L’accordo ad ampio spettro Iran – USA
da PICCOLE NOTE (Davide Malacaria)
Mentre nel resto del mondo salgono le tensioni, il Medio oriente, da decenni motore immobile di destabilizzazione, va stranamente in controtendenza. Così si registrano i colloqui di pace tra i ribelli Hutu e i sauditi (con la visita di cinque giorni di una delegazione di Ansarullah a Riad per cercare di porre fine al mattatoio yemenita) e l’accordo tra Teheran e Bagdad per smantellare le basi delle milizie curde ai confini iraniani, sviluppo che pone fine a un conflitto a bassa intensità tra le stesse e Teheran.
Intesa segreta e ad ampio spettro Iran –USA
Su quest’ultimo punto va sottolineata una coincidenza temporale: lo smantellamento delle basi curde da parte delle autorità irachene è stato portato a compimento negli stessi giorni in cui si è concretizzato l’importante accordo tra Iran e Stati Uniti in base al quale Teheran si impegnava a a liberare cinque cittadini americani detenuti nelle sue carceri e a recedere dall’arricchire l’uranio, rassicurando i suoi antagonisti – tra cui Israele – sulla possibilità di sviluppare un’arma nucleare.
A garanzia che tale promessa è stata mantenuta, un rapporto confidenziale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica della scorsa settimana che ha certificato, appunto, che Teheran aveva adempiuto agli accordi.
In cambio l’Iran si è vista sbloccare 6 miliardi di dollari che gli Stati Uniti erano riusciti a congelare in una banca sudcoreana e potrà godere di un tacito placet alla vendita del suo petrolio, come annota la CNN.
Quello tra USA e Iran è stato un accordo “non scritto“, come annota ancora la CNN, e concordato nel segreto per evitare i bombardamenti incrociati dei falchi, in particolare di quelli che si aggirano in quel di Washington che da tempo hanno messo Teheran nel mirino.
In precedenza abbiamo sottolineato la coincidenza temporale tra l’accordo sull’uranio di Teheran e lo smantellamento delle basi curde ai confini iraniani perché probabilmente anche questa distensione era parte . non dichiarata – dell’intesa. Gli USA probabilmente si sono impegnati a favorire tale sviluppo o quantomeno a non frapporre ostacoli alle autorità irachene impegnate in questa cruciale operazione.
Teheran ha poi un ruolo anche nei colloqui di pace yemeniti e forse anche qui la coincidenza temporale della visita dei delegati di Ansarullah a Riad con l’accordo con gli Usa non è così casuale.
Nella guerra che si sta consumando in Yemen, per fortuna meno intensa negli ultimi tempi, l’Iran ha sostenuto i ribelli del movimento islamico di Hansarullah (o movimento degli houti) contro la coalizione guidata dai sauditi e sostenuta dagli americani che ha aggredito il Paese.
Le trattative tra i duellanti si sono avviate da tempo, ma si erano arenate negli ultimi mesi, con Hansarullah che accusava gli Stati Uniti di voler tener viva la guerra (Biden, a inizio mandato, aveva promesso di chiuderla, ma non ci è riuscito).
I colloqui in Arabia Saudita
Nel riferire i colloqui tenuti in Arabia Saudita, condensati in alcuni documenti resi pubblici da Riad, The Cradle annota che questi “sono nella fase conclusiva e hanno fatto progressi per quanto riguarda le richieste umanitarie più cruciali, compresa la completa revoca del blocco [navale] e il pagamento di tutti gli stipendi dei dipendenti pubblici”.
Interessante anche che “il giorno dopo la pubblicazione di questi documenti, il Ministero degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti ha rilasciato una dichiarazione in cui esprimeva sostegno ai colloqui di Riad”. Gli Emirati, infatti, partecipano della guerra yemenita in alleanza-competizione con Riad, alla quale contendono l’influenza di una parte del Paese.
Su quanto avvenuto riportiamo un passaggio dell’articolo di The Cradle: “Lo stesso giorno, il 19 settembre, alcune fonti hanno riferito al Financial Times (FT) che l’inviato speciale di Washington in Yemen, Tim Lenderking, sta cercando di tenere al più presto possibile un incontro a tre con funzionari sauditi ed emiratini per risolvere le loro divergenze sullo Yemen”.
“Tra queste distanze, la volontà dell’Arabia Saudita di porre rapidamente fine alla guerra [sic] e il desiderio degli Emirati Arabi Uniti di mantenere la propria occupazione nello Yemen”.
Si nota un certo qual affanno americano e tanta confusione dovuta alle lotte intestine che lacerano l’impero. I falchi anti-Iran continuano a premere perché gli Stati Uniti riaffermino con forza la loro influenza in Medio oriente e inceneriscano Teheran (e gli houti, ovviamente), mentre l’establishment che fa riferimento a Obama e Biden e una parte dei repubblicani – la fazione avversa si neocon – stanno tentando di districarsi dal pantano creato nella regione delle guerre infinite promosse dai falchi di cui sopra (che Obama si è trovato a gestire, seppur con riluttanza e ben scarsa lucidità).
Lo Yemen tornato all’età della pietra
Sul mattatoio yemenita è utile ricordare i numeri perché aiuta a capire il senso dell’America per le sorti del popolo ucraino, usato per procura contro la Russia.
Queste le conseguenze dell’aggressione non provocata allo Yemen da parte della coalizione sostenuta da emiratini, sauditi e americani (fonte Eye of Humanity Center for Rights and Development): “48.349 cittadini sono stati uccisi o feriti, 18.140 di loro sono morti, 30.254 sono stati feriti; sono stati uccisi 4.079 bambini e altri 4.790 sono stati feriti (dati riferiti alle sole vittime di guerra; le vittime di fame e malattie sono molte, molte di più)”
Inoltre, sono stati distrutti “15 aeroporti, 16 porti, 346 centrali elettriche, 617 reti e stazioni di comunicazione, 3.095 bacini idrici e stazioni idriche, 2.105 strutture governative e 7.293 strade e ponti”.
E ancora: “409 fabbriche, 390 cisterne di carburante, 12.088 stabilimenti commerciali, 466 allevamenti di polli e di bestiame, 10.279 mezzi di trasporto, tra cui 485 pescherecci, 1.020 negozi di alimentari, 427 stazioni di rifornimento, 704 mercati e 1.040 camion di alimenti”.
E ancora: “603.110 case, 182 strutture universitarie, 1.714 moschee, 384 strutture turistiche, 417 ospedali e strutture sanitarie, 1.265 scuole e strutture educative, 11.350 campi agricoli, 141 impianti sportivi, 258 siti archeologici e 61 strutture mediatiche”. Ovviamente, di tutto ciò i media hanno parlato e parlano davvero poco…
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