Gaza. L’aggressione dell’ospedale di al Shifa
da PICCOLE NOTE (Davide Malacaria)
E così è arrivato il giorno dell’assalto ad al Shifa, il più grande ospedale di Gaza, obiettivo predestinato dell’attacco israeliano a Gaza. Le foto che circolano sul web sono strazianti, inutile aggiungere. A israele serviva un successo eclatante e da giorni segnalano che sotto l’ospedale si nasconderebbe il quartier generale di Hamas.
Verrà trovato anche se non c’è, altrimenti per Tel Aviv sarebbe una debacle dalla quale sarebbe impossibile rialzarsi. Già girano fotografie di armi che apparterrebbero ad Hamas abbandonate su scaffali. Altre fotografie arriveranno a provare che tanta ferocia era giustificata.
Il quartier generale di Hamas?
Shlomi Eldar, su Haaretz di ieri, vergava un articolo alquanto irridente sul famigerato quartier generale di Hamas di al Shifa: “Per anni, l’establishment della difesa ha affermato che gli alti dirigenti di Hamas si nascondono al sicuro sotto i reparti ospedalieri e le sale operatorie […] La nostra immaginazione, o almeno la mia, sta facendo gli straordinari”.
“Le teorie che circolano sui media israeliani dipingono una visione immaginaria di una sala da guerra blindata, una sala di controllo piena di documenti al suo interno, da cui partono gli ordini per il lancio di razzi contro Israele. Se espandiamo un po’ la nostra immaginazione, forse vedremo anche una grande mappa di Israele piena di spille e segni di spunta per ogni razzo lanciato che il sistema Iron Dome non è riuscito a intercettare”.
“In questa sala di comando sicuramente si possono trovare i leader di Hamas, Yahya Sinwar e Mohammed Deif, e gli alti ufficiali della sua ala militare, circondati da tunnel tortuosi pieni di carburante e cibo sufficienti per durare mesi”.
“Ma non ci sono solo i leader di Hamas. Il Wall Street Journal ha recentemente citato un alto funzionario israeliano che ha affermato che nei nei tunnel sotto l’ospedale si troverebbero alcuni degli ostaggi. La ‘rivelazione’ di quel funzionario israeliano non si basava su alcuna informazione documentata. Se gli ostaggi israeliani fossero stati effettivamente detetenuti nei tunnel sotto Al-Shifa, probabilmente non avrebbe fornito volontariamente queste informazioni al Wall Street Journal, mettendo così in pericolo la vita degli ostaggi o spingendo Hamas a portarli altrove”.
“Ma tutte queste speculazioni vengono costruite per preparare l’opinione pubblica israeliana e mondiale all’incursione dell’esercito all’interno dell’ospedale e, nel frattempo, per preparare una scenografia di vittoria”. Ma è possibile che “la montagna si riveli un granello di sabbia”, commenta il cronista… probabile che il granellino, sempre che esista, venga amplificato. Tanti i modi.
Ospedale al-Shifa: The New York Times smentisce ancora Israele
Eldar prosegue interpellando i lettori: “Immaginate una foto di soldati israeliani con fucili, elmetti e giubbotti antiproiettile che irrompono nei corridoi di un ospedale in cui la maggior parte dei pazienti è in gravi condizioni, compresi i prematuri dell’unità neonatale, che non possono essere evacuati come ordinato dai militari. Cosa si penserebbe all’estero?”.
È esattamente quel che è successo. E cosa si pensa all’estero è alquanto ovvio, nonostante si stia tentando in tutti i modi di attutire la portata dell’accaduto.
Quanto alla credibilità delle fonti israeliane, e come piccolo cenno su quanto sta accadendo, riportiamo un articolo del New York Times che smentisce l’affermazione dell’IDF secondo cui lo scorso venerdì l’ospedale di al Shifa era stato colpito da razzi di Hamas, con conseguenti stragi.
“Le prove esaminate dal Times riguardo ad Al-Shifa puntano più direttamente su attacchi da parte di Israele – non è chiaro se intenzionalmente o accidentalmente. Oltre ai resti dei proiettili, un’analisi dei video mostra che tre dei proiettili sono stati sparati contro l’ospedale da nord e da sud, contrariamente alla traiettoria occidentale indicata su una mappa mostrata dall’IDF, che secondo essi era basata su rilevamenti radar. Un esame delle immagini satellitari ha mostrato che all’inizio di venerdì c’erano posizioni dell’IDF a nord e a sud dell’ospedale”. Da dove, cioè, sono partiti i colpi.
Non solo: “Gli attacchi analizzati dal Times non sembrano aver preso di mira le infrastrutture sotterranee. Due dei raid più gravi hanno colpito il reparto maternità ai piani superiori”… inutile commentare.
Il NYT aveva già smentito, nei primi giorni di guerra, il video che l’IDF aveva portato come prova che la prima, massiva, strage avvenuta ad al Shifa era stata occasionata da un missile della controparte.
L’imbarazzo Usa e il genocidio
John Kirby, portavoce del Consiglio di Sicurezza Usa, in una conferenza stampa ha affermato: “Non abbiamo dato l’ok alle loro operazioni militari presso l’ospedale – non diamo l’ok alle altre loro operazioni tattiche. Queste sono operazioni militari israeliane che pianificano loro”. L’imbarazzo dell’amministrazione Biden è palese, lo strombazzato “ordine basato sulle regole” ha una strana declinazione in Medio oriente. Ma nulla fanno per frenare.
Non solo la mattanza a Gaza Nord. Questo il titolo di un articolo di Haaretz del 12 novembre: “Mentre bombarda Gaza, Israele spara per uccidere i palestinesi in Cisgiordania”. Alcuni giorni fa, un articolo su al Jazeera dal titolo “L’inferno a Gaza Sud”, che documentava come anche nella cosiddetta zona sicura, nella quale sono stati fatti evacuare i palestinesi di Gaza Nord, si muore per colpi più o meno accidentali delle forze israeliane, malattie e sfinimento. La pagina è stata chiusa… tant’è.
Quanto durerà? Così Amos Harel su Haaretz: “Il ministro degli Esteri Eli Cohen […] ha valutato lunedì che la finestra di opportunità diplomatica di Israele si è ridotta a due o tre settimane. Questa è più o meno anche la valutazione espressa più o meno sottovoce dall’establishment della difesa. Il ministro della Difesa Yoav Gallant vuole molto più tempo”. Probabile che vinca la prima prospettiva, ma non sarebbe la fine; le forze israeliane dovrebbero procedere con “operazioni mirate”, scrive Harel, come suggerito dagli americani.
I palestinesi di Gaza, e di altrove, sono allo stremo. Se tale situazione prosegue, il genocidio non potrà essere occultato. Si ricordi che il genocidio degli armeni, che coinvolse 1.200.000 persone, non fu consumato con un eccidio di massa, ma spingendoli a marce forzate in cui a “centinaia di migliaia morirono per fame, malattia o sfinimento“. Nel caso di Gaza non ci saranno marce, ma l’esito rischia di essere lo stesso.
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