“La storia dei ragazzi della Rsi nata con le note di Bob Dylan”
da BARBADILLO (Michele Salomone)
Gabriele Marconi presenta il suo romanzo “Eden in fiamme” (Castelvecchi), storia d’amore “per amici, compagni d’arme e comunità”
Eden in fiamme, il romanzo di Gabriele Marconi
“Un racconto partito dalle note di Bob Dylan”: così Gabriele Marconi, giornalista e scrittore poliedrico, osservatore di tanti eventi riguardanti la Storia d’Italia, racconta la genesi del romanzo «Eden in fiamme» (Castelvecchi). Protagonisti sono tre giovanissimi amici romani di vecchia data, Junio, Giacomo e Alfredo, che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, guardandosi intorno, scelgono la scomoda e perdente trincea della Repubblica Sociale Italia vestendo l’uniforme della Folgore.
Marconi perché ha intitolato la sua ennesima fatica «Eden in fiamme»?
“La scelta è arrivata quasi per caso. Stavo ascoltando alcune canzoni di Bob Dylan e in una di queste, Changing Of The Guards, cantava: «L’Eden è in fiamme, o vi preparate ad essere eliminati oppure i vostri cuori dovranno avere il coraggio per il cambio della guardia». E sembrava parlare precisamente della scelta di quei ragazzi. Tra l’altro, l’Italia in quei giorni era davvero un ‘Eden in fiamme’, una terra meravigliosa sconquassata dall’orrore: da qui la scelta del titolo”.
Le vicende narrate riservano tante sorprese, una delle quali – è l’unica che sveliamo – riguarda proprio i tre volontari che non solo non “apologetizzano”, ma neanche discutono di Mussolini, fondatore della Rsi. Perché tanto silenzio su colui che ha chiamato a raccolta centinaia di migliaia di italiani per la maggior parte volontari?
“Perché ho raccontato i loro giorni, accompagnandoli nel cammino, vivendo con loro avventure e disavventure. Per loro Mussolini era il Duce e non avevano bisogno di spiegarlo, non era oggetto di discussione e, soprattutto, non era lui il centro del romanzo: è la storia di quei ragazzi e ho lasciato a loro il centro del palcoscenico. Troppo spesso, nei romanzi storici, gli autori usano i personaggi per esternare le proprie posizioni e li usano come marionette per farli recitare secondo la loro regia. Invece il lavoro più doveroso e impegnativo è quello di immedesimarsi a tal punto con quel mondo, quel tempo e quei personaggi da farli vivere secondo il ‘loro’ punto di vista e non dal punto di vista dell’autore. In poche parole, Junio, Giacomo e Alfredo non possono conoscere quello che succede nel resto d’Italia e del mondo; non conoscono il dipanarsi della storia, insomma, e vivono – come accade a noi nella realtà – ‘in diretta’. Tantomeno possono sapere quello che avverrà il giorno dopo… Così io li accompagno e vivo la vicenda insieme a loro, senza fare forzature come, purtroppo, succede spesso con i romanzi storici, dove gli autori motivano, giustificano e spiegano le azioni e i pensieri dei personaggi in base alle proprie conoscenze, che sono quelle di una persona che ha la piena consapevolezza di ciò che è accaduto in quei determinati giorni”.
Le drammatiche ed intense pagine di Storia, con le tante sorprese che la vita riserva in un mondo di guerra e di fiamme, fanno emergere piccoli gesti di umanità e di amore che mitigano la lunga notte dell’orrore. In tal caso che messaggio hai voluto trasmettere?
“Ci tengo a precisare una cosa: io scrivo per raccontare, non per lanciare messaggi. Scrivo per immergermi in quelle storie e ‘guardarle’ insieme ai personaggi, che in questo caso sono ragazzi di vent’anni che, proprio in quanto ventenni, vivono in maniera spavalda e strafottente una vicenda senza speranza. Se ne deriva qualche messaggio, ben venga, ma non scrivo con l’intento di insegnare qualcosa. Detto questo, c’è umanità e amore perché Eden in fiamme ‘è’ un romanzo d’amore. Amore nelle sue tre forme, come lo declinavano gli antichi greci: Eros, Filos e Agape, ovverosia amore per l’amata (o l’amato), amore per gli amici e i compagni d’arme, e amore per la famiglia, la comunità e quindi, per estensione, amor patrio”.
L’anziano veterano di tante guerre che narra ai due giovanissimi – politicamente impegnati a destra nella Capitale – le vicende dei tre volontari repubblichini non è un nostalgico ma, pur convolto emotivamente nella narrazione dei fatti, invita i giovani a studiare e ad approfondire la Storia ascoltando tutte le campane ed a tenere sempre gli occhi aperti.
“Più che altro li mette in guardia dall’emettere giudizi, perché «sempre, nella vita, puoi esser sicuro di come ti comporterai in una determinata situazione solo e soltanto nel momento in cui ti ci trovi davanti, a prescindere dalle tue convinzioni, dai tuoi principi e dai tuoi buoni propositi. “Le chiacchiere stanno a zero”» dice, «non è un vano modo di dire: è vangelo assoluto»”.
Quando l’anziano Giulio termina di raccontare le vicende dei tre giovanissimi della Rsi, un grave fatto di sangue, riconducibile agli Anni di Piombo, accade nella Capitale proprio nel giugno 1979. Significato: la Guerra Civile in Italia non è mai terminata? Eppure all’anziano Giulio non piace chiamarla così.
“A Giulio non piace chiamarla ‘guerra civile’ perché «lo fu, eccome se lo fu» racconta, «ma io ne avevo già vissuta una nata proprio con questo intento: quella spagnola, e lì lo scontro era scoppiato tra due fazioni dello stesso popolo. Chi scelse di combattere al Nord, invece, chi insomma vestì il grigioverde della Repubblica sociale, lo fece perché era convinto che si dovesse continuare la guerra contro gli angloamericani, per dimostrare che in Italia c’era ancora qualcuno che sapeva mantenere la parola data. E invece si rimase fin troppo invischiati nella guerriglia infame contro altri italiani. Ma fino all’ultimo, pur sapendo perfettamente che non esisteva speranza alcuna, si continuò a resistere per combattere ‘gli altri’ (anche se, come succede da che mondo è mondo, ci fu qualcuno che ci sguazzò, in quel verminaio)». E la sua riflessione è proprio questa, tanto da dire: «Ho ripercorso il mio racconto di una Guerra civile che si è ufficialmente conclusa più di trent’anni fa, ma che sembra non avere mai fine»”.
FONTE: https://www.barbadillo.it/109660-la-storia-dei-ragazzi-delle-rsi-nata-con-le-note-di-bob-dylan/
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