Non detti
di GABRIELE GERMANI (Pagina FB)
Non detti
La questione arabo-israeliana (riesplosa dopo anni di dimenticanza dell’opinione pubblica) mostra quello che intendo quando parlo di correlazione tra questione internazionale e questione sociale.
Partiamo da un dato, la società israeliana è una società largamente benestante e con un tenore di vita alto, paragonabile a quello di un paese dell’Europa occidentale.
Tuttavia Israele non è la Svizzera, ricordava qualcuno, non puoi pensare di vivere, investire e lavorare in Israele e in pace. Israele occupa la Palestina e come tale deve accettare (dovrebbe…) la presenza palestinese.
Primo livello, la questione sociale
Israele (oltre ad avere una bomba demografica palestinese in casa e subito fuori) ha un problema con la minoranza ultra-ortodossa. Buona parte degli ultra-ortodossi fa tanti figli, sono russofoni, sono anti-sionisti e non hanno dei veri e propri lavori (i maschi vivono spesso di piccole sovvenzioni delle scuole rabbiniche).
Ora, posto che Israele è molto simile a un paese dell’Europa occidentale, dagli anni 80 buona parte della crescita demografica del paese è sostenuta non dai benestanti della prima ondata, ma dai nuovi arrivati russofoni e ultra-religiosi (che non lavorano).
Qualche anno fa, Internazionale pubblicò un articolo su come anche nei kibbutz fosse consueto assumere contadini o operai palestinesi. I palestinesi facevano i lavori che “gli israeliani non volevano fare”, quelli pagati peggio o di fatica e permettevano all’economia israeliana di avere quel dinamismo noto (come una vera società dell’apartheid o come l’Inghilterra dell’800 che colonizzò l’Irlanda, spinse sull’orlo dell’estinzione il gaelico e sfruttò gli irlandesi nelle prime fabbriche).
Ad esempio, dopo i fatti di Gaza, il governo israeliano ha sospeso 90.000 permessi lavorativi a palestinesi.
Questa certamente è una mossa di ritorsione contro i palestinesi, ma che danneggia anche l’economia israeliana, creando un vuoto di manodopera praticamente servile.
Secondo livello, la questione internazionale.
Qui subentra l’India che impacchetterà e spedirà 100.000 lavoratori indiani a rimpiazzare la manodopera palestinese (curiosità: anche il Sudafrica razzista aveva una minoranza indiana, Gandhi formò lì la sua coscienza politica).
L’India al recente G20 aveva stretto un accordo con USA, UE, Israele e alcuni Stati arabi della regione chiamato Via del Cotone. Questa avrebbe dovuto essere un’alternativa alla Via della Seta cinese.
A confrontarsi erano due diverse visioni della regione.
Il piano di pacificazione cinese ruotava attorno all’accordo iraniano-saudita, la pace in Yemen, in Siria e il riconoscimento di uno Stato palestinese (Xi Jinping si è pronunciato al riguardo).
Il piano statunitense ruotava attorno alla destabilizzazione: rivalità saudita-iraniana (fomentata con la carta nucleare), portando la guerra con droni in Yemen, foraggiando gruppi jihadisti in Siria e poi intervenendo solo superficialmente, mentre un proprio alleato (Turchia) spara contro i gruppi che gli stessi USA armano. Gli USA proponevano un piano di pace mediorientale con gli Accordi di Abramo che ruotava sull’asse saudita-israeliano.
La Via del Cotone prevedeva il coinvolgimento del porto di Eilat, unico porto israeliano sul Mar Rosso (Mar Rosso che con l’ultima tornata di allargamento dei BRICS è diventato un lago cinese).
La mossa di Hamas in pochi giorni ha distrutto la strategia USA: addio passaggio sicuro via Eilat (a tiro di bomba); addio Accordi Abramo (le opinioni pubbliche arabe non ne vogliono sentir parlare); l’Iran diventa il paladino del mondo musulmano.
In compenso, i sauditi è da inizio conflitto che si fanno garanti dell’estraneità iraniana.
Quindi Hamas ha agito per sabotare Accordi di Abramo (USA) e Via del Cotone (India/USA)? No, non proprio almeno, la realtà è sempre sfaccettata.
Penso che:
– Hamas volesse sabotare gli accordi di Abramo che stavano marginalizzando la causa palestinese; che gli amici di Hamas siano Iran e Siria (il paradosso di un gruppo sunnita sostenuto da sciiti e alawiti); che dietro ci sia la pluridecennale occupazione israeliana e la chiusura forzosa di Gaza;
– Che l’Iran fosse contento di veder saltare l’accordo Occidente-India che lo aggirava (inoltre l’India avrebbe marginalizzato l’Asse Nord-Sud con Iran, Azerbaigian e Russia a favore della Via del Cotone) e che avrebbe saldato sauditi e israeliani (piano USA);
– Che la Cina fosse contenta di saldare il mondo arabo-musulmano, specie a fronte del nuovo allargamento BRICS: Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Iran (piano cinese).
– Anche a Tel Aviv qualcuno ha tratto dei vantaggi, il governo più contestato di Israele ha preso pieni poteri (aleggia lo spettro degli egiziani che dicono di aver avvertito Israele per tempo);
– Turchia e Qatar passati ai margini geopolitici dopo Via del Cotone al G20 (che li aggira) e l’allargamento BRICS (che non li include), hanno visto di buon occhio il ripartire della polveriera (specie con le contemporanee tensioni in Caucaso tra azeri e armeni).
Non esiste IL movente, esistono (specie in una regione come quella) tante ragioni che coesistono e ognuna coglie un aspetto della verità (e probabilmente ne esistono molte altre che non conosco e non ho inserito).
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