviarli.
Tale paura del confronto può avere a sua volta due ripercussioni.
Una di natura economica: i tedeschi hanno raccontato questa storia che i loro carri sono i migliori (anche se come detto sopra non vi è la prova sul campo per i Leopard) e quindi nel caso in cui alla prova dei fatti dovessero risultare inferiori, perché uno stato terzo dovrebbe comprare i carri tedeschi che costano il doppio di quelli russi? Questo potrebbe valere anche per altri armamenti, pensiamo ad esempio agli F35 americani i quali probabilmente sono inferiori agli equivalenti di produzione russa e sicuramente hanno un costo triplo.
La seconda ripercussione è ancora più drammatica e riguarda la posizione dei paesi occidentali se si dovesse dimostrare che gli armamenti occidentali sono inferiori a quelli russi.
Questo implicherebbe l’interrogativo di come relazionarsi alla Russia e quindi si solleverebbe la necessità di ridefinire i rapporti internazionali.
In questa fase Zelensky possiede più armi -che gli stanno arrivando un po’ da tutto il mondo- che di uomini.
Quindi in una fase così critica non può assolutamente permettersi di mandare uomini in Polonia o in Germania per attrezzarsi e poi tornare magari in estate rifornito.
È qualcosa di inverosimile, quindi lo scenario che si apre è quello di carri armati della Nato pilotati da agenzie private, che saranno poi soldati Nato in congedo.
Così di fatto si arriverebbe a soldati della Nato che utilizzano mezzi della Nato contro la Russia; questo segna inevitabilmente un’escalation di tipo militare.
Inoltre, i droni sono già stati inviati e controllati da personale Nato. E per di più uomini Nato potrebbero già essere stati inviati, perché inviando i carri è verosimile siano stati inviati anche uomini per manovrarli.
Quindi secondo me questo passo tremendo verso il baratro lo abbiamo già fatto.
Il conflitto tra Nato e Russia, è anche una guerra degli Usa contro l’Europa? Per gli Usa noi siamo una colonia o un avversario? L’attentato al Nord Stream 1 e 2 rappresenta un atto che viene compiuto a danno di un avversario sul mercato. Insomma, l’Europa -per gli Usa- è una colonia, un nemico, o entrambe le cose?
Gli Stati Uniti, con la ridefinizione degli assetti globali e in particolare quelli europei, maturati dopo la Seconda Guerra Mondiale, si ritengono i padroni dell’Europa; questo dato incontrovertibile si è però venuto a scontrare con alcune pulsioni soprattutto della Germania e Francia, due nazioni che hanno cercato di affermarsi sui mercati internazionali come competitor diretti degli Usa.
Gli Usa sono d’altra parte in preda ad una forte crisi economica ventennale che cercano di tamponare ma che ora non riescono più a gestire.
Quindi come fare a mantenere il proprio livello di egemonia e benessere economico? Il modo più semplice è quello di spolpare i propri rivali.
Azzerando l’industria europea vengono meno sul mercato tutti i prodotti europei e così si determina un aumento della domanda e del prezzo dei prodotti americani.
In tal modo gli Stati Uniti possono portare al collasso l’industria europea per poi acquistarla a bassissimo costo.
Questo secondo me in questa fase è l’atteggiamento che guida l’operato internazionale americano.
Del resto non ci sono prese di posizione troppo dure da parte dell’altro polo emergente guidato da Cina e Russia, che comunque da questo indebolimento europeo avrebbero da guadagnare.
Ho citato la Seconda Guerra Mondiale ma anche la Grande Guerra ha sortito gli stessi effetti: indebolimento delle potenze europee a maggior vantaggio degli Usa. La questione armi rispetto a questa destabilizzazione economica e il clima di incertezza che stanno portando nel vecchio continente è quasi marginale.
La guerra di logoramento alla Russia è una guerra di logoramento all’Unione Europea.
Cosa pensa dell’apparizione del presidente Zelensky durante l’ultima serata del Festival di Sanremo?
Siamo abituati da diversi anni a vedere il servizio pubblico nazionale televisivo, diventare strumento di propaganda di guerra, inaccettabile per dei cittadini che sono costretti a pagare il canone.
Adesso assistiamo ad un salto di qualità significativo perché non solo si fa propaganda di guerra in un concorso canoro, ma il problema è proprio nel personaggio che i vertici Rai hanno deciso di ospitare.
Molti conoscono il presidente Zelensky solo dallo scorso febbraio, ma chi segue le vicende di queste aree geografiche da tempo sa che Zelensky ha chiuso tutti i partiti di opposizione, ha censurato la stampa libera, ha svolto esecuzioni extra giudiziarie, processi sommari, incarcerazioni arbitrarie non registrate.
Quella di Zelensky è una politica interna estremamente simile al Cile di Pinochet, perciò la mia provocazione è: invitare Zelensky è come invitare Pinochet.
Secondo lei il presidente Zelensky si serve dell’ormai tristemente famoso battaglione Azov di orientamento neonazista, contro le forze separatiste russofone e anche contro la popolazione civile. Può dirci di cosa si tratta?
Il battaglione Azov è una delle tante manifestazioni del neonazismo ucraino, anche se, -badiamo bene- in Ucraina troviamo sia il neonazismo incarnato da questi nuovi soggetti politici, sia il nazismo storico.
Questo perché buona parte dei collaborazionisti del Terzo Reich non finì nelle mani sovietiche, ma ripiegò soprattutto in Stati Uniti e Canada dove trovarono protezione continuando sostenuti dalla Nato a tenere in piedi la propria rete organizzativa che restò attiva almeno fino agli anni Sessanta con azioni militari sul territorio sovietico e politicamente fino ai giorni nostri. Per la precisione fino al cambio di regime denominato “Euromaidan”.
La loro organizzazione è stata determinante per il colpo di stato del 2014 in cui nazisti storici sia i nuovi gruppi paramilitari hanno ottenuto ampio spazio di carattere politico e militare.
Dunque, sebbene il loro consenso sia irrisorio, (parliamo del 2-3% di voti) il potere che hanno è determinato dall’agibilità politica che gli concede il nuovo governo e soprattutto dal fatto di disporre di un vero e proprio apparato militare con artiglieria, carri e velivoli. Cosa che non li rende paragonabili agli altri movimenti di stampo fascista o neonazista.
Non possiamo mettere sullo stesso piano cani sciolti che vanno in giro con catene e bastoni e quelli che possiedono carri armati. Anche se la natura ideologica è la stessa il potenziale offensivo è ben diverso.
E sono questi coloro che l’Occidente ha usato per destabilizzare le zone di cui parliamo.
Insomma, l’Europa manda armi ai nazisti mentre invoca la pace.
Tuttavia, quando si parla di guerra un appello alla pace e alla de-escalation è irrinunciabile: non per retorica sterile ma perché quello che sta accadendo è un pericolo inedito per l’umanità. Tolstoj ha scritto: “Come non si può spegnere il fuoco con il fuoco, né asciugare l’acqua con l’acqua, non si può eliminare la violenza con la violenza”, e questo vale anche per Mosca, perché ogni giorno muoiono civili e anche bambini ucraini.
Partiamo dal presupposto che nel cuore dell’Europa sono in corso due guerre. Una è quella civile in Ucraina tra il governo e coloro che non ha accettato il colpo di stato di matrice fascista del 2014 e si è sollevato e cerca di resistere, tanto la popolazione del Donbass, tanto Kiev e i dissidenti politici e antifascisti che vengono perseguitati sul territorio ucraino.
Gli abitanti dell’ex Ucraina sanno che questa guerra non può essere risolta per via militare, perché una guerra civile si risolve soltanto diplomaticamente.
Discorso diverso ma per certi analogo per il conflitto più ampio che vede contrapporsi Nato e Russia, un conflitto geopolitico che si può risolvere per via diplomatica e non con la guerra perché l’opzione militare significa nucleare e distruzione dell’umanità.
L’unica soluzione è quella negoziale che a mio avviso non può che passare per il ritiro dell’arsenale da parte di quelle potenze che ne hanno posti al di fuori dei loro confini nazionali.
Nessun paese dovrebbe disporre di arsenali atomici disposti in altri paesi. L’esempio italiano è eclatante perché noi abbiamo molte bombe atomiche piazzate sotto i nostri letti e rappresentiamo anche per questo una minaccia verso altri paesi.
Se gli Usa se li riprendessero noi smetteremmo di rappresentare questo pericolo ma finché ci sono non possiamo sperare in soluzioni diplomatiche e politiche.
Ora non possiamo permetterci di proporci come soggetti di mediazione proprio in quanto soggetti attivi del conflitto.
Insomma, qui la posta in gioco è il dominio economico, militare e ideologico del pianeta, tra un mondo a guida americana e un mondo a guida russa o magari multipolare.
L’offensiva militare russa è iniziata il 24 febbraio 2022, tra pochi giorni cadrà il primo anniversario da questa data.
In questa occasione ci saranno molti personaggi e istituzioni che vorranno ricordare l’orrore di questa guerra.
L’invito che io faccio è quello di non ricordare solo l’ultimo anno ma riconoscere e ricordare gli ultimi nove anni di conflitto perché questa guerra ha radici profonde e gravi responsabilità dell’Occidente, in primis sul fatto che per scopi geopolitici noi occidentali non ci siamo fatti scrupoli ad utilizzare gruppi nazisti.
Iniziamo a farci i conti, sia di tipo ideologico sia etico. Non possiamo ignorare questi fatti se davvero desideriamo la pace.
Fino a quando abbiamo politici che ci svendono e prendono in giro gli italiani, è ovvio che si andrà a sbattere.