Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Antonio Stragapede (FSI Bari)
La social-polemica del momento vede contrapposti, a suon reciproche accuse, coloro i quali sostengono che siamo in presenza del quarto Presidente del C.d.M. “non eletto” e chi sostiene che tutti capi di Governo non vengono eletti e non possono essere eletti in forza della procedura di nomina di cui all’art. 92 della Costituzione.
Chi ha ragione? Vediamo di fare chiarezza.
L’art. 92, comma 2, Cost. stabilisce che “il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri”: la Costituzione non prevede quindi alcun particolare requisito per la nomina del Presidente del Consiglio, il quale, per essere confermato tale, deve soltanto ottenere la fiducia delle Camere ai sensi dell’art. 94.
E’ quindi corretto sostenere che nessun Presidente del Consiglio sia mai stato “tecnicamente” eletto dal popolo. I Costituenti, sempre molto attenti ad evitare derive autoritarie, crearono quindi un sistema che, presupponendo una legge elettorale rigorosamente proporzionale, prevedeva la centralità del Parlamento e la collegialità dell’indirizzo politico del Governo; ne derivava che il Presidente del Consiglio veniva considerato primus inter pares nei confronti dei singoli ministri ai quali collegialmente veniva assegnato il potere di direzione dell’indirizzo politico.
Ma la Costituzione (sarebbe bello farlo capire a chi voleva stravolgerla definendola “troppo vecchia”) è materia viva che automaticamente si evolve e si adatta ai tempi attraverso le leggi costituzionali e ordinarie che si susseguono nel tempo e le sentenze interpretative della Corte Costituzionale; per cui spesso accade che la Costituzione materiale sia diversa o parzialmente diversa da quella vivente.
Il referendum abrogativo del 1991 introdusse nel nostro ordinamento il sistema elettorale maggioritario, tipico soprattutto dei sistemi presidenziali o semipresidenziali, che ha portato all’instaurarsi, anche nel nostro Paese, del “bipolarismo”.
I sistemi presidenziali prevedono che il Presidente del Consiglio (o il Presidente della Repubblica) vengano eletti direttamente dai cittadini e vengano scelti, nell’ambito dei rispettivi partiti di appartenenza, con le “primarie”; l’investitura popolare ricevuta dai cittadini giustifica gli ampi poteri che gli vengono attribuiti.
A poco a poco la figura del Presidente del Consiglio o premier ha acquisito una centralità sempre maggiore ed ormai possiamo dire che concentri di fatto su di sé il potere esecutivo senza alcuna forma di reale condivisione e coordinamento con i singoli ministri, i quali normalmente, e con la sola eccezione del Ministro per l’economia, sono figure chiaramente subalterne allo stesso, scelti più per la loro “fedeltà” al capo che per le loro specifiche competenze.
È quindi evidente che aver calato in un sistema proporzionale basato sulla centralità del Parlamento e che non prevedeva l’elezione diretta del Premier, una legge elettorale maggioritaria, tendenzialmente bipolare, abbia creato una incongruenza e una discrasia tutta italiana. Al fine di armonizzare e superare tale incongruenza si è imposta una nuova prassi costituzionale e quindi una Costituzione vivente parzialmente diversa da quella materiale.
Il principio di unitarietà e collegialità dell’organo esecutivo (Governo) è venuto meno e si è affermato, al contrario, il principio della supremazia del Capo del Governo sul Gabinetto e sui singoli Ministri determinata dalla investitura popolare, ottenuta tramite il sistema elettorale maggioritario.
Il Presidente della Repubblica ha quindi iniziato a conferire l’incarico di formare il Governo al leader del partito che aveva ottenuto la maggioranza alle elezioni, a sua volta eletto quale parlamentare nel proprio schieramento grazie alla posizione n. 1 nella lista (bloccata) del partito di appartenenza.
Alcuni partiti, tra i quali il PD, si sono talmente calati in questa nuova prassi costituzionale che da diversi anni eleggono tramite le “primarie” il proprio candidato premier. E probabilmente questo verrà fatto anche in futuro.
In occasione della elezione della XVII legislatura, avvenuta nel febbraio 2013, il vincitore delle primarie del PD fu l’On. Bersani che si presentò alle elezioni come futuro candidato “premier” di una coalizione denominata “Italia bene comune”.
E proprio in questa fase si è innescato il primo “corto circuito” istituzionale che sta progressivamente portando tanta gente a non sentirsi più rappresentata da questa classe politica.
Infatti nel gennaio del 2014, con la nota sentenza n.1/2014, la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale della legge elettorale n. 270 del 21 dicembre 2005, comunemente nota come Porcellum, stabilendo che la maggioranza parlamentare formatasi a seguito della elezione del 2013 non fosse rappresentativa della volontà del popolo italiano e della sovranità nazionale per effetto di un “premio di maggioranza” svincolato da qualsiasi soglia minima.
La Corte stabiliva inoltre che il Parlamento già eletto (sia pure per effetto della legge incostituzionale) dovesse continuare a rimanere in carica per effetto del principio della continuità degli organi dello Stato ma, attraverso il richiamo agli art. 61 e 77 della Costituzione, prefigurava una durata breve della legislatura la quale avrebbe dovuto limitarsi ad approvare una nuova legge elettorale correggendo gli errori del “Porcellum”, per poi ridare voce alla volontà degli elettori.
A dispetto di ciò il Presidente Napolitano – che già nel 2011 aveva dato l’incarico di formare il Governo al neo senatore a vita Mario Monti- dapprima ritenne di conferire l’incarico ad Enrico Letta nell’aprile del 2013 e successivamente, nel febbraio 2014, a Matteo Renzi.
La prassi di nominare Presidenti del Consiglio che non abbiano ricevuto alcuna investitura popolare viene ora seguita anche dal Presidente Mattarella che, a seguito delle dimissioni di Matteo Renzi, ha nominato “premier” Paolo Gentiloni. E con questa nomina siamo a quattro Presidenti del Consiglio privi di un mandato parlamentare degli elettori.
Ciò premesso la polemica sulla eleggibilità o meno del Premier non può essere liquidata come semplice ignorantia legis, come furbescamente vorrebbero fare le forze politiche dell’attuale maggioranza parlamentare, ma deve essere riconsiderata e calata nella Costituzione e nella prassi vivente.
Infatti delle due l’una:
o consentiamo al Presidente della Repubblica di nominare “premier” anche soggetti privi di un mandato elettorale preciso che “vadano a cercarsi” la maggioranza in Parlamento: ma in questo caso la legge elettorale deve essere rigorosamente proporzionale e senza alcun premio di maggioranza;
oppure ci affidiamo ad un sistema maggioritario tendenzialmente bipolare con premio di maggioranza al Partito o alla coalizione vincente: ma in tal caso il premio di maggioranza non potrà che valere solo per quella coalizione e quel candidato premier indicato al momento delle elezioni dal partito o dalla coalizione vincitrice, con la conseguenza che se quel premier si dimette o viene sfiduciato si deve tornare alle elezioni.
Il mio personale favore va verso la prima opzione che rappresenta meglio lo spirito della Costituzione del ‘48 e la centralità del Parlamento quale luogo nel quale si esplica la sovranità popolare. Ma ciò che rappresenta un vero e proprio “vulnus” della sovranità popolare e una grave alterazione dei principi fondamentali del nostro Ordinamento Repubblicano e democratico, è esattamente ciò che hanno fatto dapprima il Presidente Napolitano e ora il Presidente Mattarella dal 2011 ad oggi, vale a dire nominare dei Presidenti del Consiglio che vadano a cercarsi la fiducia in Camere elette in base ad una legge elettorale maggioritaria senza aver prima ricevuto un mandato elettorale che legittimasse quel premio di maggioranza.
Monti ha governato con il premio di maggioranza conquistato da Berlusconi mentre Renzi ed ora Gentiloni governeranno con un premio di maggioranza conquistato da Bersani.
Ma se nel 2013 il candidato premier del PD fosse stato Letta o Renzi o Gentiloni il risultato elettorale sarebbe stato lo stesso? Chi può saperlo? Senza contare che tutta la XVII legislatura è stata eletta in base ad una legge già dichiarata incostituzionale e pertanto sarebbe davvero paradossale che proprio questa legislatura arrivasse alla scadenza naturale del suo mandato nonostante la pronunzia di incostituzionalità.
Agli errori e agli orrori istituzionali già commessi non è più possibile porre rimedio. La storia stabilirà se il Presidente Napolitano abbia fatto realmente gli interessi degli italiani o abbia inanellato (mi auguro per lui in buona fede) una serie di clamorosi errori istituzionali.
Per evitare di proseguire su questa pericolosa china dobbiamo augurarci un cambio di rotta che per la verità non si riesce ancora ad intravedere. Mi auguro che il neo premier abbia la sensibilità istituzionale per capire che il principale, se non l’unico, compito del primo Governo Gentiloni o, se preferite, del secondo Governo Renzi–senza Renzi, da lui presieduto non può che essere quello di aiutare, coordinare ed accompagnare il Parlamento nella rapida approvazione di una nuova legge elettorale (che spero possa essere proporzionale) per poi dimettersi e far tornare il popolo italiano a votare nel più breve tempo possibile.
Qualunque altra soluzione pasticciata che prolunghi anche solo di qualche mese l’agonia di questo Parlamento, ormai illegittimo, e la vita di questo ennesimo Governo privo di legittimazione popolare, lo renderà complice, insieme ai suoi ministri, del tradimento dei principi fondamentali della nostra Costituzione.
Commenti recenti