La sudditanza del cittadino americano… che molti italiani desiderano

di GIAMPIERO CINELLI (ARS Lazio)

Non è sufficiente l’aver subito (che sia un bene o un male non è questo il punto) un’evidente colonizzazione culturale da parte degli statunitensi, ora vogliamo anche mutuare il loro vivere civile. Come sapete gli americani nei confronti della politica hanno un approccio “movimentista”. Un movimento non è un partito e non è parte attiva nelle vicende istituzionali, si limita solamente a fare pressioni sulle istituzioni affinché i partiti non facciano o facciano qualcosa. Poi, una volta sventata la minaccia o ottenuto ciò che si desiderava, tutti i membri del movimento tornano alla loro vita quotidiana, o comunque continuano il loro impegno nel movimento ma senza particolari fiammate. Un movimento è qualcosa di enormemente limitato e debole, perché tutto ciò che ottiene o impedisce può essere cancellato o riaffermato in un battibaleno; tanta fatica per nulla, e altra fatica per rimettersi di nuovo in gioco.

Fatto sta, che il comune cittadino americano intende così la politica, non rendendosi conto che l’unico modo per perpetuare le sue istanze, è saldarle e tutelarle attraverso un’azione partitica costante e duratura nel tempo. In realtà molti americani questo lo capiscono anche, ma sono convinti (a torto o ragione) che non potrebbero mai farsi spazio tra i muri delle potentissime lobbies per arrivare ad essere entità parlamentari; ecco quindi che accettano di buon grado la loro condizione di sudditi. I sudditi non possono erigere modelli, possono solo protestare e reclamare sperando d’essere ascoltati. È per questo – e credetemi io non l’avevo afferrato in pieno – che per l’establishment Usa è così importante confondere l’opinione pubblica, ad esempio facendo passare per missioni di democrazia le guerre. Manipolare il senso della realtà è fondamentale al di là dell’oceano, perché altrimenti si avrebbero immediatamente le proteste massicce e difficili da gestire di una grande folla di sudditi.

Purtroppo, noto che gli italiani odierni aspirano a questa forma di cittadinanza. Non credono più nell’idea di gruppo, nel concetto di partito, nell’azione collettiva. Vogliono solo salvare sé stessi e tutt’al più protestare, fare marce, concerti da freakettoni, stupide petizioni on line. Non bastava un italiano “anti-italiano”, nordista, secessionista, meridionalista, menefreghista, lamentoso, irrispettoso delle istituzioni e post-ideologo, ci voleva pure il nuovo prototipo dell’italiano suddito.

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