La nuova ideologia hollywoodiana della Resurrezione
di FERDINANDO PASTORE (Pagina FB)
Hollywood irradia da sempre ideologia. Nulla in quel contesto accade per caso e anche le sfumature detengono uno spirito affabulatorio. Negli ultimi anni la propaganda dell’industria culturale nordamericana non si limita a ingigantire la centralità della Patria all’interno del Sistema Mondo ma concepisce dei veri e propri manifesti antropologici. È il caso, per esempio, del premiato “Povere creature” dove il pretesto dell’emancipazione femminile – il femminile viene utilizzato continuamente dalla propaganda per dipingere l’orizzonte asfittico e impolitico dell’essere umano – si incolla a una rinnovata sete di eugenetica con venature progressiste e liberatrici. Un dottor Mengele, svestito però dalla cupezza dell’orrore nazista, impianta il cervello di una nascitura nella testa della madre suicida e salvata per miracolo. La resurrezione della donna comporta una nuova educazione perché la nuova vita non ripresenti difetti umani. Così, evolvendo, l’eroina robotizzata accumulerà esperienze volte al cammino inesorabile verso la perfezione. Anche la prostituzione per necessità diventerà un’occasione per imparare e crescere assecondando le leggi del mercato. Si prospetta un essere umano sempre più meccanizzato che auto-evolve immagazzinando dati nel bazar delle scelte individuali per raggiungere un impeccabile “saper essere”. Qualsiasi decisione è rivisitata in grande opportunità, anche quando questa porta all’indigenza.
Appare evidente la correlazione con gli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale, o almeno, con ciò che appare più squisitamente ideologico nella prospettazione di questa tecnologia. Il positivismo contemporaneo immagina, nella perdurante crisi del senso religioso, un nuovo credo per l’immortalità, una nuova speranza per la liberazione dalla morte. L’ottimismo digitale, attraverso le parole dei suoi ricercatori più visionari, si ammanta di una narrazione messianica diretta all’avvento di macchine sovraumane. Colpisce questa letteratura, fondata su prossime “magnifiche sorti e progressive”, per il suo distacco dalla Realtà. Difatti questa enfatizzazione dello strumento digitale vuole nascondere l’utilizzo concreto e molto umano dell’Intelligenza Artificiale che si riduce a programmi di polizia preventiva o di guerra distruttiva, a immiserimento e sfruttamento della forza lavoro e al controllo delle personalità. La distopia di un clone umano che sopravvive alla morte è però il motore ideologico che tiene in vita l’entusiasmo delle Start Up più fanatiche e paranoiche. La fabbricazione di un sosia digitale che ci sopravvive, che continua a dialogare con gli affetti più cari attraverso l’accatastamento di dati personali raccolti in vita, rappresenta la nuova via allucinatoria del business.
Tutti così potremmo diventare influencer di noi stessi, dei robot imperituri finalmente affrancati da contraddizioni umane, sociali e politiche. E offrire un vademecum per esistenze levigate, soffici, disarcionate dalla collettività e dal conflitto, impermeabili al dramma della finitezza umana ma senza illusorie prospettive di salvezza collettiva. Un eterno presente, sprovvisto di ricordi e memoria, che i nostri avatar o le figure degli influencer digitali convertono in visione del mondo. Un addestramento continuo al buon comportamento, alle parole da usare perché i contesti esistenziali non provochino turbamenti eccessivi. Molte aziende multinazionali si servono di programmi digitali che riescono a ipotizzare la personalità dell’aspirante all’impiego. Il pensiero magico sul digitale si rovescia, concretamente, nell’accentuazione dei rapporti di forza perché essi si cristallizzino in una cieca fiducia nel progresso. Un’incessante pedagogia sull’essere umano del futuro, svestito di compassione, militarizzato nella sua robotizzazione. Ad Hollywood questa sceneggiatura sembra rappresentare una vera e propria ragion di Stato.
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