La Luna indiana e le sue implicazioni terrestri
di DIFESA ONLINE (Filippo Del Monte)
L’India è sbarcata sulla Luna. Quando in Italia erano da poco passate le 14.30 del 23 agosto la missione Chandrayaan-3 si è posata vicino al Polo Sud, dove nessuno è mai sbarcato prima.
“Oggi ogni indiano gioisce. Ma questo successo appartiene a tutta l’umanità e aiuterà le missioni lunari di altri Paesi in futuro”, ha commentato il presidente indiano Narendra Modi, aggiungendo con il tono di un Paese ormai diventato un riferimento imprescindibile in campo tecnologico e spaziale, che “tutti possiamo aspirare alla Luna e oltre”.
Solo gli Stati Uniti, l’allora URSS e la Cina erano riusciti a portare un mezzo automatico sulla superficie lunare. Con l’impresa del Chandrayaan-3 l’India è diventata la prima nazione a conquistare il Polo Sud del satellite terrestre. Si tratta di un’impresa ancor più importante visto il fallimento, giusto pochi giorni prima, della missione russa Luna-25, il cui lander si è schiantato sul suolo lunare, con evidenti smacchi per la politica spaziale del Cremlino.
Chandrayaan-3 è solo l’ultimo tassello di una corsa allo spazio ed alla potenza tecnologica che ha spinto l’Occidente a percepire l’India come ormai in grado di rivaleggiare con la Cina in questo campo. Con 75 milioni di dollari di budget, l’India ha costruito la propria sonda da 3.900 chilogrammi in grado di portare la propria bandierina sulla Luna. Un programma spaziale “low cost”, come lo ha definito Elon Musk, il fondatore di SpaceX e sostenitore della “commercializzazione” dello spazio, che ha portato ad evidenti successi.
Si tratta solo dell’ultimo episodio in cui Delhi può fare concorrenza a Pechino. Basti pensare che l’India ha superato la Cina per numero della popolazione e trend del Pil, con l’Ocse che prevede per gli indiani una crescita del 6% e per i cinesi del 5,4%. Ad inseguirli la terza “potenza emergente” dell’Asia, l’Indonesia, con il 4,7%, a fronte di una crescita economica globale del 2,7%.
Ma la trasformazione dell’India in una potenza spaziale e, da qui, in una potenza più in generale, nell’epoca in cui a confrontarsi sono gli Stati capaci di creare una commistione tra capacità militari e sviluppo tecnologico (ribaltando la tesi di Ennio Di Nolfo sulla transizione dei grandi imperi dalla sfera prettamente militare a quelle tecnico-scientifica), non può essere legata solo ed esclusivamente alle congiunture economiche.
Come ha insegnato l’ultimo dei realisti classici, George Liska, la storia è ricolma di esempi di potenze militarmente e tecnologicamente avanzate ma con economie deboli e viceversa. I canoni della forza nelle relazioni internazionali e nella disciplina conflittuale che prende il nome di geopolitica – che del realismo è una delle chiavi di lettura – non possono essere ristretti meramente al campo economico o a quello delle eguaglianze sociali. Ad interpretare il mondo con i canoni dell’Occidente liberaldemocratico si rischierebbe di cadere in errore.
Il successo dell’India sta, infatti, nella sua capacità di identificare come prioritari lo sviluppo tecnologico e la partecipazione alla corsa allo spazio in funzione della propria postura geopolitica da nazione con ambizioni globali. In fase di “globalizzazione regressiva”, pensarsi in termini glocal diventa essenziale e Delhi lo ha capito.
Non è, però, di recente che l’India ha iniziato la sua scalata al potere tecnologico. Si tratta, anzi, di una scelta che viene da lontano, con l’istituzione della “Silicon Valley” indiana a Bangalore, sede di imprese leader nei settori della difesa, dell’aerospazio e dei semiconduttori, ma anche con il ritorno in patria di imprenditori indiani che, dopo aver fondato start-up negli Usa ed aver imparato i “trucchi del mestiere” in California, sono tornati in patria per continuare il lavoro.
L’economia dello spazio in India oggi vale 9,6 miliardi di dollari, con un margine di crescita che potrebbe portarla a valere 13 miliardi entro il 2025, cioè un anno prima del previsto lancio di una nuova missione lunare volta all’esplorazione del Polo Sud del satellite. E questo comparto economico così importante non solo per lo sviluppo tecnologico ma anche per il rafforzamento della postura politico-strategica di Delhi, è sostenuto principalmente, come già detto, da start-up come Skyrott Aerospace, Dhruva Space e Pixxel, tutte impegnate in progetti di sviluppo ed ammodernamento delle telecomunicazioni in collaborazione con l’agenzia spaziale nazionale, l’Isro.
Il rapido sviluppo e la diffusione di start-up ad alto valore tecnologico – se ne contano 140 in totale fiorite negli ultimi anni – e disponibili a collaborare con lo Stato per il rafforzamento della sicurezza nazionale, della modernizzazione e della “corsa alle tecnologie”, fa notare una sorta di parallelismo tra l’India e Israele. Lo Stato ebraico è considerato a tutti gli effetti una “nazione di start-up” con focus nel deep-tech, viste le esigenze prioritarie dei settori di difesa e sicurezza, e favorisce lo sviluppo di queste aziende innovative anche in ottica di rafforzamento della propria potenza.
Grazie al suo sviluppo tecnologico, l’India sta attirando su di sé anche l’attenzione delle big tech e del governo statunitense che a gennaio ha firmato con quello di Delhi un accordo d’iniziativa congiunta sulle tecnologie critiche ed emergenti. Un protocollo che ha una evidente funzione anti-cinese.
Nell’ultimo vertice dei Brics, concomitante proprio con il successo della missione lunare indiana, il presidente Modi ha proposto ai partner del “Sud globale” di riunirsi in consorzio per applicare politiche comuni per l’esplorazione spaziale. Un segnale forte da parte di Delhi a Pechino che è, chiaramente, gelosa della propria autonomia spaziale e attenta custode dei propri segreti in materia. L’India non ha ancora la forza per insidiare il primato cinese, ma che abbia questa ambizione non sembra nasconderlo.
Si sbaglierebbe, infatti, a pensare che l’India faccia parte o abbia intenzione di farlo del campo alternativo all’Occidente e, se mira comunque ad una sua legittima autonomia strategica, ha rescisso i propri legami con la Russia, in particolare per i vettori, sottoscrivendo il programma lunare Artemis della Nasa. Inoltre, l’Isro, ha siglato accordi di collaborazione con Google e Microsoft ed in vista del lancio di Chandrayaan-4, previsto per il 2026, gli indiani stanno rafforzando le proprie partnership con il Giappone, nazione partner per la futura nuova missione lunare.
Fonte: https://www.difesaonline.it/geopolitica/analisi/la-luna-indiana-e-le-sue-implicazioni-terrestri
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