L’intervista. Canfora: “Difendere la sovranità dalle mire Ue della finanza”
di LUCIANO CANFORA (intervista di Francesco Petrocelli)
Professore, più volte si è espresso criticamente sull’intera riforma referendaria. Perché?
“La mia critica si basa su due punti fondamentali. Prima di tutto non è vero che la nostra Costituzione sia arrugginita e faticosa, ha sempre funzionato. Sono piuttosto le forze politiche a generare un blocco legislativo: negli ultimi cinque anni ogni governo in Italia ha abusato del legittimo strumento dei decreti legge. Il governo mente sul perché l’Italia non funzioni. L’altro punto fondamentale è il ruolo del Senato, da sempre un problema per le costituzioni italiane (nello Statuto Albertino era di nomina regia ed era la longa manus della Corona, che riuniva sotto di sé filosofi e alti vertici militari). Togliatti addirittura si schierò manifestamente per il monocameralismo, ma l’obiezione che gli venne fatta fu: “La diversa composizione degli eletti e dell’elettorato conferisce al Senato saggezza, o meglio ripensamento e miglioramento delle proposte di legge”. E così è stato. Il Senato inoltre non è una particolarità italiana. Certo potrebbe avere un profilo diverso, ma non deve diventare non elettivo e pescato dalla parte più brutta della burocrazia”.
Un oplita del Sì al referendum le direbbe che il Senato diventerebbe tramite tra Stato e Regioni.
“Assolutamente no! Non sarebbe certo un ponte “risolvi-conflitti”. Inoltre, tantissime norme dell’UE andrebbero direttamente al Senato, saltando la Camera e ogni processo di approvazione”.
A tal proposito, l’altro giorno l’economista Alberto Bagnai scriveva: “So che non l’avete capito e non lo capire(s)te, ma il referendum non è su Renzi: è sulla BCE”. L’ha scritto lei nel 2011.
“È proprio così, e l’ho già detto pubblicamente. Poco tempo fa, a una mia conferenza su Tucidide, ho incontrato un funzionario italiano a Bruxelles. Mi ha detto: “Quando parla dell’Europa odierna ha ragione. L’ottanta per cento delle normative importanti vengono imposte direttamente dall’UE”. Con questa riforma costituzionale gli ultimi margini del Governo nazionale si ridurrebbero definitivamente al minimo, e soprattutto si creerebbe un rapporto diretto tra BCE, UE e Senato, con il ruolo del Parlamento del tutto inutile. Nascerebbe, dopo infiniti tentativi da parte dei gruppi dominanti della finanza, il tanto agognato canale comodo con cui l’UE impartirebbe tutti i comandi al Senato”.
A dirla così, chiunque voti No sarebbe un sovranista.
“Sì! I difensori sono sovranisti. L’UE non è neanche uno stato federale, ma solo un canale a trazione tedesca. Difendere, salvare la sovranità e le peculiarità delle Nazioni è d’obbligo. Lo Stato nazionale e le identità non sono da considerare un ferrovecchio inutile, anzi. Tra l’altro il Senato che riceverà ordini non sarà eletto, ma designato sempre dall’alto. Il piano si compierebbe perfettamente”.
Allora esiste un filo conduttore tra il variegato fronte del No, che vede Salvini accanto a D’alema? Sono tutti “conservatori”?
“Il filo conduttore del fronte del No non c’è. Semplicemente si deve resistere, non c’entra il conservatorismo e non c’entra Salvini. La Storia ha visto tanti casi di alleanze fra forze “nemiche”. D’alema, poi, è indubbiamente intelligente: dopo aver atteso per tempo un chiarimento, ha capito di essere stato archiviato e ora si è messo in moto (mi chiedo solo quanto la sua immagine possa essere benefica per il fronte del No). Molti dicono che se fosse al posto della Mogherini starebbe tranquillo. Certo è che controllava l’apparato e ora è andato tutto distrutto, soprattutto a causa del sistema delle primarie, che ha permesso l’ascesa di un personaggio come Renzi, che ha stravolto un partito intero…”.
Ed è arrivato a proporre questo referendum. È anche una prova generale per il Partito della Nazione?
“Certo. È esattamente il suo disegno, il centrosinistra si dirige verso questa direzione. Ma Renzi non ce la farà. L’Italia da più di venticinque anni vive la dissoluzione dei partiti tradizionali e soprattutto l’incapacità dei nuovi partiti di trovare solidità. Siamo a pezzi, è una situazione prepolitica: non c’è alcuna forma dei partiti, e il Partito delle Nazioni avrebbe grosse chances. Ecco perché Renzi non molla e non si muove da Palazzo Chigi, sperando nell’Italicum”.
Già, l’Italicum.
“Alla Fiera del Levante Renzi ha promesso: “Ora lo cambiamo senza problemi”. L’ha fatto solo per incassare il consenso della minoranza interna (e Speranza sembra esserci cascato). Proprio ieri però il capogruppo del Pd, fedelissimo renziano, sul Corriere dichiarava che “i tempi per cambiare l’Italicum non ci sono, se ne parla dopo il referendum”. Sono promesse da marinai veicolate con naturalezza da tutti i mezzi di informazione”.
Mezzi di informazione che non sembrano educare il cittadino, decisamente poco informato sul tema referendario.
“I cittadini non leggono giornali. Stiamo assistendo a un crollo spaventoso della stampa. In più, dei giornali viene letta una minima parte, ormai il dialogo è tra le élites, tra infime minoranze. I Tg, poi, sono tutti evidentemente controllati – siamo inondati dal caso Raggi – e peraltro non sono un prodotto di massa, ma sempre di relativa fruizione. La cultura è a un livello bassissimo, del referendum passa solo lo slogan: “Volete il vecchio? Votate no”. La verità è che siamo in piena censura e monopolio dei mass media. E’ servilismo. Ed è utopia educare la massa: il potere di certo non lo vuole né lo saprebbe fare”.
E Renzi saprà sfruttare anche questo? Dove sarà fra un anno?
“Ho i miei dubbi sulla sua permanenza in caso di vittoria del No. Si aprirebbe una nuova resa dei conti, che si stava aprendo già dopo le amministrative (con le quali il PD ha perso tre comuni su quattro). Renzi le sta provando tutte, Mattarella è lì apposta per essere una nullità. Amato, al dilà dei tanti giudizi politici su di lui, è stato scartato perché fa politica propria. Mattarella è un pupazzo che fa comodo: è usato soprattutto per i funerali…”.
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