Che cosa succederà al debito dell’Ucraina
di START MAGAZINE (Ugo Poletti)
Si prospetta un’estate calda per il debito pubblico dell’Ucraina, molto esposto verso la finanza internazionale. Il quadro è complicato dalla scadenza del mandato di Zelensky. L’analisi di Ugo Poletti.
Si prospetta un’estate calda per il debito pubblico dell’Ucraina molto esposto verso la finanza internazionale. Ci sono scadenze cruciali per la rinegoziazione di parte di questo debito e l’accordo per nuovi prestiti. Tutto questo processo è complicato dal mandato scaduto di Zelensky e dalla questione ingarbugliata dell’utilizzo dei fondi e dei patrimoni russi sequestrati in diversi paesi.
L’UCRAINA E’ IN DEFAULT
Tecnicamente, l’Ucraina è un paese in stato di default, cioè uno Stato fallito, se non fosse per i prestiti esteri. Dall’inizio dell’invasione russa il Tesoro ucraino non si è più potuto rifinanziare sui mercati internazionali. I bond ucraini sono valutati CC per S&P e Fitch, Ca per Moody’s. Sono rating da paese sull’orlo della bancarotta. Il Governo ucraino sta lottando per rinegoziare i suoi bond per 20 miliardi di dollari. Purtroppo, poco prima del G7 in Puglia l’Ucraina non ha trovato un accordo con i creditori internazionali su bond. La situazione è tesa, perché ad agosto scade la sospensione dei pagamenti pattuita tra le parti subito dopo l’attacco russo nel febbraio del 2022.
I PRESTITI DEL FMI
Il Governo ucraino ha bisogno di questo accordo per poter siglare altri prestiti bilaterali con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), che insieme alla Banca Mondiale e ai partner internazionali ha già elargito a Kiev ben 85 miliardi. Questo programma di assistenza finanziaria ha una scadenza nel 2027. Washington non è intenzionata a dare altri aiuti, se la prospettiva è quella che saranno usati per pagare gli interessi ai creditori o per rimborsare parte del debito. Lo stesso dicasi per i paesi occidentali che supportano l’Ucraina, che sono pronti a finanziare sia la resistenza all’invasione russa che l’economia del paese, ma non i suoi creditori internazionali.
NESSUNO HA INTERESSE ALLA BANCAROTTA DELL’UCRAINA
In ogni caso non è nell’interesse di nessuno che Kiev vada in bancarotta e, soprattutto che perda la guerra. La sconfitta porterebbe a maggiori difficoltà per gli obbligazionisti nel recuperare il capitale investito e nell’incassare gli interessi dovuti. Quindi la scadenza di agosto potrebbe essere prorogata, anche a fronte di un maggior rischio di default.
IL MANDATO SCADUTO DI ZELENSKY
A complicare questo scenario si aggiunge il mandato scaduto di Volodymyr Zelensky. Infatti, secondo la Costituzione, il presidente dell’Ucraina ha un mandato di cinque anni. Zelensky è entrato in carica il 20 maggio del 2019. Quindi, è ufficialmente scaduto dal 19 maggio scorso. Il governo non ha potuto indire nuove elezioni per il rinnovo del Parlamento e per la scelta del capo dello stato, perché la legge marziale impedisce l’apertura dei seggi. Né si possono organizzare seggi elettorali per milioni di Ucraini in città regolarmente colpite dai bombardamenti russi. Per non parlare della questione del diritto di voto dei rifugiati all’estero.
CHE COSA PREVEDE LA COSTITUZIONE
La Costituzione ucraina non prevede la proroga del presidente in caso di guerra, mentre la Verkhovna Rada (il parlamento ucraino) può continuare a svolgere i lavori. Però, questa situazione influisce sulla credibilità del debito ucraino di nuova emissione o dei prestiti bilaterali. Infatti, quale garanzia c’è che un futuro successore di Zelensky, magari costretto da una situazione fiscale fuori controllo, non ne approfitti per ripudiare il debito? Non sarebbe la prima volta nella storia. Dopo la rivoluzione d’ottobre, i Bolscevichi a potere ripudiarono i debiti dell’ex-Impero russo.
GLI SCENARI PER ZELENSKY
Zelensky potrebbe ovviare a questa lacuna costituzionale chiedendo un voto parlamentare che avvalli una proroga del suo mandato presidenziale, magari con l’impegno ad indire le elezioni immediatamente dopo la fine del conflitto. Ma probabilmente il leader ucraino non vuole esporsi ad una trattativa con i partiti di opposizione, del cui voto non può fare a meno per preservare l’immagine di una nazione coesa. Questa vizio di legittimità rappresenta anche una debolezza in vista di negoziati di pace, perché offre alla Russia il pretesto di non voler trattare con un presidente scaduto. Purtroppo, Zelensky non ha ancora voluto affrontare questo problema.
DOSSIER FONDI RUSSI SEQUESTRATI
E poi c’è la questione dei fondi russi sequestrati. Con l’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022, l’Unione Europea e il Nord America sequestrarono gli asset russi depositati dalla banca centrale di Mosca a titolo di sanzione. Vale la pena ricordare che fu proprio il presidente del Consiglio Mario Draghi a fine febbraio 2022, a suggerire alla segretaria al Tesoro USA Janet Yellen di sequestrare gli asset russi. In quel momento si scoprì che la gran parte di questi erano depositati in Europa, presso il depositario centrale Euroclear a Bruxelles, per un importo di 280 miliardi di euro, circa 300 miliardi di dollari. Però, un sequestro non significa un esproprio.
LE MOSSE USA
Washington ha proposto successivamente di espropriare tali asset allo scopo di finanziare la ricostruzione in Ucraina, stimata un anno fa dalla Banca Mondiale in circa 500 miliardi di dollari. Anche il Governo di Kiev, ha spinto con insistenza per ottenere che i Paesi del G7 decidessero di liberare l’intero fondo congelato di 300 miliardi di dollari a favore dell’Ucraina.
COSA DICE LA BCE
Ma la Banca Centrale Europea lo aveva già escluso. In particolare, Christine Lagarde presidente della BCE, aveva avvertito che una simile mossa rischiava di “rompere quell’ordine internazionale, che vorremmo che la Russia rispettasse”. Infatti, secondo le regole internazionali, i paesi del G7 non hanno il diritto di confiscare tali beni alla Russia e consegnarli all’Ucraina.
LE QUESTIONI LEGALI
Il tema è delicato da un punto di vista legale. Chi investirebbe più in Europa se temesse di perdere i propri capitali nel caso di tensioni geopolitiche? Alla fine, la soluzione più pratica e sostenibile proposta da Bruxelles è stata quella di utilizzare i soli interessi maturati su quegli asset.
CAPITOLO INTERESSI
Questi interessi sono stimati in circa 3,5 miliardi di dollari all’anno. Secondo il piano del G7, questa somma servirà a ripagare gli interessi annuali sul prestito di 50 miliardi di dollari concesso agli ucraini sui mercati internazionali. la prima tranche del maxi-prestito non arriverà prima della fine dell’anno, ma è la soluzione a lungo termine concordata per sostenere lo sforzo bellico e l’economia dell’Ucraina.
LA REAZIONE DI MOSCA
Mosca ha reagito molto male alla decisione dell’uso degli interessi per sostenere il debito ucraino, bollandola come azione criminale e minacciando una punizione severa.
LE SANZIONI BRUCIANO
Molti osservatori si sono chiesti come mai i Russi, così abili pianificatori, non abbiano ritirato i loro depositi europei prima dell’invasione dell’Ucraina, per evitare che potessero essere oggetto di sanzione. La risposta più plausibile è che nei piani del Cremlino l’operazione militare speciale sarebbe dovuta essere così fulminea, da non dare il tempo all’Europa di organizzare sanzioni articolate come questa. Una conferma della teoria che nella mente di Putin, la conquista dell’Ucraina era una ripetizione, ma su larga scala, della operazione di occupazione della Crimea, avvenuta in tempi rapidissimi e a bassissimo costo. Le sanzioni orchestrate nel 2014 da Europa e USA non avevano certamente dissuaso il leader russo dal ripetere il colpo. Purtroppo, questa volta il piano di conquista veloce è fallito e queste sanzioni bruciano.
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