La convocazione in parlamento dell’amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares si è rivelata un boomerang per la classe politica
di TERMOMETRO GEOPOLITICO (Paolo Desogus)
Sia chiaro, era giusto che finalmente si stabilisse un dialogo formale con il capo del gruppo che controlla i marchi dell’ex Fiat. Dalle reazioni, sguaiate, retoriche e inconcludenti si comprende però la dimensione dell’insipienza politica italiana, la sua incapacità di interloquire con un dirigente aziendale i cui interessi sono palesemente ostili al nostro paese.
Carlos Tavares ha sostanzialmente detto che in Italia i costi di produzione sono alti, soprattutto per il prezzo dell’energia e per la modestia delle infrastrutture. Si è inoltre lamentato degli italiani perché comprano poche auto elettriche (il nesso tra bassi salari a cui anche la Fiat ha contribuito e difficoltà ad acquistare un’auto che costa il 40% in più di una a combustione interna non lo sfiora lontanamente). Tavares ha dunque battuto cassa chiedendo incentivi. Direi anzi che più che chiesto, ha minacciato le nostre istituzioni: “senza incentivi ce ne andiamo altrove”.
Da qui sono esplose le reazioni sguaiate da parte di tutti, da destra a sinistra con Confindustria in testa: accuse, denunce, ecc. ecc. Si è sentito un po’ di tutto, tranne l’unica cosa che andrebbe fatta e che qualche tempo fa Giorgetti, in un momento di mistica lucidità, aveva evocato senza poi dare alcun seguito alla sua proposta, ovvero l’ingresso dello stato italiano nel capitale di Stellantis.
Non ci sono ragioni perché lo stato resti fuori. Gli stabilimenti dell’auto, per quanto non più decisivi nella manifattura europea, hanno una rilevanza di primissimo piano per la nostra industria e per l’occupazione. Se veramente Stellantis dovesse mollare gli ormeggi, magari in seguito a una razionalizzazione dovuta alla fusione con Renault, per l’Italia le conseguenze sarebbero molto pesanti, proprio come lo sono state quelle della deindustrializzazione gioiosamente sostenuta anche da sinistra per inseguire il mito di un paese che campa solo di servizi e di turismo nella grande festa dell'”autoattivazione dal basso” e della microimpresa rustico-familiare… come se potessimo campare di bed and breakfast, air bnb e mercatini a chilometro zero aperti il sabato mattina nei centri storici. Lasciamo poi perdere la destra con il suo mito della “fabbrichetta” (con birignao lumbard) e dell’ideologia “sudo-pago-pretendo” trasmesso ai lavoratori da sfruttare come animali.
Delle tante dichiarazioni contro Tavares mi pare che solo la Cgil abbia detto qualcosa di sensato, e cioè che Stellantis non ha un piano industriale. Del resto non si capisce per quale motivo dovrebbe essere l’Italia a compensare i mancati introiti della vendita di auto elettriche se queste non trovano acquirenti: il management non ha forse sbagliato qualcosa? Non ha nulla da rimproverarsi? Tavares, in linea con l’Agnelli-pensiero, è un grande sostenitore del libero mercato nella misura in cui si fanno dividendi per gli azionisti, invece quando calano lo stato assistenzialista diventa una necessità.
Sarebbe ora di finirla con le sciocchezze e abbandonare tutte le idiozie ideologiche degli ultimi trent’anni che hanno portato al disfacimento del tessuto industriale italiano e all’impoverimento del paese. Lo stato entri nel capitale di Stellantis e difenda i propri interessi interferendo sul mercato, esattamente come la Francia, che ha il suo bel pacchetto di azioni, fa con Carlos Tavares.
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