La resa di Parigi: i militari francesi stanno lasciando il Niger
da L’INDIPENDENTE ONLINE (Gloria Ferrari)
La Francia ha ufficialmente cominciato il ritiro delle proprie truppe militari dal Niger, Paese africano in cui lo scorso 26 luglio un colpo di Stato ha spodestato il Presidente “democraticamente eletto” Mohamed Bazoum. «Le prime truppe sono partite», ha confermato il portavoce del capo di stato maggiore francese, assecondando così la richiesta dei generali nigerini saliti al potere agli inizi di agosto di ritirare tutti i soldati del Presidente Macron dal territorio. Si tratta di un gruppo di circa 1.500 uomini, arrivati in Niger con l’intento di arginare l’avanzata dell’estremismo islamico: la loro capacità di garantire l’ordine è però andata via via deteriorandosi, tanto che la lotta contro i terroristi si può sostanzialmente considerare fallita. Ad oggi un primo gruppo ha lasciato la base di Ouallam, nel sud ovest del Paese, dirigendosi verso la capitale del Ciad, N’Djamena, sede del centro di comando delle Forze francesi nel Sahel.
La partenza dei convogli e del personale diplomatico era già stata annunciata lo scorso 24 settembre da Emmanuel Macron: una notizia accolta con gioia soprattutto da quella parte di popolazione che, in estate, si era radunata davanti all’ambasciata francese per chiedere che il personale e i militari lasciassero il Paese. Infatti nonostante il Niger di Bazoum fosse uno dei pochi Paesi con un Governo filo – occidentale, il colpo di Stato ha presto mostrato forti sentimenti antifrancesi. Alcuni dei manifestanti presenti al presidio, per esempio, hanno sventolato bandiere russe e ed esposto cartelli in sostegno del gruppo mercenario Wagner e di Putin.
Quello portato a termine dai militari nigerini, che hanno annunciato in diretta televisiva, per bocca del maggior-colonnello Amadou Abdramane, di aver rimosso dall’incarico il presidente Mohamed Bazoum «a causa della crescente insicurezza, della corruzione e delle cattive condizioni economiche in cui si trova il Paese», si aggiunge ai colpi di Stato già conclusi – per un totale di sette dal 2020 – in altri Paesi della regione del Sahel – come il Mali e in Burkina Faso. Una serie di golpe che hanno causato un riallinearsi degli equilibri geopolitici sempre più a sfavore della Francia e dell’Occidente.
Uno dei rischi è che l’intervento dei Paesi occidentali per combattere il terrorismo dei gruppi armati legati ad al-Qaeda e all’ISIS nella regione del Sahel sia ancora più difficile da mettere in atto. Non solo. Il Niger, ex colonia francese, è un alleato chiave per la Francia e gli Stati Uniti, oltre ad essere un partner strategico anche per l’Unione Europea nella lotta contro l’immigrazione irregolare. Il suo territorio, poi, è ricco di risorse naturali, tra cui in primis l’uranio, che fa gola all’industria occidentale, oltre a oro e petrolio. Nello specifico, il Paese è il settimo al mondo per riserve di uranio, materiale che ha costituito, nel 2022, il 15% delle importazioni francesi e oltre il 25% di quelle dell’Unione europea.
L’assenza di un’industria di trasformazione, tuttavia, fa sì che la popolazione non possa godere delle ricchezze delle quali dispone la propria terra, che vengono invece estratte dalle multinazionali straniere per andare ad arricchire i mercati esteri.
Infatti, nonostante tutto, il Niger è uno degli Stati più poveri al mondo. Oltre il 70% della sua superficie è ricoperta da deserto e la popolazione, concentrata per lo più nelle zone occidentali del Paese, vive di agricoltura di sussistenza e allevamento. I periodi di siccità sono sempre più ricorrenti e non tutta la popolazione ha accesso all’acqua potabile.
Tuttavia, anche se il Paese è difatti un elemento centrale per gli interessi dell’Occidente – per cui potrebbe essere restio a rinunciarvi – ogni spazio interstiziale lasciato libero da quest’ultimo apre la strada all’infiltrazione della Russia e delle milizie Wagner, scatenando nel Vecchio Continente il timore di un rovesciamento nell’equilibrio delle influenze. E se anche la giunta golpista virasse, alla fine, verso posizioni filorusse, gli equilibri nel Sahel verrebbero definitivamente ribaltati. E l’Europa probabilmente non potrebbe più farci niente.
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