Forte di questo potere contrattuale, la dirigenza di Junts ha già posto condizioni rigidissime: per non ostacolare la nascita dell’esecutivo chiede un’amnistia generale per i condannati politici indipendentisti, che non passi da “soluzioni con nomi e cognomi” (cioè parziali) e l’autodeterminazione della Catalogna, cioè la celebrazione di un referendum sull’indipendenza riconosciuto da Madrid. “Non saremo intrappolati nella rete del governo della Spagna. Il movimento per l’indipendenza non può sprecare una situazione come questa. Saremo fedeli ai nostri impegni nei confronti della cittadinanza”, ha detto il segretario generale Jordi Turull.
Anche i popolari, però, non rinunciano affatto al tentativo di tornare al potere dopo cinque anni: in due interviste (alle radio Onda cero e Rne) il portavoce Borja Semper ha parlato di vittoria “chiara e indiscutibile”, che “obbliga” Feijóo a “prendere l’iniziativa e ad aprire colloqui con il resto delle forze politiche”, di cui la “prima sarà il Partito socialista” (Psoe): il leader popolare, ha spiegato Semper, “proporrà a Sànchez formule alternative di governabilità”. Tradotto, chiederà un’astensione del Psoe nell’eventuale voto di fiducia, così da far partire un esecutivo di minoranza guidato da lui e appoggiato dai Popolari. Una prospettiva che però è quasi impossibile che Sànchez accetti, per la sua storia politica e i toni usati in campagna elettorale. In quel caso, l’unica strada sarebbe il ritorno immediato alle urne, di cui il Paese ha già fatto esperienza nel 2019 (quando dopo il pareggio di aprile si tornò a votare a novembre). “È senza precedenti che il candidato che ha perso le elezioni aspiri a governare”, ha aggiunto il portavoce popolare, insistendo sul fatto che la “governabilità della Spagna non può dipendere da chi non ha un progetto per il Paese”, in riferimento ai partiti indipendentisti.
Ritornano alle urne….
Ottobre o novembre.