Ma chi sarebbe questo Zaki? Uno dei diritti umani cioè la fuffa di chi non ha niente da dire, uno dei tanti insignificanti che la sinistra arruola in fama di intellettuali. Già si è laureato a Bologna, via Skype, in gender, roba astrusa, senza spiccicare una parola di italiano. Ma a sentirlo anche in lingua madre non è che la faccenda migliori. Uno che lo vedi con quei pollici su e quel sorriso da mammalucco e t’immagini la dura vita adolescente ma adesso conviene farselo amico siccome imposto dal PD in Europa in funzione propagandistica: intanto lo scaldano alle feste de l’Unità al posto del Foti, lo psicologo di Bibbiano. C’è chi dice: ma che vuole, ha il carisma di un kebab. Ma attenti a sottovalutarlo, è di quelli che possono rivelarsi anche spietati, perfettamente a loro agio nella politica degli intrighi e della mediocrità. Sardine, grillette, pulciose con ONG piratesca, teppistelli, fannulloni, tendine: anche la Ilaria di Seregno, quella accampata al Politecnico, era in odore di candidatura, poi la pochezza dev’essere stata troppa perfino per il partito armocromista e lei ha fatto l’offesa, ha sbaraccato la canadese, non senza acidità: “Dalla politica mi aspettavo di più, non sono stati ai patti”. Zaki l’egiziano è più spendibile e ha già cominciato a proporsi tra il martire e il santone. E chi oggi gli ride dietro domani forse piangerà. Non ha voluto il volo di stato per sottrarsi, hanno spiegato in vece sua, alla notorietà strumentale: subito spesa però all’università di Bologna, alla festa de l’Unità, al Nazareno e presto nei media amici che gli creano il personaggio come per Soumahoro. Il governo lo salva, lui non lo degna di un saluto e li tiene in conto di fascisti. “Lo abbiamo riscattato perché era giusto” dice la Meloni intendendo giusto per la ragion di stato, per la politica concreta, non certo per questa entità indefinita in odore di spionaggio, anche se pare grottesco. Ma i più pericolosi sono quelli che si fingono tonti. Per non sbagliare lo definiscono ricercatore, che è come armocromista o creatore digitale, le non professioni della modernità. Come Diogene cercava l’uomo, l’egizio cerca il Palazzo e lo trova perché meno valgono, più fanno carriera: Zaki dal fisico di caratterista, di spalla comica, Mattia il lanciatore di freesbee, la carica delle sardine, una che caga in una fontana, una che accosta le tinte per la segretaria che pare uscita da una commedia di Muccino: quella insostenibile leggerezza del non essere un cazzo, ereditata dai 5 stelle e alla quale la destra subalterna non poteva che rispondere abbassando l’asticella. Fino a dove? Fino a scavare, del resto se la prodigiosa Meloni (che, segnatevelo, tira se no il Natale, altro che dieci anni) ha imbarcato gente come Pichetto e Santanchè, nuovi apostoli del climatismo catastrofico, per tacere del resto, che altro resta da dire? Destra o sinistra, i modelli, matematici, si chiamano Carola, Greta, Bergoglio, Ferragni, Elly, con parassiti mediatici di complemento. Ci può stare anche un pingue ospite, bastevolmente insopportabile, curiosamente somigliante, al netto della barbetta, alla figlia di Tobagi, altra miracolata per vie tragiche. Ma forse è solo la spocchia di chi ha niente da dire “e il tempo gli rimane”. Zukkone l’egiziano è un altro che ha trovato l’America in Italia, cominciando subito a sputarci sopra, e del quale si ha una sola certezza: la sua inconsistenza la abbiamo pagata tutti e in qualche modo continueremo a pagarla. Sperando che a sinistra non assoldino pure i 5 balordi di Theborderline. Eletto o meno, questo kebab ambulante rischia di scassarci le palle, sulle quali già ci sta, molto a lungo.
FONTE: https://ilfarodimaxdelpapa.altervista.org/ma-sto-zaki-kikaze/
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