Bellini, prelevata dalla Guardia di Finanza mentre si trovava nel suo studio il 18 gennaio scorso e tutt’ora agli arresti domiciliari su mandato europeo, è considerata dagli uomini guidati dal giudice Michel Claise come colei che, con la necessità di limitare la circolazione di soldi in contanti versati da Marocco e Qatar, era “l’artefice della rete di riciclaggio” in seno al Parlamento europeo perché capace di dare una “parvenza di legalità” al presunto sistema corruttivo, commettendo illeciti “fino al 26 dicembre scorso”, oltre due settimane dopo gli arresti delle prime quattro persone coinvolte nell’affaire.
Questo non basta, però, a giustificare la richiesta arrivata a Milano da Bruxelles, con i magistrati belgi che dovranno quindi fornire motivazioni precise che spieghino la necessità di trasferire la donna nel Paese nordeuropeo per essere ascoltata. A carico di Bellini, da quanto si è appreso, l’autorità giudiziaria del Belgio ha emesso un mandato d’arresto europeo per finalità istruttorie, ossia per ascoltarla a verbale. L’Italia, quindi, l’ha arrestata e dovrebbe consegnarla perché i magistrati belgi vorrebbero sentirla.
Nell’ordinanza, nella quale i giudici italiani si richiamano in particolare ad una sentenza recente della Cassazione, si fa presente, però, che esistono altri strumenti per finalità istruttorie, come le rogatorie, senza dover passare per un arresto e una consegna. Allo stato, per la Corte gli atti pervenuti “non soddisfano” le esigenze richieste dalle procedure del mandato d’arresto europeo e in più i giudici chiedono anche che il Belgio chiarisca in quale “struttura carceraria” vorrebbe collocare Bellini.
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