USA. La nuova crisi arriva dal settore auto: FCA e GM fermano 7 impianti.
di EPIC
La Fed alza i tassi, la Ford rivede la sua volontà di investire in Messico, ma gli impianti automobilistici rischiano di essere fermati.
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Nuovi segnali di crisi arrivato dal settore automobilistico degli Stati Uniti. FCA e General Motors hanno annunciato la chiusura di sette impianti, stessi progetti anche per Ford. Sono a rischio 10.000 lavoratori americani, in un mondo del lavoro falsato negli ultimi mesi dal forte aumento dei contratti part-time e temporanei.
La banca centrale americana – Federal Reserve – ha recentemente, a fine 2016, alzato il tasso di riferimento di 25 punti base portandolo dallo 0,50% allo 0,75% e pianificato tre interventi al rialzo per il 2017. Questo aumento del tasso di riferimento è il primo e unico del 2016, e il secondo degli ultimi dieci anni.
Gli aumenti sarebbero, secondo la presidente della Fed Janet Yellen, “un voto di fiducia nei confronti dell’economia americana” e del suo mercato del lavoro in forte ripresa. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, secondo un recente studio che arriva da due prestigiose università come Harvard e Princeton, una buona parte dei posti di lavoro creati dall’amministrazione Obama riguarderebbe posizioni temporanee e part-time.
Però questo non è quello che ci interessa principalmente nella presente sede. Infatti, la notizia sulla quale si vorrebbe porre l’accento, più che relativa al mercato del lavoro, è relativa all’andamento dell’economia, ed arriva dal blog americano Zero Hedge con il titolo: “Car-tastrophe – GM, Fiat Chrysler Idle 7 Plants; Over 10,000 Workers Affected” (“Catastrofe: GM, Fiat Chrysler chiudono 7 impianti; oltre 10.000 lavoratori interessati”).
Inoltre, questa notizia è precedente a quella di ieri, già ribattezzata “effetto Trump”, relativa al fatto che Ford Motor Co. avrebbe rinunciato a costruire uno stabilimento in Messico per investire, invece, in Michigan. La Ford riferisce che la scelta è stata determinata anche dalle attuali condizioni del mercato dell’auto, con un calo delle vendite e un aumento delle “scorte”, piuttosto che sic et simpliciter ad un mero effetto Trump.
Comunque sia, come è facile notare, l’autore dell’articolo gioca sulle parole “car” e “catastrophe”, derivandone un “car-tastrophe” che in un solo termine prova a dare l’idea del mercato al quale si riferisce (car – quindi quello dell’automobile) e alla sua situazione (catastrophe – catastrofe).
Invero, General Motors e Fiat Chrysler sarebbero in procinto di fermare ben sette impianti automobilistici, con più di diecimila lavoratori coinvolti. Ma cerchiamo di vedere meglio.
Già qualche settimana addietro, a causa di una diminuzione delle vendite, Ford Motor Co. aveva annunciato l’intenzione di fermare quattro impianti, mentre, il 19 dicembre, General Motors e Fiat Chrysler hanno annunciato lo stesso provvedimento per sette impianti locati tra USA e Canada, a causa dell’eccesso di scorte sempre causato dalla diminuzione delle vendite.
Il rapporto tra i veicoli di scorta (inventory) e le vendite sarebbe (come riportato nel grafico sotto), infatti, ai massimi storici, dall’inizio degli anni ’90, se si esclude il picco del 2008-2009 dovuto al dirompente apice della crisi raggiunto con il fallimento di Lehman Bros.
Per esempio, per General Motors i veicoli destinati ai rivenditori, alla fine di novembre ancora presenti nell’inventario, ammontavano 874.162 unità, con una crescita del 26,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Pertanto, è stato deciso di fermare gli impianti da una a tre settimane.
Fiat Chrysler, dopo aver fermato la produzione del Dodge Dart e di una berlina (Chrysler 200), avrebbe deciso di “aggiungere” quattro ulteriori giorni di riposo, dal 2 gennaio, al suo impianto di assemblaggio di minivan a Windsor in Ontario e alla sua struttura di Brampton, sempre in Ontario.
Questo dopo che – come sopra accennato – Ford Motor Co. aveva annunciato, in ottobre, un taglio della produzione per i suoi impianti di fabbricazione del piccolo suv Escape e del pick-up F-150.
Secondo il blog Zero Hedge, inoltre, la cosa peggiore sarebbe che in un settore manifatturiero in declino secolare come quello americano, l’industria automobilistica era forse l’unica alla quale fosse rimasta un po’ di brillantezza (anche grazie ad aiuti pubblici e fusioni – aggiungiamo noi), almeno negli anni passati. Ora, anche questa industria, peraltro già severamente provata dalla crisi, sarebbe sull’orlo di una forte contrazione.
Pertanto, la mossa di Ford Motor Co. potrebbe non essere solo il risultato di un mero effetto Trump, ma, piuttosto, anche una nuova strategia dovuta alla recente “congiuntura” del mercato. In secondo luogo, valutando che la disoccupazione negli USA è circa al 4,9%, non lontana da quella che viene ritenuta (sempre negli USA) la soglia della piena occupazione (4%), la mossa della Fed non sembrerebbe così azzardata e potrebbe essere realmente valutata come un “voto di fiducia nei confronti dell’economia americana”. Ma se, invece, aggiungiamo pure che i posti di lavoro creati potrebbero essere precipuamente a tempo determinato, o part-time, e guardiamo anche la diminuzione delle vendite con il conseguente blocco temporaneo degli impianti automobilistici (settore strategico in tutte le maggiori economie), più che un voto di fiducia, parrebbe essere di fronte ad una scommessa sull’economia americana. E tutti sappiamo come sono finite ultimamente le “scommesse”…
Fonte:https://www.forexinfo.it/USA-crisi-settore-auto-fca-gm-ford
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