La censura diventa più democrazia?
da CONFLITTI E STRATEGIE (Gianfranco La Grassa)
I tempi nuovi svelano vecchi inganni.
La democrazia si rivela per quello che è: una pantomima che ha smesso persino di essere funzionale al sistema e all’epoca in corso. Di conseguenza, viene tutelata ricorrendo alla dittatura, abbandonando anche le apparenze di riti elettorali che, in ogni caso, non hanno mai cambiato nulla. Se i sinceri democratici non vincono le elezioni, queste vengono annullate, come accaduto in Romania e come accadrà in Germania qualora a vincerle fosse l’AfD. Lo ha già annunciato l’ex eurocommissario Thierry Breton.
La libertà è una farsa che dura finché tutti sono liberi di fare le stesse scelte. Se qualcuno inizia a esercitare la propria libertà in modo indipendente e non conforme ai poteri costituiti, viene censurato. Questo è ciò che sta accadendo in Italia ai promotori del film sul Donbass, perseguitati dai russofobi che vogliono impedirne la proiezione. Il peggio è che si mobilitano persino parlamentari e media, che si vantano di essere sostenitori del pluralismo, per mettere a tacere chi non è allineato, ricorrendo a campagne di odio e diffamazione.
Esattamente come nelle dittature, si afferma che per difendere la democrazia e la libertà sia necessario sopprimerle. Tuttavia, si sostiene paradossalmente che democrazia e libertà represse equivalgano a “più democrazia” e “più libertà”. Tutti democratici, insomma, fino a quando la democrazia non minaccia le loro idee e posizioni.
Poiché siamo in guerra, per ora nascondendo la mano mentre armiamo chi combatte sul campo, tornano in auge i principi della propaganda di guerra identificati da Arthur Ponsonby nel suo famoso, ma dimenticato, libro Falsehood in War-Time (1928). Con la scusa di fermare la propaganda del nemico, ci stanno inondando con la loro disinformazione e con le loro bugie, seppellendo definitivamente, sotto una pietra tombale, l’ingiustificata superiorità morale (ma reale crudeltà) di cui l’Occidente si è sempre vantato.
Arthur Ponsonby, nel suo libro Falsehood in War-Time (1928), espone i principi fondamentali della propaganda di guerra, che manipolano le masse attraverso menzogne.
1. Noi non vogliamo la guerra, il nemico sì.
Ogni nazione si presenta come amante della pace, costretta a entrare in guerra a causa dell’aggressività del nemico.
2. Il nemico è il solo responsabile della guerra.
Tutta la colpa del conflitto viene attribuita all’avversario, dipinto come irrazionale, crudele o espansionista.
3. Il nemico è moralmente riprovevole.
Il nemico viene demonizzato attraverso storie atroci, spesso false, per alimentare l’odio e giustificare il conflitto.
4. Stiamo combattendo per una causa nobile, non per interessi personali.
La guerra viene presentata come una lotta per la libertà, la democrazia o altri ideali elevati, mentre gli interessi materiali e politici vengono nascosti.
5. Il nemico compie atrocità deliberatamente, noi no.
Si diffondono racconti esagerati o inventati sulle crudeltà del nemico, mentre si minimizzano o giustificano le proprie azioni.
6. Il nemico usa armi illegali.
Si accusa il nemico di violare le regole della guerra, mentre le proprie tattiche vengono legittimate come necessarie e difensive.
7. Le perdite nemiche sono enormi, le nostre minime.
Si manipolano i dati per mostrare il nemico come vulnerabile e prossimo alla sconfitta, enfatizzando i propri successi.
8. Gli intellettuali e gli artisti sostengono la nostra causa.
Si mobilitano figure pubbliche di spicco per legittimare moralmente la guerra, creando consenso sociale.
9. La nostra missione è sacra.
Alla guerra viene attribuita una dimensione religiosa o morale, presentandola come un dovere per il bene dell’umanità.
10. Chiunque dubiti della propaganda è un traditore.
Il dissenso viene soffocato, accusando i critici di essere complici del nemico e scoraggiando qualsiasi opposizione.
Prepariamoci al peggio e al superamento di ogni suo limite.
Sotto un esempio di questo superamento:
FONTE: http://www.conflittiestrategie.it/la-censura-diventa-piu-democrazia
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