Trump riceve Netanyahu alla Casa Bianca e altre notizie interessanti
di LIMES (Mirko Mussetti)

USA – ISRAELE
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ricevuto alla Casa Bianca il primo ministro di Israele Binyamin Netanyahu. I due leader si sono confrontati su un eventuale cessate-il-fuoco nella Striscia di Gaza e hanno celebrato la “schiacciante” vittoria sulla Repubblica Islamica dell’Iran. Durante la cena nella Sala Blu, “re Bibi” ha comunicato a The Donald di aver inviato una lettera ufficiale di nomina al Comitato norvegese per proporre di insignire il presidente americano del premio Nobel per la pace. Le parole pronunciate sono di chiara matrice adulatoria e di sostegno alla dirompente politica estera del tycoon: “Sta forgiando la pace”. La nomina ha sicuramente lusingato Trump, che non ha mai fatto mistero di ambire al prestigioso riconoscimento.
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SIRIA
Gli Stati Uniti di Donald Trump hanno revocato lo status di organizzazione terroristica straniera al Comitato di liberazione del Levante (Hts, Hay’at Tahrir al-Sham), gruppo armato salafita a cui apparteneva il presidente ad interim della Siria Ahmad Husayn al-Shara’a, meglio noto con il nome di battaglia al-Jolani. Dopo anni di guerra civile, terminata con il rovesciamento del governo di Bashar al-Asad, la Casa Bianca si impegna a sostenere la ricostruzione della Siria. Anche chiudendo un occhio sui trascorsi jihadisti del nuovo leader di Damasco e dei membri del suo esecutivo. Hay’at Tahrir al-Sham era entrata a far parte della black list statunitense nel 2018 a causa dei legami con al-Qaida. Invero, Hts è stato formalmente sciolto nel gennaio 2025 per permettere ai suoi combattenti di confluire nell’esercito regolare siriano. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha optato per mantenere in vigore le sanzioni contro gli ex membri del gruppo, tra cui il capo di Stato al-Shara’a, atteso a settembre al Palazzo di Vetro per partecipare ai lavori dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
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GUERRA D’UCRAINA
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato la ripresa delle forniture militari all’Ucraina, pochi giorni dopo averne ordinato la sospensione: “Devono potersi difendere, stanno subendo attacchi pesanti”. Il Pentagono ha confermato che le consegne riprenderanno subito, pur continuando a monitorare con attenzione i tipi di armi assegnate ai vari paesi, affinché siano rispettate le priorità strategiche a stelle e strisce. Nell’ultima settimana, le Forze armate della Federazione Russa hanno scagliato contro il paese aggredito ben 1.270 munizioni circuitanti (droni kamikaze), 39 missili e quasi mille bombe plananti ad alta capacità esplosiva. Nel frattempo, Kiev ha siglato nuovi accordi con l’azienda statunitense Swift Beat – fondata dall’ex amministratore delegato di Google Eric Schmidt – e altri partner privati europei per incrementare la produzione domestica di droni. L’intesa prevede la realizzazione di centinaia di migliaia di dispositivi nel 2025, inclusi apparecchi intercettori, quadricotteri e alcuni modelli idonei per attacchi a lungo raggio.
Per approfondire: Guerra in Ucraina e legittima difesa
RUSSIA IN ARMENIA
Secondo un rapporto dell’intelligence militare dell’Ucraina, la Federazione Russa si appresta a potenziare la propria base militare a Gyumri nell’Armenia settentrionale, non distante dal confine con la Turchia. Il comando del distretto militare meridionale avrebbe disposto il trasferimento urgente nella più grande struttura russa del Caucaso meridionale di soldati provenienti dalla 8ª, 18ª, 49ª e 58ª armata (tutte assegnate al distretto meridionale) selezionati sulla base dell’idoneità e prontezza al combattimento. Il governo dell’Armenia ha smentito l’esistenza di un simile piano. Le tensioni tra Russia e Azerbaigian potrebbero aver spinto Mosca a decidere per un dirottamento di preziose risorse militari verso sud per segnalare alle scontrose ex repubbliche sovietiche chi è la vera potenza nella regione.
Per approfondire: Cosa segnala la nuova crisi tra Russia e Armenia

DAZI USA
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha consegnato un ultimatum a 14 paesi: i dazi aumenteranno fino al 25% a partire dal 1° agosto se non sarà raggiunta un’intesa commerciale con Washington. Fra i paesi colpiti dal provvedimento figurano Giappone e Corea del Sud, alleati chiave dell’America nel contenimento della Repubblica Popolare Cinese. Il tycoon ha comunicato la decisione tramite delle lettere indirizzate ai leader dei 14 paesi selezionati: Giappone, Corea del Sud, Sudafrica, Kazakistan, Bangladesh, Myanmar, Laos, Cambogia, Thailandia, Malaysia, Indonesia, Tunisia, Bosnia Erzegovina e Serbia. Secondo l’inquilino della Casa Bianca, le tasse doganali al 25% sono un atto di benevolenza, poiché per colmare il profondo deficit commerciale a stelle e strisce l’alquota dovrebbe essere molto più alta.
Per approfondire: I dazi come specchio dei tempi





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