Il rapporto si basa su ricerche sul campo e da remoto effettuate dalla ONG tra il 7 ottobre 2023 e l’inizio di luglio 2024, prendendo in considerazione anche «analisi, sviluppi chiave internazionali e dati generali» fino ai primi giorni dell’ottobre 2024. Sono 212 le persone intervistate – tra le quali sopravvissuti agli attacchi israeliani e operatori umanitari -, decine le immagini satellitari, i filmati e le fotografie analizzati, geolocalizzandoli quando possibile. L’organizzazione dichiara anche di aver tentato per un anno di dialogare con le autorità israeliane, senza aver mai ricevuto risposta.
Nei soli primi due mesi dell’offensiva su Gaza, riporta Amnesty, Israele ha condotto almeno 10 mila attacchi aerei, molti dei quali con armi esplosive sganciate su zone residenziali altamente popolate, ospedali o altre «infrastrutture critiche». Gli attacchi, condotti contro uno dei luoghi «più densamente popolati della Terra», hanno avuto un impatto devastante fin da subito, con migliaia di morti registrati già nelle prime settimane dell’offensiva. I bombardamenti sono continuati ininterrottamente da allora, accompagnati dai continui ordini di evacuazione che hanno costretto il 90% della popolazione di Gaza ad abbandonare le proprie case, oltre che dalle dichiarazioni dei politici israeliani che più volte hanno equiparato i palestinesi a esseri subumani e chiesto l’annientamento della popolazione. «Atti vietati sono stati spesso annunciati o suggeriti da alti ufficiali responsabili dello sforzo bellico», scrive Amnesty.
La rapidità e l’entità della distruzione causata da Israele nella Striscia di Gaza non ha eguali nella storia del XXI secolo. A prescindere che Israele abbia agito con un preciso intento genocida o meno, la visione della popolazione palestinese come sacrificabile (ripetutamente confermata da dichiarazioni di politici e alti ufficiali) «è di per sè una prova dell’intento genocida».
«Tenendo in considerazione il contesto delle preesistenti condizioni di spossessamento, apartheid e occupazione militare illegale in cui questi atti sono stati commessi, abbiamo potuto giungere a una sola ragionevole conclusione: l’intento di Israele è la distruzione fisica della popolazione palestinese di Gaza, in parallelo con l’obiettivo militare, o come strumento per conseguirlo, della distruzione di Hamas» ha dichiarato Agnès Callamard, esperta di diritti umani e segretaria generale di Amnesty, la quale ha anche aggiunto che «I crimini di atrocità commessi il 7 ottobre 2023 da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi contro cittadini israeliani e di altre nazionalità, che comprendono deliberate uccisioni di massa e presa di ostaggi, non possono mai giustificare il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese di Gaza».
La distruzione della popolazione di Gaza, scrive l’organizzazione, non è portata a termine da Israele con i “soli” attacchi militari, ma anche attraverso una precisa strategia che prevede la distruzione di infrastrutture fondamentali per la vita (come gli ospedali), gli ordini di “evacuazione” «generici, arbitrari e confusi per sfollare forzatamente quasi tutta la popolazione» e infine il blocco degli aiuti umanitari e di altro genere, fondamentali per la sopravvivenza dei civili in tale contesto. L’ultimo di questi è avvenuto questa mattina, venerdì 6 dicembre, quando l’esercito israeliano ha nuovamente attaccato l’ospedale di Kamal Adwan, nel nord dell’enclave, nel corso del quale sono stati uccisi almeno quattro membri dello staff. L’«assedio totale» alla città di Gaza, con il taglio dell’energia elettrica e dei rifornimenti di carburante, ha contribuito in maniera determinante ad aggravare una situazione già catastrofica.
Tutto ciò è stato reso possibile, scrive l’organizzazione, anche per l’inazione degli Stati nel resto del mondo. «I governi devono smettere di ritenere che fermare questo genocidio non è in loro potere, dato che è proprio questo atteggiamento ad aver consentito decenni di impunità di Israele per le sue violazioni del diritto internazionale» ha commentato Callamard, che ha invitato i governi a collaborare con la Corte Penale Internazionale, la quale ha emesso mandati d’arresto nei confronti del primo ministro Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Gallant.
Pur giungendo a queste conclusioni dopo oltre un anno di massacro ininterrotto della popolazione, la ricerca costituisce una preziosa aggiunta al lavoro già svolto dalla relatrice speciale ONU per i Territori Palestinesi Occupati Francesca Albanese, che ne aveva illustrato i dettagli in un’intervista rilasciata a L’Indipendente. Ad oggi, la situazione nella Striscia di Gaza si aggrava sempre più: sono oltre 44.500 i morti accertati nell’enclave e almeno 105.454 i feriti. Più del 90% della popolazione (quasi due milioni di persone) è attualmente sfollata e si trova a rischio di grave carenza alimentare. Il 29 dicembre 2023, la Repubblica del Sudafrica ha presentato una causa dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia, accusando Israele di violare gli obblighi sanciti dalla Convenzione sul genocidio del 1948. Le accuse includono la sistematica distruzione del patrimonio umano e culturale palestinese, interpretata come prova della volontà di eliminazione fisica e culturale del popolo palestinese nella Striscia di Gaza. Alla causa si sono uniti molti altri Paesi, tra cui Spagna e Turchia. Moltissimo ancora deve essere fatto, tuttavia, per porre fine al dramma della popolazione palestinese.
Commenti recenti