Dall’Associazione al Governo sociale: la via mazziniana alla risorgenza nazionale
di BRUNO FARINELLI (FSI Torino)
«Le grandi rivoluzioni si compiono più coi principii, che colle baionette: dapprima nell’ordine morale, poi nel materiale. Le baionette non valgono, se non quando rivendicano, o tutelano un diritto: e diritti e doveri nella società emergono tutti da una coscienza profonda, radicata ne’ più». Era il 1831 e a Marsiglia Mazzini vergava il Manifesto che diede vita a una delle più celebri organizzazioni patriottiche italiane. Tutta la lungimiranza politica e militare del nostro Padre risorgimentale emerge dalle righe sopra citate.
Mazzini era certo che solo la diffusione degli ideali patriottici, unitari e repubblicani avrebbe potuto garantire il compiersi della Rivoluzione italiana. Ecco perché dai suoi scritti, pubblicati dai più disparati luoghi d’Europa, emerge una chiara strategia volta alla creazione di un’estesa rete di comunicazione su tutto il territorio nazionale che doveva muovere alla Causa tutto il popolo italiano. Come aveva ben compreso il patriota genovese, era necessario diffondere un sentimento comune che fosse anche e soprattutto un sentire comune.
La nostra lotta oggi non può che prendere spunto da questa intuizione. Per quanto molti detrattori abbiano spesso tacciato il mazzinianesimo d’inconsistenza, di nebulosità e di poca attenzione alla dottrina economica, è innegabile la sua forza mobilitante. La dottrina mazziniana è prima di tutto morale e ha come fine ultimo l’azione politica dominata dall’ethos repubblicano e democratico. Nel quadro politico odierno, dove gli elementi repubblicani, incarnati dal Parlamento e dalla possibilità di scelte politiche ed economiche pubbliche e sovrane, sono stati gradatamente svuotati e scardinati e la democrazia è ufficialmente sospesa da ben cinque anni, vi è un’urgenza di recuperare questo slancio e di diffonderlo nuovamente nei più.
A costituire i centri nevralgici di questa rete politica di diffusione sono le Associazioni. L’Associazione è per Mazzini la base stessa della Nazione repubblicana sia dal punto di vista conservativo sia evolutivo: essa è custode dei valori repubblicani e non potrebbe esistere un’associazione che «s’impiantasse per agevolare il furto dell’altrui proprietà, che facesse obbligo a’ suoi membri della poligamia, che dichiarasse doversi sciogliere la Nazione o predicasse lo stabilimento del Dispotismo»; i fautori di una tale associazione dovrebbero essere cacciati dal suo patrio. Essa è altresì evolutiva poiché è «mallevadoria del Progresso»: incarna la parte più dinamica della società, pronta ad acquisire e importare le nuove conoscenze per il bene della comunità nazionale.
Quanto oggi noi ci troviamo in una situazione di dissoluzione della Nazione e di asservimento a comitati d’affari il cui unico intento è svendere le ricchezze italiane è chiaro a tutti, tanto da rendere forse preferibile un governo che imponesse di prendere più di una moglie o un marito. Mazzini evidenzia tre caratteristiche precipue delle associazioni: devono essere progressive, pacifiche e pubbliche. Progressive ossia non contrarie «alle verità conquistate dal consenso dell’Umanità e della Nazione»; pacifiche perché devono «proporsi di persuadere non di costringere»; pubbliche poiché «se deve schiudere la via al Progresso, essa dev’essere soggetta al giudizio di tutti» e perché le associazioni segrete sono «arme di guerra legittima dove non è Patria né Libertà» ma «sono illegali e possono essere sciolte dalla Nazione quando la Libertà è diritto riconosciuto».
Perché si possano però formare associazioni, tali da potersi così definire, sono necessari due presupposti: la libertà e l’educazione. «La libertà vi dà facoltà di scegliere fra il bene ed il male, cioè fra il dovere e l’egoismo. L’educazione deve insegnarvi la scelta». La libertà di scelta tra il dovere comune e l’egoismo individuale oggi è stata cancellata e sostituita da una libertà fondata su un’ideologia dei diritti. Il cittadino non è posto di fronte a una scelta etica, ma di fronte a una scelta edonistica che si traduce o nella possibilità di un consumo diffuso o nell’acquisizione di diritti che investono essenzialmente la sfera individuale, ma che dal punto di vista della più vasta comunità nazionale e del suo progresso non hanno alcun valore. Non vi è più nessuna scelta da fare dal punto di vista educativo perché la dimensione del Dovere è stata cancellata.
È necessario rilevare come il progetto sovranista sia l’unico a livello nazionale ad aver riportato la strategia mazziniana al centro della sua azione politica. Noi militanti siamo chiamati a un nuovo apostolato della parola che dia vita, come del resto già è stato fatto in questi cinque anni, a gruppi di associati al cui interno si condensino nuovamente i valori che hanno mosso all’azione i Padri risorgimentali e costituenti. Essendo venuta meno l’azione educativa dello Stato occorre l’impegno di ogni singolo associato per il recupero di una cultura della Patria che parta proprio dalla conoscenza del pensiero di chi per essa ha combattuto.
Per promuovere la nostra azione politica serviranno armi culturali molto affilate: ogni militante dovrà esserne depositario. Ma queste dovranno essere il frutto di uno slancio personale poiché l’educazione nazionale, su cui Mazzini torna molte volte nei suoi scritti, è stata sistematicamente smantellata dalla fine degli anni ’80. A un progressivo abbandono finanziario della scuola pubblica si è affiancato un abbandono dal punto di vista contenutistico che ha avuto fra le molte conseguenze quella di esautorare dai curricula scolastici la Storia patria. Si è venuta così a formare più di una generazione di cittadini totalmente sradicata e incosciente di quale sia stata l’evoluzione storico-politica della propria Nazione.
Ma chiariti mezzi da utilizzare, è necessario fissare un fine ideale. Oggi come allora le associazioni patriottiche e repubblicane italiane devono porsi uno scopo preciso per non essere solo velleitarie forme di protesta e di moralizzazione. Quale fosse il fine che dovevano darsi è lo stesso autore a rivelarlo:
“La parola democrazia, benché, dotata di precisione storica, esprima energicamente il segreto della vita di un mondo, del mondo antico, è, come tutte le locuzione politiche dell’antichità, inferiore all’intelletto dell’Epoca futura, che noi, repubblicani, dobbiamo iniziare. L’espressione governo sociale sarebbe da preferirsi, come indicatrice del pensiero d’associazione che è la vita dell’epoca. La parola democrazia fu ispirata da un pensiero di ribellione, santa ma pur ribellione. Ora, ogni pensiero siffatto è evidentemente imperfetto e inferiore all’idea d’Unità che sarà dogma al futuro. Democrazia suona lotta: è il grido di Spartaco, l’espressione di un popolo sul primo levarsi: governo, istituzione sociale rappresenta un popolo che si costituisce e trionfa”.
È il governo sociale, il fine da raggiungere: una forma politica che conduca verso il progresso un popolo che già si è impossessato della sovranità attraverso la battaglia democratica. Cancellate dalla comunità nazionale le aristocrazie, esse porteranno alla dissoluzione anche la lotta democratica che, giunta alla vittoria, si rivelerà in un ordinamento politico associativo e sociale. Riottenute le prerogative nazionali attraverso la battaglia sovranista, il popolo italiano dovrà assicurarsi di eliminare quelle nuove aristocrazie che minano la possibilità di instaurare un governo sociale.
Questa riflessione ci deve far riflettere su quanto i discorsi portati avanti da alcuni movimenti nazionali oggi, in particolare quello pentastellato, siano fautori di una visione politica essenzialmente moralizzatrice che, pur muovendo dal giusto presupposto di ristabilire una prassi politica onesta e democratica, confonde il mezzo con il fine. Il sogno mazziniano, purtroppo mai realizzato, era di portare la forza delle associazioni al Governo. Così si esprimeva il Genovese per infiammare gli animi alla liberazione del Veneto:
“Le Associazioni assumano l’iniziativa di quella espressione [la volontà di liberare e unificare tutta l’Italia senza bisogno dello straniero]. Quanti nuclei di patrioti esistono, indipendenti o affratellati, congiunti di fede o divisi su particolari, in Italia, facciano cosa loro le condizioni più sopra accennate e lo dicano. Ogni località abbia la propria adunanza che parli pacificamente, ma solenne e severo lo stesso linguaggio. Vada il programma del paese al Governo”.
In questo progetto, a mio parere, l’edificazione di un Fronte Sovranista Italiano trova le sue radici e al tempo stesso supera la teorizzazione di Mazzini. Costruire da oggi questa rete associativa permetterà non solo di avere nuclei di azione politica sparsi su tutto il territorio nazionale e legati tra loro, ma soprattutto di poter formare col tempo una forza che, parlando lo stesso linguaggio, sia pronta ad assumere il governo dell’Italia nel momento più propizio.
Il titolo di questo breve e nient’affatto esaustivo articolo utilizza volutamente la parola risorgenza. Oltre ad avere un legame con il termine Risorgimento questa parola è stata scelta per il suo significato più materiale. Le risorgenze sono fenomeni geografici che vedono delle acque sorgive interrarsi per poi riaffiorare nuovamente in superficie. Credo che ciò sia un’ottima metafora della situazione da affrontare: la questione nazionale e i sentimenti patriottici sono stati sommersi per decenni dalla retorica anti-italiana, secessionista e legaiola, e dai dogmi europeisti e anti-patriottici. Le acque sorgive che scaturivano dalle lotte nazionali sono state sommerse da una coltre di fango. Esse, però, si muovono sotterranee, negli animi di molti, che a causa del loro isolamento o del non avere una forza aggregativa rischiano di non poter affiorare mai.
La forza politica del sovranismo dovrà intaccare questo spesso strato di fango per permettere a queste forze di riemergere e, una volta riemerso questo torrente carsico, costruire l’alveo politico per poterlo condurre nella giusta direzione. L’Italia tornerà a essere quella lavoreria sognata da Mazzini. Da queste premesse si può concludere che l’obiettivo sovranista di rimettere al centro della politica nazionale la Costituzione del 1948 e di applicarla in ogni sua parte non potrà che portare alla piena realizzazione degli ideali mazziniani: una Repubblica democratica fondata sul lavoro in cui la sovranità appartenga al popolo al fine di riconoscergli e garantirgli la giustizia sociale.
Mi complimento con Bruno Farinelli, giovane neo-associato di Torino, per questo suo primo articolo pubblicato su Appello al Popolo, sperando che egli abbia la capacità di promuovere la nostra associazione presso altri giovani torinesi.