5 letture sulla violenza politica negli Stati Uniti
DA LIMES ONLINE
Alla luce dell’attentato a Donald Trump, proponiamo cinque articoli dal nostro archivio sulla violenza politica e sulla discordia negli Stati Uniti, gratuiti per l’occasione. Dai gruppi armati di ieri a quelli odierni, con un focus sulle cause strutturali delle faglie americane.
L’attentato a Donald Trump ricorda che la violenza politica è una caratteristica distintiva dell’America. E dell’America in crisi. Episodi violenti costellano l’intera storia nazionale, ma si verificano con particolare intensità durante fasi di dissesto e discordia. Tre dei quattro assassinii di presidenti in carica sono avvenuti in periodi turbolenti per gli Stati Uniti: Lincoln alla fine della guerra civile, McKinley mentre l’America emergeva a impero, Kennedy all’alba di un decennio di sangue e tumulti sociali.
L’attentato a Trump non è dunque una novità, ma accade in questa fase di crisi degli Stati Uniti. Possiede cioè una sua specificità che va necessariamente conosciuta. Non può essere derubricato a mera casistica. Per tenere assieme storia e attualità, vi proponiamo cinque letture dall’archivio di Limes, eccezionalmente gratuite.
In “De bello americano”, Fabrizio Maronta ripercorre la lunga storia della violenza politica in America. Risalente addirittura a prima della fondazione degli Stati Uniti, come illustra il caso dei disordini elettorali in Pennsylvania del 1742. Spesso infatti il detonatore di episodi violenti è stato il momento del voto oppure la sua contestazione – addirittura uno degli inneschi della guerra civile fu proprio il rifiuto dei leader degli Stati del Sud a riconoscere l’elezione di Abraham Lincoln.
Il dato strutturale è che la violenza caratterizza ogni fase della storia americana: dalla fondazione al consolidamento dello Stato, dalla ricostruzione della nazione dopo la guerra di secessione al cosiddetto secolo americano.
Tuttavia, ogni fase ha le sue caratteristiche peculiari. Quella odierna è che una grande fetta della popolazione statunitense sente minacciato il proprio stile di vita, pilastro dell’identità nazionale. Si ritiene cioè che il partito avversario sia dominato da fanatici intenzionati a distruggere la democrazia e a imporre le proprie scelte morali. La diffusione di questa rappresentazione antagonistica dell’altro ha tante radici, che abbiamo analizzato nei volumi America? (2022) e Mal d’America (2024). E di cui offriamo un saggio introduttivo in “Fiamme sulla collina: così l’America assedia sé stessa” in questo dossier.
Su tutte, la causa principale è la diffusione di una vera e propria cultura dell’intolleranza reciproca, alimentata dalle diseguaglianze economiche, dalla disfunzionalità della politica, dalla sfiducia verso le istituzioni, da ambienti mediatici che incoraggiano lo scontro e le opinioni divisive. Senza dimenticare le cause geopolitiche, a partire dal peso dell’impero che si è rovesciato sulla repubblica.
La sfiducia reciproca è diventata una cultura perché è sistematicamente presente da anni nella società americana. Diversi sondaggi lo dimostrano. Per citare autorevoli recenti rilevazioni, l’Università di Chicago stima che il 30% degli americani ritiene seriamente in gioco il loro benessere nelle elezioni di novembre; secondo il Public Religion Research Institute (Prri), il 75% degli elettori pensa che alle prossime presidenziali la democrazia sia a rischio. Per colpa di un candidato o dell’altro: Trump è considerato un pericolo più di Biden (52% contro un non indifferente 33%), ma tra gli elettori indecisi degli Stati in bilico è il candidato repubblicano a essere considerato più in grado di proteggere la democrazia rispetto al democratico (38% contro 29%).
La violenza politica è considerata legittima da una quota di persone per nulla indifferente. Sempre secondo l’Università di Chicago, il 10% degli americani sarebbe favorevole a usare la forza per impedire la rielezione di Trump e il 7% a usarla per permetterla. Rapportato alla popolazione adulta, si parla di circa 40 milioni di persone. Molte delle quali posseggono un’arma (fra un terzo e la metà di questi estremisti). E secondo il Prri, un quarto circa degli statunitensi concorda con l’affermazione: “I patrioti americani potrebbero dover ricorrere alla violenza per salvare il paese”, fra cui anche un 13% di elettori democratici.
Viste opinioni così diffuse, non sorprende che negli Stati Uniti esista una lunga tradizione di milizie, gruppi armati auto-organizzati che sostengono agende particolarmente estremiste. Come spiega Lorenzo Di Muro in “Delle milizie il catalogo è questo”, anche qui siamo di fronte a un fenomeno di vecchia data. Ma che ha conosciuto un vero e proprio boom dagli anni Novanta.
Anche qui la geopolitica c’entra moltissimo. L’esplosione delle milizie avviene non a caso alla fine della guerra fredda. In una parte di America era diffusa la convinzione che il collasso dell’Urss avrebbe portato gli Stati Uniti a smantellare l’impero militare d’oltremare. Invece il presidente George H.W. Bush annuncia il progetto di creare un “nuovo ordine mondiale”. Quel discorso, abbinato poi all’agenda globalista dell’amministrazione Clinton, convince molti che il governo di Washington intende sciogliere gli Stati Uniti in una struttura sovranazionale. Armarsi e organizzarsi in milizie diventa un modo per resistere e per conservare la propria libertà. L’elezione di Barack Obama, primo presidente nero, ridà slancio alle milizie, a cui Donald Trump attinge a piene mani, anche per provare a mantenere il potere con l’assalto al Campidoglio.
A tutto questo si accompagna l’esplosione delle armi da fuoco. Secondo alcune stime ce ne sarebbero quasi 500 milioni in America, più di una a persona. In questo contesto diventa impossibile praticare il gun control, ossia porre un freno alla proliferazione di armi. Proprio tanta diffusione è secondo Jacob Ware, autore delle ultime due analisi di questo dossier, uno dei fattori cruciali che rendono molto difficile contrastare episodi di violenza politica. Non solo e non tanto quelli su obiettivi vistosi come i candidati alla presidenza, ma pure quelli contro parlamentari o giudici della Corte suprema.
Ware lancia un allarme: le istituzioni non sono attrezzate a contenere la minaccia della violenza politica. L’estremismo domestico è diventato la prima priorità dell’antiterrorismo, prima rivolto quasi esclusivamente al jihadismo. Tuttavia, le agenzie federali sono sottodimensionate rispetto all’entità della minaccia, perché predisposte più a lavorare sul lungo termine che su un’emergenza di breve periodo.
L’attentato di Trump non è una novità nella storia americana, ma si inserisce in un clima tossico in cui buona parte degli americani si sente minacciata, in un panorama di legittimazione e diffusione della violenza politica con pochi precedenti e in un contesto istituzionale scarsamente preparato a fronteggiare minacce nel breve periodo.
di Fabrizio Maronta
La violenza a sfondo politico è parte integrante della storia statunitense. Le elezioni hanno alimentato scontri fra gruppi armati fin dal Settecento. La pressione delle responsabilità imperiali inasprisce la conflittualità interna. Problema, ma anche risorsa. [2021]
2. Fiamme sulla collina: L’America in crisi assedia sé stessa
di Federico Petroni
Cause e dinamiche delle fratture che dividono gli americani. Gli Stati federati, fortini di identità contrapposte. Non c’è più una narrazione canonica della storia patria. Il dolore di non sentirsi più i migliori. Delimitare l’impero. L’impossibile ordine mondiale. [2022]
3. Delle milizie il catalogo è questo
di Lorenzo Di Muro
Profondamente radicato nella cultura originaria degli States, il fenomeno dei gruppi armati decisi a proteggere i cittadini dalla presunta invadenza dello Stato è in crescita. Dal milizianismo di frontiera al suprematismo, le minacce alla coesione nazionale. [2021]
4. L’America feroce rischia le tenebre
di Jacob Ware
Violenze, terrorismo, polarizzazione politica, complottismi e mala gestione possono compromettere immagine e tenuta degli Usa. Improbabile una guerra civile, ma meglio prepararsi al peggio. Le elezioni del 2024 e i comportamenti di Trump ci diranno di più. [2022]
5. La violenza politica dilaga senza resistenza
di Jacob Ware
Come agisce il terrorismo di destra. Suprematisti bianchi e fazioni antigovernative sono la minaccia più significativa alla sicurezza interna. Il paese non è preparato. La sfiducia degli americani nelle istituzioni. Il rischio di tensioni durante le prossime elezioni. [2024]
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