I re taumaturghi
da Marc Bloch, “I re taumaturghi” (1924), Einaudi, Torino 1989, proposta da Rosino.
Dalla prefazione di Jacques Le Goff (pagg. xxvɪɪ-xxvɪɪɪ):
“Nella ricerca delle «origini», cioè dell’inizio cronologico del miracolo regio, Marc Bloch incontra subito due temi essenziali della sua opera: il legame tra il potere taumaturgico della consacrazione, più precisamente l’unzione, e la forza politica e il ricorso al sacro.
Come dicono i manuali liturgici della consacrazione dei re di Francia […] nel secolo XIII, la cerimonia comprende due aspetti, che sono anche due fasi successive della cerimonia: la consacrazione o unzione e l’incoronazione. È dall’unzione che i re di Francia derivano il loro potere miracoloso. Ciò che farà del re di Francia colui che sarà chiamato alla fine del me-dioevo re cristianissimo, ciò che lo colloca al di sopra degli altri re della cristianità, è il fatto che l’olio con cui è unto durante la consacrazione è l’unico che abbia una origine soprannatu-rale. […] Il re di Francia è l’unico a essere unto da un olio divino, venuto dal cielo (ci si pren-de ben cura che la regina sia unta con olio naturale). Ma nel secolo XIV la monarchia inglese rivendicherà il medesimo privilegio. […]
Marc Bloch esaminava il clima politico che si affermava fin dall’inizio in questa genesi del tocco regio. Politica dei re verso
Il miracolo regio è uno dei segni e degli oggetti di emulazione e di concorrenza della gran-de rivalità franco-inglese del medioevo”.
Dall’introduzione (pag. 6):
Non si potevano ovviamente considerare i riti di guarigione isolatamente, indipendente-mente da tutto quel gruppo di superstizioni e di leggende, che costituisce il «meraviglioso» monarchico: sarebbe stato condannarsi fin da principio a vedere in essi null’altro se non un’a-nomalia ridicola, senza nesso con le tendenze generali della coscienza collettiva. Mi sono val-so di essi come un filo conduttore per studiare, segnatamente in Francia e in Inghilterra, il ca-rattere soprannaturale attribuito per molto tempo alla potenza regale, ciò che si potrebbe chia-mare, facendo uso di un termine che i sociologi hanno leggermente deviato dal suo significato primitivo, la regalità «mistica». La regalità! La sua storia domina tutta l’evoluzione delle isti-tuzioni europee. Quasi tutti i popoli dell’Europa occidentale sono stati governati fino ai giorni nostri da re. Lo sviluppo politico delle società umane nei nostri paesi, si è riassunto quasi es-clusivamente, per un lungo periodo, nelle vicissitudini del potere delle grandi dinastie. Orbe-ne, per capire che cosa furono le monarchie di una volta, per spiegare soprattutto il loro lungo dominio sullo spirito degli uomini, non basta affatto descrivere, fin nell’ultimo particolare, il meccanismo dell’organizzazione amministrativa, giudiziaria, finanziaria, che esse imposero ai loro sudditi; non basta neppure analizzare in astratto o cercare di trarre da qualche grande teo-rico i concetti di assolutismo o di diritto divino. Occorre anche penetrare le credenze e le leg-gende, che fiorirono attorno alle case principesche. Su molte cose tutto questo folklore ci dice di più di qualunque trattato dottrinale”.
Dal capitolo primo: Gli inizi del tocco delle scrofole (pagg. 15-18):
“Con il termine di «écrouelles», o più spesso quello di «scrofule», che non è se non la for-ma dotta del primo (le due denominazioni, la popolare come la dotta, provengono difatti dal latino scrofula), i medici designano oggi l’adenite tubercolare, ossia le infiammazioni delle linfoghiandole causate dai bacilli della tubercolosi. Va da sé che prima della nascita della bat-teriologia una simile specializzazione dei due nomi, che risalgono alla medicina antica, non e-ra possibile. Le varie affezioni ganglionari non erano ben distinte le une dalle altre; […] tutte queste affezioni erano chiamate uniformemente in francese ècrouelles, in latino scrofula o strumae, poiché questi due termini passavano ordinariamente per sinonimi. […] Ma il lin-guaggio popolare era più impreciso del vocabolario tecnico; le linfoghiandole più facilmente attaccate dalla tubercolosi sono quelle del collo, ma quando il male si sviluppa inesorabilmen-te e si producono suppurazioni, può benissimo sembrare colpito il viso […]. Le adeniti tuber-colari sono ancora oggi molto diffuse; quanto lo erano dunque un tempo, in condizioni igieni-che nettamente inferiori alle nostre? Aggiungiamo loro col pensiero le altre adeniti, e tutto quel vago gruppo di malattie di ogni sorta che l’errore pubblico confondeva con esse: avremo un’idea delle devastazioni che potevano produrre, nella vecchia Europa, quelle che si denomi-navano le «scrofole». […] Innumerevoli malati, aspiranti ardentemente alla guarigione, pronti a ricorrere ai rimedi indicati loro dalla voce popolare: ecco lo sfondo del quadro che lo storico del miracolo regio deve tener sotto gli occhi.
Che cosa fu questo miracolo, l’ho già ricordato. Nell’antica Francia le scrofole erano cor-rentemente chiamate il mal le roi; in Inghilterra erano dette: King’s Evil. I re di Francia e In-ghilterra, mediante il semplice tocco delle loro mani, compiuto secondo i riti tradizionali, pre-tendevano di guarire gli scrofolosi. Quando cominciarono ad esercitare questo miracoloso po-tere? Come furono portati a rivendicarlo? Come furono indotti a riconoscerlo i loro popoli? […] ci accostiamo a un passato molto oscuro; rassegniamoci fin d’ora a fare larghissima parte alle ipotesi; esse sono permesse allo storico, purché non le dia per certezze. E, prima di tutto, cerchiamo di raccogliere i testi più antichi, relativi, come si diceva una volta, ai «principî me-dici». […]
Il primo documento in cui, senza possibilità di equivoco, compaia il tocco francese, lo dob-biamo al caso di una controversia abbastanza singolare. Verso l’inizio del secolo XII il mona-stero di Saint-Médard di Soissons pretendeva di possedere una reliquia, insigne fra tutte: un dente del Salvatore, un dente da latte si diceva. Per diffondere meglio la gloria del loro tesoro, i religiosi avevano fatto comporre un opuscolo, che noi non abbiamo più, ma di cui si può, grazie a tanti altri esempi, immaginare la natura: raccolta di miracoli, libretto ad uso dei pelle-grini, senza dubbio una produzione abbastanza rozza. Orbene, non lungi da Soissons viveva allora uno dei migliori scrittori del tempo, Gilberto, abate di Nougent-sous-Coucy. La natura l’aveva dotato di uno spirito giusto e fine; forse anche qualche oscura questione […] contri-buiva a rendere più esigente, in quel caso, il suo amore per la verità. Egli non credeva all’au-tenticità del dente illustre; […] nacque così quel curioso trattato des Reliquies des Saints […] in cui ai giorni nostri si è contenti di rilevare, fra tanta confusione, le prove di un senso critico abbastanza sciolto, ben raro nel secolo XII. È un’opera piuttosto slegata, che contiene, accanto ad aneddoti piacevoli, una serie di considerazioni alquanto disparate sulle reliquie, sulle visio-ni e sulle manifestazioni miracolose in genere. Apriamo il primo libro. Gilberto, in perfetta conformità con la dottrina più ortodossa, svolge l’idea che i miracoli non sono per se stessi in-dice di santità. Hanno Dio solo per autore; e la divina Saggezza sceglie come strumenti, «co-me canali», gli uomini che, anche empi, si confanno ai suoi disegni. Seguono alcuni esempi tratti dalla Bibbia e persino dagli storici antichi, che per un letterato di quel tempo erano og-getto di una fede cieca quasi quanto lo stesso Libro Sacro […]. A questo punto Gilberto ag-giunge:
Che dico? Non abbiamo visto il nostro Signore, il re Luigi, far uso di un prodigio consuetudinario? Ho vedu-to con i miei occhi dei malati sofferenti di scrofole nel collo o in altre parti del corpo, accorrere in gran folla per farsi toccare da lui, – al quale tocco aggiungeva un segno di croce. Io ero là, vicinissimo a lui, e lo difen-devo persino contro la loro importunità. Il però mostrava verso di essi la sua generosità innata; avvicinandoli con la mano serena, faceva umilmente su di essi il segno della croce. Anche suo padre, Filippo, aveva eser-citato con ardore questo stesso potere miracoloso e glorioso; non so quali errori, da lui commessi, glielo fe-cero perdere.
Che cosa si può dedurre?
Innanzi tutto questo: che Luigi VI (il cui regno si estende dal 1108 al 1137) era reputato in possesso del potere di guarire gli scrofolosi; i malati andavano a lui in gran folla e il re, per-suaso anch’egli della forza miracolosa che il cielo gli aveva impartita, cedeva alla loro pre-ghiera. E ciò non una sola volta, per caso, in un momento di entusiasmo popolare eccezionale; siamo in presenza di una pratica consuetudinaria, di un rito regolare rivestito delle stesse for-me che gli saranno proprie di un rito regolare rivestito delle stesse forme che gli saranno pro-prie per tutto il periodo della monarchia francese: il re tocca i malati e fa su di essi il segno della croce; questi due gesti successivi rimarranno tradizionali. Gilberto è un testimonio ocu-lare, che non possiamo ricusare; incontrò Luigi VI a Laon e forse in altre circostanze; la sua dignità di abate gli valeva un posto presso il sovrano”.
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