Fuga dai social: meglio iniziare a pensarci
di RICCARDO PACCOSI (FSI Bologna)
Non ho approfondito quanto ci sia di vero riguardo all’imminente stretta di controlli su facebook atta a verificare la veridicità delle informazioni pubblicate (cioè, secondo alcuni, finalizzata a strozzare la controinformazione).
Ad ogni modo questo fatto, unitamente alla vicenda mia personale e poi più generale sulla censura da parte di facebook alla nudità delle statue, mi fa riflettere sul fatto che stiamo investendo una parte non piccola della nostra vita sociale all’interno d’uno spazio privato le cui regole sono a totale discrezione del proprietario. Ci siamo immersi in questo Umwelt, soprattutto, senza avere un Piano B qualora le cose dovessero per davvero cambiare in peggio.
Ovviamente, sto usando la prima persona plurale dando per scontato che un po’ tutti finiscono imbrigliati, attraverso piccoli aspetti della quotidianità, in strategie di potere. Poi lo so che ci sono sempre quei fenomeni che affermano di essere totalmente indipendenti, totalmente emancipati dal sistema e così via. Che dire: buon per loro, si godano al meglio tale auto-convinzione.
Per tutte le altre persone, invece, facebook comincia a essere un importante archivio biografico e, in molti casi, un aspetto strategicamente cruciale della propria vita e/o rappresentazione professionale.
Ebbene, c’è un misto di ingenuità e di rimozione nell’investire un pezzo della propria vita entro spazi al 100% privati e che non devono rispondere a nessuno né delle proprie regole interne, né dei propri ed eventuali atti di ostracismo.
Parliamo di Facebook, di Twitter, ma anche YouTube gioca un ruolo non indifferente. Semplicemente, non è possibile non avere un Piano B nel caso in cui quest’immenso potere dei social network dovesse essere sfruttato dai proprietari nella consapevolezza che, comunque, gli utenti non potrebbero più permettersi di uscire.
Magari nell’immediato non succederà nulla, magari il problema si porrà soltanto tra una decina d’anni. Ma il fatto che parte di noi si trovi immersa in un ambiente totalmente privato, è un fatto completamente nuovo: si fa spesso il paragone tra facebook e il bar di paese; nell’antropologia pre-digitale, però, oltre al baretto c’erano la piazza e il parco, entrambi di proprietà pubblica.
Quest’inedito Umwelt privato in cui ampia parte del nostro essere sociale è immerso, credo imponga perlomeno di cominciare a pensare a un’alternativa. Così, tanto per stare sul sicuro.
Lo spazio pubblico è sempre più lottizzato in proprietà private, in cui da bravi ospiti invitati non si può contestare un party in camicia nera, ma al massimo declinare gentilmente l’invito. Ovunque iscrizioni accrediti indirizzari prenotazioni obbligatorie ecc. Se ognuno è padrone in casa propria pure nello spazio elettronico, Grillo è proprietario del movimento.
Basta con la monnezza porta a porta