Ecco come l’Italia vuole inondare la Cina di esportazioni alimentari
DA START MAGAZINE (Di Giulia Alfieri)
L’Italia vuole aumentare le sue esportazioni alimentari in Cina, che oggi ammontano solo a 580 milioni di euro. Ci sono però degli ostacoli che frenano la crescita, dai requisiti fitosanitari ai problemi legati alla diffusione della peste suina nel nostro Paese. Si temono inoltre ripercussioni dovute ai dazi imposti da Bruxelles sulle auto elettriche. Fatti, numeri e commenti
Anche food e agritech sono stati al centro del dialogo tra Italia e Cina in occasione del viaggio della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a Pechino. Il tavolo è stato presieduto e coordinato da Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia (l’associazione di Coldiretti in difesa del made in Italy), e vi hanno partecipato numerose aziende cinesi e italiane, tra cui Lavazza e Ferrero.
GLI OBIETTIVI DELL’ITALIA
Aumentare le esportazioni in Cina. È questo l’obiettivo principale dell’Italia, che si è detta contraria a qualsiasi tipo di dazi europei, a cominciare da quelli sulle auto elettriche, in quanto il nostro Paese pagherebbe le conseguenze di contromisure cinesi nei confronti di vini, formaggi e salumi.
“I dazi – ha affermato Scordamaglia – non sono mai un elemento positivo per il consumatore e per le filiere produttive. Per evitare dazi o restrizioni in un senso o in un altro, l’unico modo è condividere insieme standard produttivi sostenibili ed etici che consentano una competizione leale”.
L’Italia intende inoltre collaborare con la Cina alle tecnologie per l’agroalimentare.
LE ESPORTAZIONI ITALIANE IN CINA
L’export agroalimentare italiano in Cina, secondo quanto riferito dall’ad di Filiera Italia, “ammonta solo a 580 milioni di euro, mentre la Cina acquista all’estero cibo e bevande per 140 miliardi di euro all’anno”. Dunque, per Scordamaglia, “i margini di crescita per le nostre imprese sono enormi”: “I tedeschi, per esempio, quest’anno hanno visto crescere le loro vendite in Cina del 15% perché hanno saputo lavorare bene con la grande distribuzione cinese”.
I margini dell’export generale in Cina li ha quantificati il Centro Studi di Confindustria, secondo cui “il potenziale export che possiamo ancora colmare nel mercato cinese è di 2,4 miliardi di euro soltanto per i beni di consumo e 2 miliardi per quelli strumentali”. È quanto dichiarato dalla vicepresidente per l’export e l’attrazione degli investimenti d’organizzazione, Barbara Cimmino, durante la tavola rotonda “Italy investing in China: trends and perspective” organizzata a Pechino da Confindustria e Camera di Commercio italiana in Cina e a cui hanno partecipato 115 aziende e associazioni imprenditoriali italiane.
QUESTIONI IN SOSPESO
Per aumentare le esportazioni in Cina, il Sole 24 Ore riferisce che l’Italia ha anche affrontato alcuni temi caldi come i requisiti fitosanitari per l’ingresso degli agrumi e delle mele sul mercato cinese e la possibile riapertura di Pechino alle importazioni di salumi dopo il blocco dovuto all’esplosione in Italia della peste suina, oltre un anno e mezzo fa.
Assica, l’associazione che riunisce i produttori italiani di insaccati, partecipando al dialogo ha detto “di credere fortemente nel mercato cinese, in cui fino a 2 anni fa ha esportato 60milioni di euro”. Ora, l’auspicio è di far ripartire presto le esportazioni.
COSA OFFRE L’ITALIA ALLA CINA
Poiché tra i principali obiettivi della Cina entro il 2035 ci sono la rivitalizzazione delle aree rurali e un aumento della sicurezza alimentare del Paese, l’Italia, sempre secondo il quotidiano economico, mette a disposizione delle imprese cinesi la propria collaborazione “per la modernizzazione delle infrastrutture agricole e alimentari, per aumentare la produttività ma con un basso impatto ambientale”.
Scordamaglia ha infatti voluto sottolineare che “molte aziende italiane sono oggi considerate punto di riferimento globale nella sostenibilità ambientale e possono fornire la tecnologia e gli strumenti necessari per perseguire l’aumento della produzione e la riduzione degli impatti”.
Inoltre, Filiera Italia ha annunciato un imminente accordo con la China Chamber of Commerce of Import and Export of Foodstuffs, di cui però ancora non si conoscono i dettagli.
IL PARTENARIATO A TUTELA IG
Stando a European Food Agency News, tra le intese sottoscritte ce n’è anche una che riguarda la tutela delle indicazioni geografiche (Iigg). Tale protocollo “ambisce a favorire la cooperazione fra Masaf e amministrazione statale cinese per la regolamentazione del mercato (Samr) sul contrasto alla contraffazione nel settore delle Iigg tramite uno scambio di informazioni sui rispettivi quadri normativi, supportato dall’organizzazione di conferenze e attività formative”.
L’accordo vuole inoltre “favorire il dialogo fra il Masaf e la China National Intellectual Property Administration (Cnipa) sugli aspetti regolatori delle Iigg, tramite lo scambio di informazioni, la pubblicazione dei rispettivi elenchi di Iigg e l’organizzazione di eventi e attività formative”.
IL PIANO D’AZIONE PER LA SICUREZZA ALIMENTARE
Infine, sempre secondo Efanews, il Piano d’azione sulla collaborazione nel campo della regolamentazione della sicurezza alimentare fra il ministero della Salute e l’amministrazione statale cinese per la regolamentazione del mercato “prevede lo scambio di informazioni ed esperienze per migliorare la sicurezza delle catene alimentari”.
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