I risultati del voto
L’astensione è stata molto alta: solo il 48% degli aventi diritto, infatti, si è recato a votare. Il tasso di astensione è stato più alto nelle capitali della Federazione – dove il dissenso anti-Putin è più forte – mentre è stato minimo nei distretti rurali e industriali, in cui il partito del presidente, Russia Unita, ha invece fatto il pieno dei voti.
I risultati definitivi segnano un successo inaspettato e clamoroso del partito di Putin. Russia Unita, infatti, ha conquistato il 54% dei voti contro il 49% ottenuto alle elezioni del 2011, aggiudicandosi 343 seggi (ne aveva 238) e ottenendo così la maggioranza assoluta in parlamento. Tuttavia, in termini di voti popolari reali, il partito ha perso 4 milioni di voti rispetto a cinque anni fa a causa dell’alto tasso di astensionismo. In generale, tutti i partiti di opposizione hanno avuto cali di consenso molto consistenti: il Partito Liberale non ha raggiunto la soglia del 5% e in questa legislatura nessun suo rappresentante siederà sui banchi della Duma. Il Partito Comunista di Gennadij Zyuganov ha perso 50 seggi passando da 92 a 52, mentre i Liberal Democratici che avevano 56 deputati ora ne schierano solo 39. Anche il partito fortemente anti-Putin, Russia Giusta, ha visto un clamoroso calo di consensi con la perdita di 41 dei 64 seggi ottenuti nella precedente legislatura.
(Ella Pamfilova, capo della Commissione elettorale russa)
I punti di forza di Putin in politica interna ed estera
Vladimir Putin quindi, nonostante la grave crisi finanziaria russa – nell’ultimo biennio i cittadini russi hanno visto calare il loro potere d’acquisto dell’8% – aggravata dalle sanzioni imposte da Stati Uniti ed Europa dopo l’annessione della Crimea nel 2014, è uscito vincitore incontestabile da questa difficile tornata elettorale raggiungendo un livello di gradimento personale che arriva all’80% dei cittadini. Dopo la diffusione dei risultati, parlando insieme al primo ministro Medvedev a un gruppo di attivisti del suo partito, Putin ha così commentato il risultato: “Noi sappiamo che la vita per il popolo è dura, ci sono molti problemi e molti problemi irrisolti. Nonostante tutto, però, abbiamo avuto questi risultati”.
Il quotidiano economico moscovita Kommersant Editorial ha intitolato la sua prima pagina del dopo elezioni in modo significativo e ironico: “Il partito del potere è ancora al potere”. La verità è che l’elettorato russo, in un momento di grave crisi economica interna e di forti tensioni internazionali, ha scelto la stabilità e premiato chi, come Putin, con l’annessione della Crimea – da sempre russa e “regalata” da Nikita Krusciov all’Ucraina negli anni Cinquanta – e il ritorno da protagonista sulla scena internazionale ha fatto leva sul nazionalismo dei russi e il loro attaccamento alla Rodina (la Patria), considerata dall’Occidente negli anni successivi alla caduta del Partito Comunista e dell’URSS una nazione di terza categoria.
(Stretta di mano tra Putin e Medvedev il giorno delle ultime elezioni)
Putin, checché ne dicano i liberal occidentali, è riuscito, anche con mezzi discutibili secondo i nostri standard, a evitare che l’ansia di rivalsa dei russi venisse capitalizzata dai nostalgici del comunismo e ha liberato il Paese dalla cricca degli oligarchi che durante gli anni Novanta, all’ombra di Boris Yeltsin, si era impadronita della quasi totalità delle immense ricchezze della Russia.
Anche grazie all’opaca e contraddittoria politica estera dell’Amministrazione Obama e alla totale assenza dell’Europa dallo scenario internazionale, la Russia di Putin si è imposta come interlocutore obbligato per ogni tentativo di soluzione delle crisi di un Medio Oriente che è stato destabilizzato anche a causa di disgraziate scelte di intervento americane ed europee (si pensi all’Iraq e alla Libia). Tutto ciò nonostante la crisi con l’Ucraina e le minacciose prese di posizione del segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, che a settimane alterne pronuncia bellicose dichiarazioni nei confronti di Mosca.
L’elettorato russo ha riconosciuto a Putin il merito di aver ridato, almeno ai suoi occhi, dignità e stabilità a un grande Paese che dopo il crollo dell’URSS sembrava avviato verso un irreversibile declino. Dimostrando una maldestra capacità di analisi della realtà, il settimanale liberal americano The New Yorkerha acidamente così commentato le elezioni russe: “Elezioni in Russia: ogni scelta è stata una cattiva scelta”. Una riflessione forse influenzata inconsciamente dalla campagna per le presidenziali americane e dall’esigenza per gli elettori d’oltreoceano di dover scegliere tra Donald Trump e Hillary Clinton.
L’unico neo al momento favorevole di Putin è la notizia rilanciata oggi dai media occidentali, secondo cui esistono prove concrete che il missile che distrusse l’aereo MH17 sopra i cieli ucraini il 17 luglio 2014 uccidendo 298 persone, era di fabbricazione russa e proveniva dalle zone controllate da Mosca attraverso i ribelli. Una grana internazionale a cui il presidente dovrà rispondere quanto prima.
fonte: http://www.lookoutnews.it/russia-elezioni-2016-vladimir-putin/
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