Smirne, la Turchia sotto attacco
di OCCHI DELLA GUERRA (Davide Malacaria)
Dopo Istanbul, Smirne. A pochi giorni dalla strage di Capodanno, 39 le vittime, il Terrore si scatena ancora in Turchia. Si sa ancora poco della dinamica, solo che ad attaccare sono stati tre criminali, due dei quali sono morti e il terzo è in fuga. Che le persone uccise sono due, e undici sono i feriti. E che l’attacco è avvenuto secondo uno schema d’assalto tipico dell’Agenzia del terrore in Siria: prima lo scoppio di un’autobomba, poi l’assalto con i mitragliatori (in Siria gli attacchi degli jihadisti sono stati spesso preceduti dall’esplosione di veicoli kamikaze).
Certo, tale tecnica è stata usata anche altrove, ma nel conflitto siriano è stata applicata in maniera quasi sistematica. Né il richiamo alla confinante Siria è solo geografico: sia che a colpire sia stato l’Isis, sia che sia stato qualche gruppo armato curdo (tale il primo sospetto degli inquirenti) tale attentato, come il precedente, non può che essere legato agli ultimi sviluppi del conflitto siriano, che vedono la Turchia protagonista.
Ankara, infatti, ha trovato con Mosca un accordo sul futuro della Siria, che ha portato alla prima vera tregua dopo anni di cruento conflitto. Un cessate il fuoco al quale hanno aderito diverse fazioni ribelli, escluse quelle dichiaratamente terroriste (Isis, al Nusra) mentre, dopo una problematica adesione iniziale, resta più che ambigua la posizione di quelle legate all’Arabia Saudita e al Qatar (per le Petromonarchie del Golfo la riuscita del piano di pace è uno smacco).
Nonostante alcune violazioni del cessate il fuoco, in particolare da parte delle milizie dichiaratamente terroriste, Turchia e Russia sono intenzionate a fare sul serio, tanto che si sono dichiarate garanti dell’accordo e hanno dato vita a una cooperazione militare nel Nord della Siria, impossibile solo un mese fa.
Difficile capire oggi se l’accordo porterà a una pace vera e propria, il cui cammino è comunque lungo e passa per Astana, dove si incontreranno di nuovo i tre Paesi che hanno immaginato tale intesa, ovvero Turchia, Iran e Russia. Però, se una speranza esiste, si fonda proprio su questo inedito asse che unisce Ankara con Mosca e Teheran, prima concepite come avversarie esistenziali.
Con tale intesa Ankara ha fatto un’inversione di marcia rispetto al passato: ha messo da parte il proposito di cacciare Assad per ottenere altri tre obiettivi: ottenere una qualche influenza nel Nord della Siria (ridimensionando così le mire iniziali, che abbracciavano gran parte del territorio siriano); evitare la nascita di uno Stato curdo alla frontiera; diventare l’hub petrolifero della Russia nel Mediterraneo grazie all’accordo sull’oleodotto Turkish stream.
Ma si è anche riposizionata rispetto all’Alleanza atlantica, che si è sentita tradita dal suo alleato, considerato da sempre un baluardo anti-russo, cui oltretutto era stato affidato il compito di chiudere a Mosca le porte del – più che strategico – Mediterraneo.
Questo duplice riposizionamento ha creato a Erdogan due nuovi avversari: da una parte il Terrore, che vede la riuscita dell’accordo turco-russo come una minaccia alla sua esistenza; dall’altra la Nato, che certo non piangerebbe lacrime di dolore se Erdogan lasciasse il posto a un successore che riportasse Ankara all’ovile.
Così da una parte la Turchia deve sostenere l’attacco diretto delle Agenzie del Terrore (poco importa se siano Isis o formazioni curde), dall’altra la sua distanza dalla Nato la rende più debole di prima.
Debolezza che viene accresciuta dalle divisioni interne: dal conflitto aperto con la minoranza curda, alla lotta senza quartiere ai fiancheggiatori del fallito golpe del luglio scorso, alle varie conflittualità che sta creando nel Paese il pugno duro di Erdogan sulle opposizioni. Divisioni nelle quali il Terrore si insinua per accrescere le linee di faglia e creare nuove e più profonde fratture.
A ciò si somma la crisi economico-finanziaria nella quale sta sprofondando il Paese, che benché negata dal governo, sta creando non pochi problemi all’industria e alla lira turca.
La Turchia dunque è sotto attacco. Ma nonostante le difficoltà, che potrebbero segnare il suo destino politico, il sempre ambiguo Erdogan sta tenendo la barra fissa sulla rotta intrapresa.
Probabile confidi che con Trump alla Casa Bianca e l’inizio di un nuovo dialogo Usa-Russia, l’accordo sulla Siria possa incontrare minor contrasto in Occidente. E che anche la pressione internazionale sul suo Paese vada ad alleviarsi.
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