L’estrema destra di Le Pen batte Macron al primo turno delle legislative in Francia, basi USA in allerta e altre notizie interessanti
di LIMES (Agnese Rossi, Giacomo Mariotto)
ELEZIONI IN FRANCIA
Per la prima volta nella storia della Repubblica Francese, domenica 30 giugno l’estrema destra del Rassemblement National (Rn) si è classificata in testa ottenendo il 33% – alleati con i candidati dei Républicains di Eric Ciotti – al primo turno delle elezioni legislative, indette in anticipo da Emmanuel Macron il 9 giugno dopo la disfatta della coalizione presidenziale al voto europeo. Segue il raggruppamento delle sinistre riunite nel giro di tre settimane sotto la bandiera del Nouveau Front Populaire (28%), che si posiziona davanti alla precedente maggioranza presidenziale (20%). Si stima che l’affluenza alle urne (66,7%) sia la più alta dal voto legislativo del 1986. La domanda è ora se il partito di Marine Le Pen riuscirà a raggiungere la maggioranza assoluta in Assemblea nazionale al secondo turno del 7 luglio. Circostanza che dipenderà in buona parte dal risultato delle triangulaires (“ballottaggi” tra tre candidati che hanno superato la soglia di sbarramento al primo turno), configurazioni in questo frangente elettorale particolarmente numerose – potrebbero essere fino a 300 – in ragione della grande affluenza e della forte polarizzazione in tre blocchi emersa dalla prima tornata. Il grande peso assunto dalle triangulaires va a vantaggio del Rn, che si confronterà con un centro-sinistra spaccato in due schieramenti, geometria ad alto rischio di dispersione del voto.
Si apre una settimana convulsa di consultazioni e trattative elettorali, ma virtualmente il Rn ha già vinto come partito più potente dell’Assemblea nazionale. Due i dati eclatanti da trattenere. Primo, il fronte centrista di Macron è crollato insieme alla cosiddetta diga repubblicana, cioè l’argine che durante la Quinta Repubblica ha impedito alla destra non moderata di salire al potere. Secondo, il partito di Le Pen e Jordan Bardella ha ampiamente confermato a livello nazionale i risultati delle elezioni europee, a testimonianza di come la preferenza per il Rn non possa essere ridotta a semplice voto di protesta. La geografia elettorale del primo turno rivela infatti un voto trasversale (per età, fasce sociali, aree del paese) e nella maggior parte dei casi motivato da ragioni di adesione ideologica ai valori del partito.
Che si tratti di una “coabitazione” di Macron e Bardella (se il Rn dovesse raggiungere la maggioranza assoluta) o di uno stallo (in caso non si riuscisse a definire una chiara maggioranza, ciò che potrebbe far considerare la possibilità di un governo tecnico), il primo turno sembra proiettare il parlamento francese verso una stagione di maggiore ingovernabilità e instabilità. Con (più che) possibili ripercussioni sulla credibilità di Parigi come interlocutore internazionale. Soprattutto nel contesto della guerra in Ucraina, dove il recente attivismo anti-russo di Macron è apertamente in contrasto con la posizione del Rn, storicamente vicina al Cremlino.
Per approfondire: La Francia in crisi – Macron e Le Pen tra Ucraina, Africa e Pacifico
BASI USA IN ALLERTA
Diverse basi militari statunitensi in Europa sono state poste in stato di massima allerta: livello “Charlie”, il secondo grado più alto nella scala di sicurezza delle forze Usa. Nel gergo della Difesa americana, testimonia l’esistenza di una minaccia credibile e imminente. Funzionari del Pentagono citano “informazioni credibili di intelligence” che indicherebbero la possibilità di “un attacco terroristico alle basi statunitensi nell’arco della prossima settimana”. Tra le località rientra anche Stoccarda, dove hanno sede i comandi centrali per l’Europa e per l’Africa (Eucom, Africom).
Per approfondire: Le basi dell’impero
CONGRESSO AFD
Nel corso del fine settimana si è svolto a Essen il congresso del partito neonazionalista tedesco Alternative für Deutschland (AfD), che a giugno ha ottenuto il 16% delle preferenze alle elezioni europee. Circa mille ufficiali delle forze dell’ordine sono stati schierati nella città della Renania settentionale-Vestfalia, mentre per le strade hanno marciato più di 50 mila persone per protestare contro l’evento. Di fronte ai 600 delegati radunati nella Grugahalle, il co-presidente del partito Tino Chrupalla ha stabilito che l’AfD intende “governare prima nell’Est, poi nell’Ovest, e quindi a livello federale”.
Per approfondire: ‘In Germania la democrazia è in pericolo’
BIDEN
Diversi importanti esponenti politici (l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi, il senatore Raphael Warnock e il governatore del Maryland Wes Moore) e finanziatori del Partito democratico hanno confermato il proprio sostegno alla candidatura di Joe Biden nonostante la sua pessima performance durante il dibattito con Donald Trump, invitando il partito a continuare a sostenere l’inquilino della Casa Bianca. Secondo alcune fonti successivamente smentite, lo stesso presidente Biden avrebbe valutato se ritirarsi o meno dalla campagna elettorale assieme ad alcuni membri della sua famiglia a Camp David. Comunque sia, l’epilogo del dibattito presidenziale della scorsa settimana ha fatto emergere e probabilmente ha aggravato la frattura tra l’establishment del partito che negli ultimi quattro anni si è stretto attorno alla figura di Biden (il quale gode di notevole influenza nelle dinamiche del campo democratico vista la sua lunga carriera politica) e gli attivisti più vicini alla base elettorale che sono invece sempre stati scettici sulla ricandidatura del presidente. In breve, non sarà semplice trovare un’alternativa a Biden. E non è detto che un nuovo candidato possa avere più possibilità di vincere a novembre.
Per approfondire: Il disastro di Biden e il vero problema dei democratici
IRAN
Alle elezioni presidenziali iraniane nessun candidato ha raggiunto la maggioranza assoluta. Il 5 luglio si terrà quindi il secondo turno tra il riformista Masoud Pezeshkian e Saeed Jalili, noto per le sue posizioni conservatrici e anti-occidentali. Pezeshkian è arrivato primo ma parte in svantaggio, dato che Jalili può convogliare i voti andati agli altri candidati provenienti dal campo conservatore. Il dato più importante è però quello dell’astensionismo: solo il 40% degli aventi diritto si è recato alle urne. Si tratta del secondo record negativo di fila. Sintomo di una crescente impopolarità del sistema di potere alla base della Repubblica Islamica ma soprattutto del diffuso pessimismo rispetto alla reale possibilità di cambiamento racchiusa nel rituale delle presidenziali, su cui l’ultima parola spetta comunque alla Guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei.
Per approfondire: La carica degli ultraconservatori
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