Senza medici
di DOPPIOZERO (Valerio Miselli)
Parzialmente oscurato dalle notizie riguardanti i funerali di Giulia Cecchettin e le due guerre a noi vicine, è accaduto che i medici entrassero in sciopero. Uno sciopero molto partecipato visto che, a detta delle sigle sindacali dei medici ospedalieri, tra il 50 e l’85% dei medici ha aderito alla protesta. È un evento abbastanza raro e soprattutto bisogna saper leggere tra le righe il vero contenuto di questa protesta. Intanto hanno protestato i medici ospedalieri con i loro sindacati e una sigla sindacale nuova che rappresenta gli infermieri più giovani. Non hanno scioperato i sindacati confederali Cgil Cisl e Uil che rappresentano la quasi totalità dei lavoratori del Sistema Sanitario Nazionale, non hanno scioperato i medici di base. Come mai? I sindacati confederali scioperano soltanto quando CGIL, CISL e UIL lo decidono, mentre lo sciopero dei medici ospedalieri nasce dalla base. I medici di famiglia non scioperano praticamente mai e difendono la posizione attuale per non finire nel calderone contrattuale del Pubblico Impiego: le loro trattative di solito si svolgono in ambiti ristretti e riguardano quasi sempre il trattamento economico. Abbiamo dunque diverse realtà nel mondo della sanità pubblica italiana, che dipendono da enti diversi: mentre i medici ospedalieri sono pubblici, hanno un contratto nazionale, dipendono dal SSN, i medici di base hanno un contratto particolare di tipo quasi libero professionale.
I lettori normalmente non sanno che il risultato di questa schizofrenia normativa contrattuale fa sì che un primario di chirurgia guadagni la metà di un medico di base con impegni, responsabilità, professionalità e rischi totalmente diversi. Partiamo da qui, parliamo anche dell’ultima causa che ha portato i medici in piazza: le responsabilità oggettive di fronte alla magistratura in caso di malasanità. Dicono i medici ospedalieri che alla fine del lungo iter giudiziario oltre il 90% dei casi la Legge li dichiara innocenti o comunque non responsabili dell’accaduto. Ciò vuol dire che esiste un percorso molto doloroso certamente anche per i pazienti e i loro familiari, ma altrettanto doloroso per i medici che si vedono messi in prima pagina, vengono accusati di essere responsabili di gravi torti subiti dai cittadini e alla fine, se ti puoi permettere qualche buon avvocato, ne esci pulito, ma dopo 7-8 anni di percorso processuale. I medici chiedono di rivedere alcune delle norme che portano alla loro incriminazione diretta, perché sono troppo esposti, soprattutto se si lavora in emergenza, al tipico avvocato “di corsia”, vero caimano nelle tribolate vicende sanitarie di molti cittadini che devono ricevere prestazioni in un ambito palesemente in gravi difficoltà.
Il secondo motivo della protesta è per il salario: forse non tutti sanno che l’ultimo contratto vero risale al 1993; c’era ancora la lira e Berlusconi doveva ancora scendere in campo! Dopo ci sono stati piccoli aggiustamenti, premi extra fuori busta, premi di produzione che sono spesso stati assegnati alle Direzioni Generale e Sanitaria (o agli amministrativi), fatti che hanno contribuito alla genesi di un diffuso gap salariale. Cioè, da una parte si facevano molte ore di straordinario mai pagate e dall’altra si ricevevano premi di produzione per aver risparmiato nel non pagare le ore di straordinario a chi le aveva fatte! Evviva la sanità come Azienda!
Lo stato di sofferenza venutosi a creare per la perdita del potere d’acquisto degli stipendi è drammaticamente affiorato alla scoperta che in Francia, in Svizzera, in Germania e persino nella “economicamente fragile” Inghilterra i medici ospedalieri guadagnano il doppio e sono molto più tutelati.
La tutela non riguarda soltanto la revisione di alcuni aspetti giudiziari, ma anche la tutela vera e propria, perché nel nostro Paese ci sono state aggressioni contro il personale sanitario. Allora è più facile capire perché i medici se ne stanno andando via dai nostri ospedali; soprattutto i medici che lavorano da anni in pronto soccorso ma anche nelle aree chirurgiche. Vanno a lavorare in case di cura private, dove non esiste l’emergenza-urgenza e le ambulanze non portano pazienti gravi; vanno a lavorare all’estero: sono tante ormai le storie di medici che prendono un aereo, vivono a Parigi tre giorni la settimana o prendono un treno e vanno in Austria per quattro giorni la settimana aumentando contemporaneamente il loro tempo libero e il loro guadagno. Dicono poi che anche le soddisfazioni sono molte di più.
Tutti sanno delle croniche carenze di personale negli ospedali dove le pratiche burocratiche sono aumentate e sempre di più a carico di chi lavora front-line mentre gli amministrativi semmai erano in “smart working”.
Ma che sciopero è stato? I medici del pronto soccorso hanno lavorato ugualmente, semmai con la scritta PRECETTATI sul camice. Hanno rinviato tanti interventi chirurgici, ma questo succede tutti i giorni: la settimana scorsa ero a Cagliari e sono stati rinviati gli interventi perché l’unico anestesista era ammalato e non si trovavano sostituti, per cui hanno dovuto telefonare ai pazienti il giorno prima. La situazione di emergenza è la quotidianità in ambito ospedaliero. A proposito di emergenze, ho vissuto con dolore l’emergenza legata alla Covid 19 quando si chiamavano eroi coloro che hanno dedicato ore, giorni al lavoro, molti ammalandosi, qualcuno ci ha lasciato e io temevo molto il “rebound” ed eccolo qua: quasi nessuno è stato rimborsato per tutte le ore di straordinario e sono state negate ferie perché bisogna ridurre i tempi di attesa.
E il Governo cosa fa? Non ha soldi per il nuovo contratto e taglia le future pensioni dei medici. Sono ormai quotidiane le notizie riguardanti insulti e aggressioni a operarsi sanitari del pronto soccorso, ormai un girone dantesco dove i cittadini vanno a trovare risposte che non trovano quotidianamente sul territorio, dove finiscono non soltanto le emergenze vere ma anche i casi sociali. Mi piace scrivere che le uniche due istituzioni che funzionano H24 nel nostro Paese sono il Pronto Soccorso e i Carabinieri. E quando succede una rissa molto facilmente i Carabinieri portano i feriti al Pronto Soccorso!
Il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2023 certifica risorse strutturalmente inferiori per la sanità pubblica rispetto a quanto speso da Paesi europei analoghi al nostro, pesanti carenze di personale che confermano una fragilità che potrebbe determinare in futuro costi sociali elevati e presa d’atto da parte degli italiani della “fine delle promesse” in sanità. Che si traduce in conclamata rassegnazione davanti a una ormai fittizia universalità del SSN: tanto che il 79,1% degli italiani si dichiara molto preoccupato per il funzionamento del Servizio sanitario nel prossimo futuro e il 71% degli intervistati in caso di urgenze si dichiara disposto a pagare di tasca propria. Una rassegnazione pericolosa?
Per il 75,8% degli italiani è diventato più difficile accedere alle prestazioni sanitarie nella propria Regione a causa di liste di attesa sempre più lunghe. A causa delle promesse mancate, il 79,1% degli italiani si dichiara molto preoccupato per il funzionamento del SSN in futuro, esprimendo il timore di non accedere a cure tempestive e appropriate in caso di malattia.
Oggi ci sarebbe bisogno di “fare un tagliando straordinario al nostro SSN” perché negli ultimi anni ci sono stati solo rattoppi e sottrazioni, inclusa la spending review. Dobbiamo far sì che i medici possano tornare a fare i medici, almeno all’80%, snellendo le procedure e limitando i loro carichi di scribacchini. Abbiamo belle leggi e ottime Linee Guida ma tutti sanno ormai che non si potranno realizzare, spesso per mancata copertura finanziaria.
La libertà e la salute sono due temi che hanno una caratteristica: si apprezzano quando si perdono e si perdono perché si è abituati ad averli e si pensa che siano certi una volta per tutte.
Pierino Di Silverio, segretario Anaao Assomed, dichiara “Chiediamo di entrare nell’agenda sociale e politica del Paese con proposte innovative e soluzioni condivise, sollecitando la riscrittura delle priorità. Siamo stanchi, delusi e arrabbiati per la totale mancanza di rispetto nei confronti di una intera classe professionale Non è solo questione di soldi, ma di condizioni di lavoro inumane che non riusciamo più a sostenere. Bisogna tutelare il diritto alle cure dei cittadini e valorizzare i professionisti della salute che sono stati ripagati con una manovra che li deruba delle loro pensioni e che riserva briciole al rinnovo dei loro contratti”. Intanto però si sovvenziona la sanità privata. Antonio De Palma, presidente di Nursing Up, dice: “La carenza di personale ha una causa ben precisa, e si chiama ‘mancata valorizzazione’, perché è a causa delle scarse prospettive contrattuali che i giovani rifiutano di intraprendere percorsi formativi per diventare professionisti dell’assistenza.” Intanto in una settimana il numero dei pazienti ricoverati è salito del 25,3% soprattutto per problemi respiratori.
Siamo dunque soltanto all’inizio di questo lungo inverno, il “caldo inverno” della sanità pubblica che richiederà impegni sempre più pressanti a carico dei singoli professionisti che operano in un sistema da anni in grave difficoltà. “La gente non si rende conto che da qui a cinque anni rischiamo di chiudere gli ospedali per la mancanza di figure professionali come chirurghi, medici di pronto soccorso ed anestesisti” dice il Presidente dei Chirurghi Dr Scatizzi.
Manca una analisi seria. Come al solito, nel nostro paese, nessuno è responsabile di una programmazione così palesemente fallimentare.
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