False memorie che non passano
da GABRIELE GERMANI (Canale Telegram)
di Andrea Alexandro
“Il colonialismo italiano era diverso più umano” ecco chiunque si sia occupato dell’ambito coloniale (nel mio caso la Colonia Somala) sa perfettamente che si tratta di una sciocchezza sesquipedale, ma l’ho sentita non più tardi di ieri l’altro su un canale amico. Non voglio ora addentrarmi in un’analisi del fenomeno coloniale italiano che comunque produrrebbe un bilancio implacabile e a tinte fosche sotto ogni punto di vista (lavoro coatto, colonizzazione, bananieri fascisti, guerre coloniali, il madamato e poi la Pai in camera e l’apartheid, ecc), mi riservo di farlo quando mi verrà voglia più avanti. Ora è interessante capire la nascita e la persistenza del falso mito.
La subitanea perdita dell’impero coloniale dopo la seconda guerra mondiale ha segnato una cesura netta tra la società civile di questo paese e tutto ciò che è colonia. Manca una memoria, manca una coscienza e gli stessi studi hanno sofferto di un interesse molto minore. Siamo monchi quindi di una memoria oggettiva e di un’analisi terza sul fenomeno. Per anni ha spadroneggiato la classe minuta dei reduci, degli ex colonie e dei funzionari. Non si può qui non citare la chiusura per un decennio degli archivi della Colonia Somala e del periodo AFIS (amministrazione fiduciaria Italiana della Somalia 1950/60) aperti ai soli ex funzionari coloniali, che hanno potuto produrre materiale e libri di infimo valore documentale e storico e che a tutt’oggi infestano le più grandi biblioteche dei capoluoghi di provincia, inorgogliendo bibliotecari alquanto impreparati. Con un ritardo decennale e solo dopo aver recuperato i materiali più spinosi nelle case dei funzionari stessi e ricostruito il corpus archivistico si è potuto cominciare finalmente uno studio critico della storia coloniale nazionale.
Il monopolio della memoria in mano ai reduci: dalle narrazioni fantastiche di Indro Montanelli ai memoriali egoriferiti (e di pancia) dei coloni. Il mito della gioventù, del genio italico e delle virtù militari del paese ha ingigantito a dismisura la visione positiva della dominazione coloniale in Africa, producendo un paravento di pura fantasia che ha calamitato la visione delle persone comuni e producendo una memoria riflessa falsata, interiorizando l’entusiasmo dei coloni. Un numero di coloni risibile rispetto a quello di altri imperi coloniali, creando quindi una di corporazione compatta degli ex.
Se in Francia gli archivi d’oltremare sono stati raccolti subito ad Aix en Provence e presi in carico dall’università della città che ha così immediatamente dato il via a studi critici e la memoria nostalgica dei moltissimi coloni ha trovato un contraltare sia negli studi critici che nel pubblico generale attraverso i movimenti a favore della decolonizzazione. Nulla di ciò è successo in Italia. Da noi ci sono stati i nostalgici col mal d’Africa in Stetson e uniforme bianca, con in bocca: “che fastidio sti moretti” e dall’ altro lato il nulla, al resto della popolazione non interessava il mondo coloniale e le sue memorie, se non come trastullo salgariano.
Eccezioni della prima epoca il notissimo Angelo del Boca, che ha lottato con i denti contro i mitizzatori e Fabio Grassi, che ha introdotto lo studio coloniale nella dinamica di concorrenza tra colonie d’oltremare e colonia interna (il mezzogiorno) e solo dopo un decennio dall’apertura degli archivi è arrivata una generazione di studiosi.
L’assenza di studi critici per lungo tempo, uno scarso interesse del pubblico per gli stessi e di una memoria generale a cui se ne è giustapposta una particolare interessata permette che ci sia ancora chi sproloquia con questi miti deliranti. Purtroppo il fenomeno non si chiuderà con l’esaurimento fisiologico dei coevi, ma si perpetuerà nella memoria nazionale avendo lasciato il suo germe maligno che per di più piace alla nuova destra imperiale.
FONTE: https://t.me/gabgerm/2770





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