Morti sul lavoro, morti di lavoro
DA FUORI COLLANA (Di Antonio Cantaro)
Continua, incessante, senza soste, la guerra al lavoro. Non solo gli incidenti nei cantieri e nelle officine, i morti sul lavoro. Ma quella più invisibile e sottile, ma altrettanto disumana, che consuma quotidianamente le nostre vite. Morti di lavoro. Quel lavoro, un tempo non lontano simbolo costituzionale di libertà e riscatto, di emancipazione e liberazione. Quel lavoro ancora agognato, ma oggi sempre più veicolo di mutilazioni permanenti e di morte, di impoverimento materiale e spirituale. Anche qui da noi, nelle terre marchigiane, ove gli ultimi dati di inizio anno ci dicono che si “consumano” dai 2 ai 4 infortuni mortali al mese, con oltre 45 infortuni sul lavoro al giorno. Che fare per porre termine a queste stragi silenziose?
Ne parleremo l’intera giornata di venerdì 19 aprile nel secondo modulo – Guerra al lavoro – della Scuola di educazione alla politica Vivere la Costituzione. Lo faremo con lezioni d’autore, testimonianze e interventi di giuslavoristi, magistrati, sindacalisti, a partire dalle 11,00 presso la sede di Scienze politiche di Piazza Gherardi (relazione di Piera Campanella, interventi del Magistrato del lavoro Carlo Sorgi, della giuslavorista Silvia Borrelli, dell’economista Vincenzo Comito) e poi celebrando nel pomeriggio gli 88 anni del grande regista inglese Ken Loach, a partire dalla visione de suo film Sorry We Missed You (Cinema Nuova Luce, inizio ore 14,45 ingresso gratuito). Il più drammatico sulla condizione materiale dei lavoratori.
Dei lavoratori di oggi, non solo di quelle di ieri e dell’altro ieri. Perché, come ricorda Paolo Pascucci, animatore di Olympus – il Laboratorio urbinate che da un decennio monitora permanentemente la legislazione e la giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro – a «pretenderlo è ancora oggi l’art. 41 della Costituzione italiana quando, prevedendo che l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, prescrive che il “non recare danno” non è che la conseguenza del modo in cui si svolge l’attività organizzata, la quale pertanto deve essere concepita ed esercitata in modo da evitare tale conseguenza».
Tutto il contrario, racconta il grande cineasta inglese Ken Loach, di quello che quotidianamente accade a Londra, a Roma, ad Ancona, in qualsiasi parte d’Europa. La vicenda narrata è quella, estremamente realistica, di tanti giovani e meno giovani. Un disoccupato temporaneo, Ricky, il protagonista, diventa autista, “padroncino” del suo furgone che compra a costo del sacrificio dell’automobile che la moglie usa per il lavoro, per le consegne di merci acquistate on line per conto di una ditta di trasporti in franchising. Il successo sembra a portata di mano: basta lavorare 14 ore al giorno per sei o forse sette giorni la settimana. Morto di lavoro, rischia di finire morto sul lavoro.
Dove è la libertà promessa, se i tempi sono imposti, se la prestazione è interamente determinata dall’algoritmo del committente, da una tecnologia che non dà scampo? A commentare ci saranno Stefano Fassina, già viceministro dell’Economia, Carlo Parente, funzionario trasporti e logistica FILT CGIL, Paolo Pascucci.
Un’occasione da non perdere, per non dimenticare di restare umani.
FONTE: https://fuoricollana.it/morti-sul-lavoro-morti-di-lavoro/
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