Gli sparanumeri
Quanti degli attuali pseudo-economisti, italiani e stranieri, che infestano i format televisivi, pontificando e sparando numeri e cifre che, si badi bene, hanno come riscontro oggettivo solo delle simulazioni sulla carta, erano a fare un mestiere reale nel 1992, all’epoca dell’uscita dallo SME dell’Italia? Quanti di essi si erano già laureati e capivano realmente ciò che in tanni anni avevano studiato? Scommetto che la maggior parte di costoro ne hanno solo sentito parlare.
Chi potrebbe realmente dirvi come andarono le cose sono i capitani d’industria dell’epoca, come ad esempio i Barilla, i Rana, gli Amadori, i Merloni, i Zanussi ma anche migliaia di altri piccoli imprenditori che all’epoca avevano a che fare con aziende estere.
Oggi vi voglio parlare di quello che successe ad uno di quest’ultimi, cioè al sottoscritto.
All’epoca avevo meno di 30 anni ed ero l’addetto agli acquisti-vendite del negozio di arredamenti di famiglia. Non un grosso negozio ma una struttura intorno ai 350mq, aperto dal 1972 e gestito completamente in famiglia. Esso dava lavoro a 5 persone, e ogni anno veniva archiviato con un utile operativo soddisfacente. L’economia era già materia che mi appassionava ma la usavo soprattutto per far quadrare i conti in negozio: erano ancora molto lontani i tempi in cui lei si sarebbe interessata di me.
Nel 1990 facemmo un accordo commerciale con una nota marca mobiliera francese: la “Ligne Roset” (conosciuta anche con il marchio “Cinna”). Essa produceva mobili da giorno e da notte, oltre ad ottimi divani rivestiti soprattutto con l’italianissima “Alcantara” della Montedison. I prodotti a catalogo erano ricercati e di design raffinato, mentre i prezzi erano in linea con quelli dei maggiori competitor nazionali. Decidemmo di prendere l’esclusiva di zona e firmai il contrato. Questa collaborazione partì con una campionatura iniziale di 4 ambienti. Il prodotto venne subito ben recepito e ci diede ottime soddisfazioni, tanto che decidemmo di aumentare il numero di articoli in expo. Per farla breve il 1990 si chiuse con circa £50 milioni di acquisti che divennero ca. 80 l’anno successivo. Ad inizi ’92 era una delle 5 ditte a cui tenevo maggiormente. Le vendite continuavano a dare ottimi risultati mentre i Tiggì, ieri come oggi, parlavano di debito pubblico elevato, crisi economica e sue possibili soluzioni. I BOT rendevano interessi a doppia cifra e l’inflazione era intorno al 6%. Ricordo distintamente i vari telecronisti che parlavano degli attacchi speculativi contro la Lira. Le diverse soluzioni provate dal governo sembravano non servire a nulla: tutte le aperture dei Tiggì erano dedicate all’economia. Dopo aver bruciato quasi integralmente le riserve di valuta pregiata in poche settimane (£50.000 miliardi di controvalore), dalla sera alla mattina il governo decise di abbandonare il cambio rigido imposto dallo SME credibile (banda d’oscillazione tra il -2,5% e il +2,5%) e di svalutare la moneta: si cominciò con un BOTTO del -7% in un sol colpo.
Nell’arco di 24 ore arrivò un fax dalla Francia (a cui seguì raccomandata a/r) che imponeva un aumento del listino del +10% con decorrenza immediata. In pratica non avrei avuto neanche il tempo di avvisare i diversi clienti che avevano fatto preventivi nei giorni precedenti e che sarebbero tornati per concludere l’acquisto. A molti di essi offrii i prodotti in expo con ulteriore sconto aggiuntivo, intanto la Lira continuava a svalutarsi una settimana si e l’altra pure, mentre i fax (e le raccomandate) arrivavano oramai a cadenza bisettimanale.
Mi resi conto immediatamente che i loro prezzi erano completamente fuori mercato e nell’arco di due mesi dimezzai i prodotti in vetrina, vendendoli al “meglio”. Mi misi freneticamente in contatto con altri fornitori nazionali concorrenti e in men che non si dica sostituimmo l’intero parco prodotti: il 1992 lo chiudemmo con soli 30 milioni di fatturato verso “Ligne Roset” e a fine anno cessammo definitivamente i rapporti commerciali. In un anno l’azienda francese bruciò tutto il portafoglio clienti italiano e chiuse anche diversi show-room diretti. Dal mio canto non subii alcuna perdita di fatturato poiché i clienti si lasciarono allettare dai prodotti alternativi altrettanto validi, offerti ad un costo anche inferiore.
Ancora oggi ho qualche minima rimanenza “francese” che mi ricorda i bei tempi andati, quelli di quando lavoravi guadagnandoci pure!
La svalutazione complessiva della £iretta fu pari a circa il 27% e ci diede la benzina necessaria per arrivare in buona salute industriale sino al 1996/7, anni in cui Prodi & co decisero di dover rivalutare la moneta per entrare a far parte del “ristretto club” €uro (taroccando all’uopo anche diversi conti, aggiustati al meglio con elaborati quanto truffaldini derivati finanziari), conosciuto anche con il nome “frega il tuo vicino”, dove noi si faceva –e pure con immensa gioia- la parte dei polli da spennare.
Se qualche penna venduta si prendesse la briga di intervistare sull’argomento, ad esempio, il sig. Francesco Amadori, questi gli saprebbe certamente dire circa l’incremento a tre cifre dell’export dei suoi di polli, verso U€ avuto negli anni successivi al 1992. Quelli furono gli ultimi anni che l’Italia avrebbe detto la sua sul panorama industriale mondiale. Poi, grazie ai nuovi accordi calati dall’alto dalla U€ e solertemente firmati dai nostri grandi politici ed “economisti”, si cominciò a preferire esportare aziende piuttosto che prodotti.
Cari pseudo-economisti,
dove eravate all’epoca? Cosa facevate oltre che scrivere inutili “phamplet”, simulando fatti che forse non potevate capire e che non sarebbero mai avvenuti? Chi riempiva la vostra lauta ciotola per farvi vomitare tutte le castronerie a cui ci avete costretto a dare retta? Da dove tirate fuori le vostre analisi cialtronesche e mistificatrici?
È comodo e bello pontificare sul nulla farcito di niente, fatto di numeri e casi mai riscontrabili realmente.
Avete tradito il Popolo e anche la matematica.
Una Patria, un Popolo e una propria Moneta da piegare alle esigenze della Nazione. Questo vogliono gli italiani.
Una Costituzione a cui obbedire già l’abbiamo.
Buon Natale e buona fortuna a tutti.
Roberto Nardella, ARS Puglia.
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