La Svizzera è il primo Stato europeo condannato dalla CEDU per “inazione climatica”
di L’INDIPENDENTE (Simone Valeri)
Per la prima volta nella storia, la Corte Europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha condannato una nazione per non aver rispettato gli obblighi sul clima. Stiamo parlando della Svizzera, la quale è stata in particolare condannata dopo che un’associazione composta da oltre 2.000 anziane donne l’ha citata in giudizio per inazione climatica. La CEDU, più nello specifico, ha condannato lo Stato elvetico per aver violato l’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, ovvero il diritto al rispetto della vita privata e familiare, poiché non ha adottato misure adeguate per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Una sentenza che, legando la tutela dei diritti umani al rispetto degli obblighi sul clima, è destinata a fare giurisprudenza. La sentenza è tra l’altro vincolante e ha il potenziale per influenzare la legge nei 46 Paesi del Consiglio d’Europa, ovvero tutti quelli aderenti all’organo giurisdizionale europeo sui diritti dell’uomo. Nella stessa giornata, la CEDU si è espressa anche su altri due casi di giustizia climatica, tuttavia, entrambi rigettati. Il primo è un ricorso avanzato da un gruppo di giovani portoghesi nei confronti di 32 Paesi accusati di non fare abbastanza per ridurre le emissioni climalteranti, mentre il secondo ha per protagonista un ex sindaco di un paese transalpino che ha accusato la Francia di non aver adottato misure sufficienti per limitare il riscaldamento globale.
Il verdetto che ha invece accolto la posizione dei ricorrenti svizzeri è relativo al caso ‘Verein KlimaSeniorinnen Schweiz and Others v. Switzerland’, una procedura legale avviata a seguito del ricorso presentato dall’associazione Senior Women for Climate Protection Switzerland (Anziane per il clima Svizzera) e da altri singoli querelanti appoggiati da Greenpeace Svizzera. I ricorrenti hanno nel dettaglio chiesto alla Corte di “obbligare la Svizzera a intervenire a tutela dei loro diritti umani, e di adottare i provvedimenti legislativi e amministrativi necessari per contribuire a scongiurare un aumento della temperatura media globale di oltre 1,5°C, applicando obiettivi concreti di riduzione delle emissioni di gas serra“. Nella sentenza, la CEDU ha inizialmente specificato che “può trattare le questioni derivanti dal cambiamento climatico solo entro i limiti dell’esercizio della sua competenza ai sensi dell’articolo 19 (Istituzione della Corte) della Convenzione”. Al contempo, ha precisato “che un’azione statale inadeguata per combattere il cambiamento climatico ha esacerbato il rischio di conseguenze dannose e di minacce al godimento dei diritti umani”. Di conseguenza – ha aggiunto la CEDU – “la situazione attuale comporta l’adozione di vincoli stringenti, confermati dalle conoscenze scientifiche, che la Corte non poteva ignorare nel suo ruolo di organo giudiziario incaricato del rispetto dei diritti umani”. In particolare, ha riconosciuto che “esistono indicazioni sufficientemente attendibili dell’esistenza del cambiamento climatico di origine antropica”. Pertanto, ciò “costituisce una grave minaccia attuale e futura al godimento dei diritti umani garantiti dalla Convenzione, che gli Stati ne sono consapevoli e sono in grado di adottare misure per affrontare il cambio del clima in modo efficace, che i rischi rilevanti dovrebbero essere inferiori se l’aumento della temperatura sarà limitato a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali e se si interverrà con urgenza”. Inoltre – ha specificato la Corte – “gli attuali sforzi di mitigazione globale non sono però risultati sufficienti per raggiungere tale obiettivo”.
In questo contesto, la CEDU ha sottolineato che “il dovere principale di uno Stato contraente è quello di adottare e applicare nella pratica regolamenti e misure in grado di mitigare gli effetti climatici, potenzialmente irreversibili, esistenti e futuri”. E che, nel caso specifico della Svizzera, “si sono verificate lacune critiche nel processo di attuazione della normativa nazionale pertinente, compresa la mancata quantificazione da parte delle autorità svizzere di un bilancio del carbonio e l’assenza di una limitazione nazionale alle emissioni di gas serra. Infine, la CEDU ha ricordato che, già in passato, la Svizzera “non è riuscita a raggiungere i suoi precedenti obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra e che le autorità svizzere non hanno agito in tempo e in modo adeguato per ideare e attuare le misure conformi agli obblighi di cui all’articolo 8 della Convenzione, che risultano rilevanti nel contesto del cambiamento climatico”. «È un momento indescrivibile. Questa decisione sarà di grande importanza per ulteriori cause sul clima contro Stati e aziende in tutto il mondo e aumenterà le loro possibilità di successo», ha commentato Cordelia Bähr, avvocato a capo del team legale delle Anziane per il clima.
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