Libia: ultima chance per chi spera, tassello politico per l’Italia
di ILCAFFÈGEOPOLITICO (Sara Cutrona)
COOPERAZIONE ITALIA-LIBIA: UN PARTENARIATO CHE CONTINUA A SUSCITARE POLEMICHE
La collaborazione fra Italia e Libia sul tema dell’immigrazione ha da sempre suscitato delle enormi perplessità. Uno dei principali snodi critici è stato (e continua ad essere) il Memorandum d’intesa fra i due Paesi, firmato il 2 febbraio 2017 e rinnovato automaticamente per altri tre anni il 2 febbraio del 2023 scorso. Tale accordo quadro, come enunciato nel testo, ha come obiettivo quello di: “(…) avviare iniziative di cooperazione (…) con riferimento al sostegno alle istituzioni di sicurezza e militari al fine di arginare i flussi di migranti illegali e affrontare le conseguenze da essi derivanti (…)”. Concretamente, il cosiddetto “sostegno alle istituzioni di sicurezza e militari” si è tradotto e si traduce nella formazione del personale della Guardia Costiera libica e dei centri di accoglienza, nonché nella fornitura di asset marittimi e sanitari. Considerato nella sua matrice formale, questo accordo e la tipologia di supporto che prevede non sembrano in contrasto con una gestione razionale dell’immigrazione illegale, eppure, già dal 2017, diversi attori operanti in loco hanno denunciato gravissime irregolarità, violazioni dei diritti umani e casi di corruzione e collaborazione fra le autorità governative libiche e diversi soggetti criminali. Emblematica in questo senso è stata l’indagine di una giornalista italiana, Nancy Porsia, che, in un’inchiesta per TRT World, già sette anni fa, aveva portato alla luce un collegamento diretto fra l’allora comandante della Guardia Costiera del porto libico di Az Zawyia, Abdurahman Al Milad Aka Bija, e i trafficanti di esseri umani. L’uomo è stato arrestato e rilasciato nel 2021 , dopo le accuse da parte delle Nazioni Unite di essere coinvolto direttamente nel naufragio di alcuni natanti con a bordo migranti. Inoltre, dal novembre dell’anno scorso è stato inserito dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, in conformità con la Risoluzione nr. 1970 del 2011 (S/RES/1970 (2011)) , nell’elenco dei cittadini libici sottoposti a divieto di viaggio e congelamento dei beni. La violenza sistematica e i trattamenti disumani perpetrati ai danni dei migranti nei principali centri di detenzione libici sono stati più volte resi pubblici sia da organi delle Nazioni Unite sia da diverse organizzazioni non governative (ONG). In questo contesto, la visita di Meloni, avvenuta all’inizio di maggio, ha scatenato una serie di polemiche sfociate – nel caso dell’ONG Mediterranea Saving Humans – in delle vere e proprie accuse nei confronti del Governo italiano, tacciato di essere co-responsabile di abusi e torture perpetrate contro i migranti e di finanziare le milizie libiche, direttamente coinvolte nelle attività criminali condotte nei centri di detenzione.
Fig. 1 – Migranti salvati dalla NGO spagnola SMH (Humanitarian Maritime Rescue) il 16 febbraio 2024
LA PREMIER GIORGIA MELONI IN LIBIA: UNA PRIMA MOSSA NELLO SCACCHIERE “PIANO MATTEI”
E’ impossibile scindere la questione della gestione problematica dei flussi migratori che interessano la rotta mediterranea dalle molteplici perplessità generate dagli accordi di partenariato bilaterale siglati dall’Italia con Paesi coinvolti in violazioni di diritti umani così conclamate come nel caso della Libia. Tuttavia, è necessario inquadrare la recente visita della Presidente del Consiglio italiano nel quadro di più ampio respiro in cui essa si colloca, per dar conto delle intenzioni politiche di cui essa rappresenta una manifestazione concreta. Infatti, la visita di Meloni in Libia, come sostenuto dall’Ambasciatore Gabriele Checchia, non è altro che un tassello nel gioco di accordi e legami progettuali previsti dal cosiddetto Piano Mattei, una strategia politica, basata sulla cooperazione internazionale fra Italia e Stati africani. Elemento cardine di questo schema strategico dovrebbe essere, secondo le stesse parole della Presidente del Consiglio, una partnership non predatoria che sia di beneficio per entrambe le parti coinvolte e che interessi diversi settori: dall’istruzione, alla sanità, all’economia e alle politiche energetiche. In concreto, si prevede una spesa di circa 5 miliardi di euro per i prossimi quattro anni che, se investiti con successo e in linea con gli obiettivi programmatici del piano, dovrebbero sostenere progetti in grado di apportare un valore tale nel continente africano da minare, in definitiva, le principali motivazioni per cui molte persone decidono di migrare verso altri Paesi, ancora più spesso, verso altri continenti, ossia fame, conflitti e mancanza di accesso alle risorse più elementari, nonché di opportunità economiche in linea con i più basici criteri di sopravvivenza. La visita in Libia, che ha visto Meloni dialogare con tutti gli stakeholders principali del frammentato contesto libico, non ha rappresentato esclusivamente una mano tesa alle autorità libiche, ma un passo verso la concretizzazione di una strategia politica vasta, la cui efficacia, però, sembra già oscurata dalle ombre di pesanti compromessi, specialmente nell’ambito della tutela dei diritti umani.
Fig. 2 – La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante un discorso a Palazzo Chigi.
LA LIBIA INSTABILE NON È NÉ UN PORTO NÉ UN LUOGO SICURO, MA PER MOLTI RIMANE L’UNICA CHANCE VERSO UNA VITA MIGLIORE
La Libia non è un porto sicuro, a stabilirlo è la sentenza nr. 4557 della Corte di Cassazione del primo febbraio di quest’anno. Tale pronuncia giurisprudenziale ha aggiunto un altro tassello degno di riflessione nel dibattito sulla natura e sul ruolo della Libia nella gestione dei flussi migratori provenienti prevalentemente dall’Africa Subsahariana, confermando de facto ciò che diverse organizzazioni non governative denunciano da diversi anni, almeno non in questa delicatissima fase che vede il Paese nordafricano ancora impegnato nella propria ricostruzione e nella transizione verso un regime democratico. Il 22 marzo, un comunicato stampa dell’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di flussi migratori ha diffuso la notizia del ritrovamento di una fossa comune, con all’interno circa sessantacinque corpi presumibilmente appartenenti a persone che cercavano di raggiungere il Mediterraneo. L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), ha espresso il proprio cordoglio e rinnovato l’appello affinché si adotti, a livello internazionale, un maggiore coordinamento per la gestione del fenomeno di migrazione su larga scala, invitando a creare delle cornici legali in grado, fra le altre cose, di contrastare il fenomeno del traffico illegale di migranti. Il rinvenimento di questa fossa comune non costituisce un episodio isolato nella tragedia che coinvolge le persone che, alla ricerca di un futuro migliore, attraversano il territorio libico per imbarcarsi verso l’Italia o altri Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo. All’inizio di marzo, infatti, altre 50 persone sono morte a seguito del naufragio di un gommone partito dalla Libia e soccorso da un’imbarcazione dell’ONG SOS Mediterranee. Eventi che confermano il trend del 2023 che, con 4.110 persone morte o scomparse, è stato segnalato dal report dell’Agenzia ONU per i Rifugiati (UNHCR) come l’annus horribils per i migranti che hanno scelto la rotta mediterranea per raggiungere l’Europa. Il 2024 non sembra da meno visto che dal primo gennaio alla fine di marzo già 558 persone hanno perso la vita lungo le coste libiche. Nel primo ventennio degli anni 2000, cercare di darsi l’opportunità di una vita migliore può ancora essere una scelta di vita o di morte, specialmente se si decide di attraversare un paese come la Libia, le cui autorità e Istituzioni sono ancora estremamente fragili. La gestione dei flussi migratori rimane indiscutibilmente una necessità impellente per l’Italia e per l’Unione Europea. Molti sono gli interessi coinvolti e non si può certamente banalizzare una questione così complessa e stratificata, ma nel 2024 si può e si deve aspirare a soluzioni in grado di tenere a mente la tutela dell’essere umano, garantita, per altro, dalla legge.
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