La crescita delle energie e non sprecare il tempo passato
di GABRIELE GERMANI (Canale Telegram)

Per anni in Italia tutti quelli di una certa area hanno vissuto di guerre intestine, fratricide e dibattiti sterili.
Il movimento per la Palestina è arrivato così rapidamente che ci ha lasciati senza parole.
In parte direi che questo grande movimento è stato il risultato, direi eroico, di tutti quelli che nei più piccoli comuni, in ogni iniziativa, presidio anche in pochissimi hanno continuato a portare avanti la causa.
L’insistenza morale è stata tanta e tale da diventare non arginabile e alla fine esplodere in marea.
Oggi la domanda che riecheggia ovunque è: che fare?
Quella piazza non era politicizzata (non solo), era una piazza morale (associandomi a Spinoza direi che è stata “etica” solo per alcuni, ma non può esserlo per tutti).
Quella piazza è politicizzabile? In qualche modo si e no.
L’indignazione rifluirà, già ora con la finta tregua (finta perché rimangono in piedi tutte le condizioni coloniali che hanno posto in essere il conflitto) il sentimento in una parte del paese, più moderata sta scemando, è fisiologico.
Quindi dobbiamo rassegnarci?
No, dobbiamo costruire uno strato, far si che questo momento non scemi senza aver lasciato traccia.
Come diceva giorni fa Osservatorio Italiano sul Neoliberalismo e sento di concordare, la sola possibilità che questa momento politico non sia sprecato è far si che migliaia di persone scese in piazza ritrovino la voglia di fare militanza in associazioni, fare volontariato, riattivarsi, magari iscriversi a un sindacato o a un partito (consapevoli degli enormi limiti di queste ultime due proposte in ogni salsa), tornare a confrontarci con gli altri, discutere, litigare, fare comunità (quindi più o meno esplicitamente politica).
Dobbiamo scappare dal neoliberismo, dal nostro bisogno individuale di aver ragione e riaprirci al prossimo in un confronto. Tornare un po’ (senza eccessi sterili) alle assemblee lunghe e fumose, di ore e ore, che diventano anche un po’ psicodramma, ma che permettono poi a tutti di tornare a casa con un discorso condiviso, magari conflittuale, ma condiviso.
Il neoliberismo non crea individui, genera nebulose esistenziali senza progetti, frammentate e spesso rabbiose, tutte in competizione con gli altri. La militanza, la comunità, la discussione creano un gruppo e ognuno di noi dal gruppo (per quanto conflittuale) nasce e matura come persona, come soggetto politico.
Penso che sia questo lo strato che dobbiamo ricavare dal movimento filo-palestinese: una nuova ondata di militanza e attivismo per riprendere un discorso diverso e alternativo nella società a tempo debito.
Dal canto mio, per non predicare bene e razzolare male, mi iscriverò a un sindacato autonomo e di base, cercando di portare il mio pezzettino di militanza nel fiume collettivo.
Fonte: https://t.me/gabgerm/3137





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