Boom dell’export di petrolio sanzionato dall’Iran, grazie alla complicità della Malesia
di SCENARIECONOMICI (redazione)
Gli esperti hanno sottolineato che Washington avrebbe permesso al petrolio iraniano di continuare a fluire a causa del rischio di comprimere l’offerta e di innescare un’impennata politicamente dannosa dei prezzi mondiali del petrolio. Tutto questo nonostante ci siano state delle vittime fra le forze armate USA in Giordania per un attacco delle forze filoiraniane, fatto che, in altri momenti avrebbe portato a dure reazioni anche sul commercio petrolifero.
Due mesi dopo, Washington ha imposto una serie di nuove sanzioni e controlli sulle esportazioni all’Iran dopo che quest’ultimo ha lanciato uno dei più grandi attacchi missilistici e con droni contro Israele. Secondo la Casa Bianca, le sanzioni hanno preso di mira leader ed entità collegate al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC), al programma missilistico e di droni del governo iraniano e al Ministero della Difesa iraniano. Anche in questo caso, gli Stati Uniti non hanno cercato di limitare le esportazioni di petrolio dell’Iran. Però queste sanzioni non hanno funzionato.
Ora gli analisti di Standard Chartered hanno riferito che le esportazioni di petrolio iraniano hanno subito un’impennata, con le acque della Malesia che sono diventate un canale per i trasferimenti di petrolio iraniano da nave a nave.
Secondo StanChart, gli ultimi dati doganali cinesi mostrano che le importazioni di greggio dalla Malesia hanno raggiunto 1,456 milioni di barili al giorno (mb/d) a giugno, la seconda media mensile più alta mai registrata. Gli esperti di materie prime hanno sottolineato che la produzione di greggio della Malesia è di circa 0,35 mb/d mentre le esportazioni sono in media di 0,2 mb/d, il che implica che la maggior parte del petrolio che la Cina importa dalla Malesia non è stato prodotto nel Paese, ma, evidentemente, è prodotto da paesi sanzionati che si nascondono dietro il paese del Sud – Est asiatico.
Secondo diverse fonti giornalistiche, i trasferimenti riguardano una flotta ombra composta da un gruppo di petroliere obsolete che raramente hanno un assicuratore identificabile. Questi trasferimenti possono essere pericolosi, anche per il pericolo di fuoriuscite e collisioni, con così tante petroliere di bassa qualità ammassate in una stretta rotta commerciale con i transponder spenti. Ad esempio, due navi di questo tipo hanno preso fuoco al largo di Singapore dopo una collisione avvenuta il 19 luglio.
In precedenza, abbiamo riferito che le esportazioni di petrolio iraniano hanno registrato un forte rimbalzo sotto l’amministrazione Biden, con gli Stati Uniti e i loro alleati che sperano di raggiungere un nuovo accordo nucleare con Teheran dopo che l’amministrazione Trump ha annullato l’accordo JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action) del 2015. Sotto l’ex presidente Donald Trump, la produzione di petrolio iraniano è crollata da 3,8 milioni di barili al giorno all’inizio del 2018 a meno di 2 milioni di barili al giorno alla fine del 2020; sotto Biden, invece, la produzione è salita a 3,2 milioni di barili al giorno.
Se gli Stati Uniti permetteranno o meno all’Iran di continuare a pompare liberamente dipenderà da chi siederà nello Studio Ovale nel 2025. Una settimana fa, nel suo discorso alla Convention Nazionale Repubblicana del 18 luglio, Trump ha promesso di ridurre le esportazioni di petrolio iraniano. Ha detto di aver raggiunto questo obiettivo collegandolo al commercio: “Ho detto alla Cina e ad altri Paesi: se comprate dall’Iran, non vi permetteremo di fare affari in questo Paese e applicheremo tariffe del 100% o più su ogni prodotto che inviate”. Secondo StanChart, il petrolio iraniano giocherà probabilmente un ruolo chiave nel più ampio programma di politica commerciale di Trump nei confronti della Cina. Teheran probabilmente spera in una vittoria di Kamala Harris, poiché un altro democratico alla massima carica potrebbe continuare a portare avanti l’agenda di Biden.
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