Perché Trump schiaffeggia Onu e Cina su sanità e clima. Parla il prof. Del Pero
DA START MAGAZINE (Di Marco Orioles)
Le prime mosse di Trump alla Casa Bianca commentate da Mario Del Pero, docente di Storia Internazionale e di Storia degli Stati Uniti all’Institut d’Études Politiques – Sciences Po di Parigi.
Che cosa ci dicono le prime 48 ore di vita della Casa Bianca trumpiana? Come interpretare la lenzuolata di ordini e provvedimenti anche molto duri siglati sin dal primo giorno? E quali indizi ci danno sul profilo del Trump 2?
Ecco l’opinione di Mario Del Pero, docente di Storia Internazionale e di Storia degli Stati Uniti all’Institut d’Études Politiques – Sciences Po di Parigi.
Il Trump due comincia con una raffica di ordini esecutivi. Una consuetudine, certo, ma cosa ci ha messo in più Trump?
È vero, è una prassi. Si governa per via esecutiva con questi decreti, ordini esecutivi ma anche con altri strumenti di cui dispongono i presidenti, ad esempio con quelle che vengono chiamate indicazioni attuative alle burocrazie federali su come applicare le leggi per piegare l’azione di queste stesse leggi ai propri obiettivi politici.
È un’elefantiasi del potere esecutivo?
Direi che il problema è che si fa sempre più fatica a legiferare. Da questo punto di vista il primo biennio di Biden ha rappresentato un’eccezione. Ma nella norma, con un Congresso polarizzato e diviso, è molto difficile raggiungere i compromessi necessari di un iter legislativo. Di qui l’abitudine invalsa in tempi recenti che vede i presidenti appena entrati in carica promulgare tutta una serie di provvedimenti che in buona parte mirano a smantellare l’azione dell’amministrazione procedente.
E Trump in questo dunque non si discosta dalla norma?
No, anche se la sua particolarità sta nell’aver emanato i suoi decreti con forme molto aggressive. Quel che lui ha messo in più inoltre è una narrazione di questi stessi ordini funzionale a rafforzarne la simbologia e a mettere in pratica il peculiare modello di nazionalismo che è proprio del nuovo presidente.
Drill baby drill è stato uno degli slogan più applauditi del discorso inaugurale di Trump. Che politica energetica dobbiamo immaginarci dalla nuova amministrazione?
La politica energetica è uno degli aspetti già ora più chiari della nuova amministrazione. Sarà basata su una robusta dose di deregulation a beneficio soprattutto dell’industria estrattiva dei combustibili fossili, dove si concentrano poi, ma non è un segreto, i grandi sostenitori di Trump e in generale del Partito repubblicano. Sarà una politica declinata in chiave di rafforzamento della sovranità e dell’autonomia, e guidata dalla convinzione che il possesso di risorse naturali consente di vivere meglio e di aumentare il benessere.
Non a caso già il giorno dell’insediamento si annunciava l’uscita degli Usa dagli accordi sul clima.
Infatti, e qui possiamo intravvedere ciò che fa di questa amministrazione un unicum nel panorama mondiale, ossia un ruvido negazionismo dei cambiamenti climatici. Vorrei in tal senso sottolineare la peculiarità tutta americana di questa linea, ricordando che anche George W. Bush si comportò in maniera simile più di vent’anni fa con il protocollo di Kyoto.
Ma gli Usa non sono già i primi produttori al mondo?
Sì, ma l’enfasi sull’autosufficienza è figlia di una visione tutta ideologica della competizione globale e del necessario e connesso affrancamento da ogni forma di dipendenza strategica. L’interlocutore a cui si pensa è in particolare la Cina.
Perché uscire dall’Organizzazione Mondiale della Sanità?
La mossa di uscire dall’OMS è una sorta di dito nell’occhio alla comunità internazionale e, indirettamente, alla complessa architettura delle Nazioni Unite. Anche qui pesano gli elementi simbolici e in particolare il rigetto dell’internazionalismo liberale che caratterizza non solo il trumpismo ma l’universo repubblicano più in generale. Basti ricordare che Reagan uscì clamorosamente dall’Unesco. Decisioni come queste non vanno sottovalutate perché segnalano la volontà di marcare il passaggio da un sistema multilaterale e normato di gestione delle grandi questioni internazionali a una forma spiccata di unicameralismo
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