Frattura libica
di L’INTELLETTUALE DISSIDENTE (Mauro Indelicato)
La Libia è spaccata in due: da un lato la precarietà del governo voluto dall’ONU, dall’altro le prove di forza dell’esecutivo che ha sede a Tobruck, nel mezzo un’Italia impantanata nel sostegno ad Al Serraj che rischia di ledere vecchie alleanze ed interessi strategici.
Torna a muoversi lo scenario libico, sempre più turbolento ed altrettanto frammentato. Il dopo Gheddafi per il paese nordafricano è un incubo lungo già sei anni che non accenna al momento a terminare, neppure dopo la cacciata di sedicenti miliziani dell’ISIS da Sirte. Come spesso accaduto nella storia libica, tanto antica quanto recente, il sentore che qualcosa di importante stia accadendo arriva da episodi verificatisi nelle due città più importanti, ossia Tripoli e Bengasi, che rispettivamente rappresentano le regioni della Tripolitania e della Cirenaica.
Sono due, in particolare, gli eventi degni di rilievo da sottolineare: il primo è inerente alle ultime mosse del generale Haftar in Cirenaica, sempre più vicino alla Russia. Il secondo invece riguarda un nuovo tentativo di colpo di Stato a Tripoli, capitale sulla carta ma di fatto città sempre più isolata dal contesto del resto della Libia. I due eventi si sono manifestati a distanza di poche ore l’uno dall’altro e c’è chi non esclude una loro concatenazione. Nella serata di mercoledì, si apprende che il generale Haftar, a capo dell’esercito che risponde al Parlamento di Tobruck, ossia ad un governo scaricato dalla fantomatica comunità internazionale, è stato in visita presso la portaerei russa Kuznetsov, la stessa che ha svolto diverse settimane di missione a largo delle coste siriane e che adesso è in viaggio verso i porti del territorio sotto il controllo della Federazione Russa. Poche ore dopo invece, nel pomeriggio di giovedì, arriva la notizia della tentata presa del potere da parte di un gruppo facente capo all’ex premier libico, Khalifa Ghwell, il quale ha provato a spodestare il fragile governo di Al Serraj, imposto dalle Nazioni Unite, approfittando della momentanea assenza da Tripoli di molti membri dell’esecutivo, compreso il Primo Ministro del governo tripolitano.
In poche ore, grazie a questi due episodi, il contesto libico è tornato di grande attualità: da un lato, il governo con sede in Cirenaica dà una grande dimostrazione di forza, tra le recenti conquiste territoriali e la visita di Haftar a bordo della Kuznetsov, dall’altro lato l’esecutivo voluto dall’ONU appare sempre più fragile ed impossibilitato a controllare anche la stessa capitale. Basta un nonnulla, anche la sola notizia che Al Serraj si trovi all’estero, per armare nuovamente la mano dei miliziani fedeli a Ghwell, il quale nel 2014 aveva preso il potere in funzione anti-Haftar lasciandolo solo nel marzo del 2016 a favore del nuovo esecutivo. Adesso proprio queste milizie chiedono appoggio al governo che ha la propria base in Cirenaica per dare la spallata decisiva ad Al Serraj e dunque potrebbe non essere un caso che il nuovo tentativo di golpe arrivi a poche ore dalle immagini di Haftar a bordo della portaerei russa. Di questo nuovo colpo di Stato comunque, si è saputo poco e soltanto in serata le autorità libiche rimaste a Tripoli hanno dichiarato sotto controllo la situazione. L’ambasciata italiana a Tripoli, aperta da pochi giorni, ha addirittura affermato nel pieno delle operazioni degli uomini di Ghwell di non essere a conoscenza di un tentativo di golpe in corso e molto probabilmente questo è dovuto al fatto che i palazzi attaccati dalle milizie ostili ad Al Serraj erano già da tempo evacuati e trasferiti in altre sedi.
A prescindere dalla dinamica del tentato golpe, emerge una situazione molto confusa sia a Tripoli che nel resto della Tripolitania: di fatto l’esecutivo dell’ONU non ha alcun appoggio popolare e le stesse tribù tripoline sembrano molto più propense ad osteggiarlo, specie dopo i raid USA su Sirte di agosto, i quali covavano l’obiettivo di rafforzare l’esecutivo capeggiato da Al Serraj ed hanno invece reso ancora più impopolare il suo governo. Dal punto di vista italiano, questa situazione, risulta essere molto negativa. Roma infatti ha da sempre appoggiato Al Serraj, anche se (circostanza comunque mai ufficialmente confermata) non sarebbero mancati i contatti con Haftar; l’apertura dell’ambasciata italiana a Tripoli ha ulteriormente messo in difficoltà il nostro governo nel resto del paese, visto che il parlamento di Tobruck ha parlato di «presenza d’occupazione» mentre le stesse milizie di Ghwell, nel pieno della loro azione di giovedì, in un comunicato hanno affermato di ritenere ostile ogni presenza militare e politica italiana con riferimento soprattutto all’appoggio dato da Roma ai gruppi di Misurata, l’unico ‘braccio armato’ su cui Al Serraj può ancora contare. In poche parole, le fughe in avanti del nostro governo degli ultimi giorni, alla luce degli ultimi avvenimenti sembrano essere delle sonore bocciature e dei pericolosi passi indietro tanto per il ruolo che l’Italia avrebbe potuto esercitare ai fini della riunificazione della Libia, quanto per la difesa degli interessi strategici ed economici italiani nel paese, concentrati tanto in una Tripolitania incontrollata, quanto in una Cirenaica in cui invece Haftar sta dimostrando di avere enorme presa politica e militare.
Per l’appunto, la visita del generale sulla Kuznestov rappresenta un evento importante ma poco sorprendente: erano mesi che si parlava dei contatti tra Tobruck e Mosca e dei viaggi dello stesso Haftar presso il Ministero della difesa russo. Adesso però l’appoggio del Cremlino per il generale appare netto e mostrabile alla luce del sole (ed al cospetto delle acque del Mediterraneo). La visita presso la portaerei russa non è stata solo simbolica: qui Haftar ha incontrato alcuni vertici della Marina e dell’esercito di Mosca, a bordo ha potuto anche tenere una videoconferenza con il ministro della difesa russo ed ha siglato alcuni accordi ufficiali inerenti la consegna di aiuti umanitari per Bengasi e le altre città cirenaiche. Ma il tutto non si ferma qui: infatti, sia Al Arabya (tv saudita) che Al Quds Al Arabi (quotidiano qatariota), hanno parlato nelle scorse ore anche di una presunta intesa tra Haftar e Mosca per la costruzione di due basi militari russe, una a Bengasi ed una a Tobruck. Difficile confermare tale circostanza, visto che le fonti appaiono provenire da due paesi non molto in linea con l’uomo forte della Cirenaica, pur tuttavia i ‘rumors’ incessanti degli ultimi giorni sembrano suggerire il definitivo appoggio di Mosca agli uomini di Haftar.
Difficile prevedere adesso cosa possa accadere: se in Siria il contesto ha sempre visto il confronto militare tra un governo in carica (assieme alle proprie istituzioni statali) ed una miriade di gruppi d’opposizione ed islamisti, lo scenario della Libia appare decisamente più frastagliato con uno Stato che non esiste più e con diverse entità parastatali che pretendono di essere considerate come le uniche autorità del paese. Di certo, al momento, il governo di Tobruck coadiuvato dalle forze militari guidate da Haftar, appare essere quello più ‘solido’ e con una forza rappresentativa importante, pur tuttavia difficilmente gli USA (e, di riflesso, l’Italia) scaricheranno a cuor leggero il fragile esecutivo di Al Serraj. L’unica cosa certa quindi, è che il pantano libico sarà ancora ingarbugliato per diversi anni e le novità più importanti, anche in questo caso, arriveranno non appena si capiranno le decisioni e le posizioni in merito del nuovo inquilino della Casa Bianca.
Fonte: http://www.lintellettualedissidente.it/esteri-3/frattura-libica/
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