Cosa prevede la riforma della Costituzione voluta da Erdogan
di LOOKOUT NEWS (Alfredo Mantici)
Spogliata delle norme che finora avevano garantito l’equilibro dei poteri, la nuova Carta dovrà adesso essere sottoposta a referendum popolare. Se verrà approvata, il presidente potrebbe rimanere al potere fino al 2029
Il 21 gennaio il parlamento di Ankara ha approvato in seconda lettura la riforma della Costituzione turca fortemente voluta dal presidente Recep Tayyip Erdogan. I voti favorevoli sono stati 339, dunque oltre la soglia necessaria del 60%. Hanno votato a favore i parlamentari del partito di Erdogan AKP (Partito della Giustizia e dello Sviluppo) e del MHP (Partito Nazionalista di Azione), formazione un tempo all’opposizione ma che dopo il fallito colpo di stato del luglio 2016 ha ritenuto prudente schierarsi al fianco del governo.
I deputati dei partiti di opposizione, il Partito Repubblicano del Popolo (CHP) e il Partito Democratico del Popolo (HDP, formazione curda), hanno votato contro gli emendamenti costituzionali al termine di un dibattito molto acceso che ha visto più volte i parlamentari degli opposti schieramenti arrivare allo scontro fisico in aula.
Entro i prossimi due mesi la riforma costituzionale, per entrare definitivamente in vigore, dovrà essere sottoposta a referendum popolare. Nonostante quanto sostenuto dai promotori della riforma – il cui testo è stato scritto da alcuni consiglieri del presidente senza alcun dibattito pubblico vista la censura imposta ai giornali di opposizione, alle televisioni e ai social media dopo il fallito golpe e la conseguente ondata repressiva che ha portato in carcere migliaia di oppositori di Erdogan – la nuova Costituzione in senso presidenzialista segnerà un’indubbia svolta autoritaria nella gestione del potere in Turchia.
I punti della riforma
Nel testo mancano, o meglio sono state eliminate, norme che garantiscano quell’equilibrio dei poteri – i cosiddetti “check and balance” delle democrazie liberali – che sono caratteristici di qualsiasi sistema parlamentare e pluralista, primo tra tutti la separazione dei poteri tra giudiziario, legislativo ed esecutivo: con la nuova Costituzione il presidente non solo avrà il potere di controllare il sistema giudiziario potendo nominare giudici e procuratori ma, essendo anche capo del partito di governo, potrà plasmare la sua rappresentanza parlamentare a proprio piacimento selezionando i deputati a partire dai suoi fedelissimi; avrà inoltre diritto di nomina di tutto il suo gabinetto (oggi il sistema turco è molto simile a quello italiano, nel quale il primo ministro è un primus inter paresrispetto agli altri ministri, ndr).
Secondo il nuovo testo costituzionale, il presidente resterà in carica per cinque anni dopo i quali potrà candidarsi per un nuovo mandato. Quindi Erdogan, se eletto nelle prossime elezioni del 2019, potrebbe restare in carica fino al 2029, pur essendo già al potere da 14 anni, 11 da primo ministro e 3 da presidente. Un periodo lunghissimo che lo trasformerebbe in un monarca quasi assoluto e che muterebbe alle radici la democrazia turca rispetto a come è stata negli ultimi 94 anni.
I sondaggi sul referendum
Come detto, il nuovo testo costituzionale dovrà essere sottoposto a referendum entro il prossimo aprile. Secondo alcuni osservatori la sua approvazione non è ancora scontata. Due sondaggi, riportati dall’Osservatorio sul Medio Oriente Al Monitor, offrono risultati contrastanti. Il primo dell’istituto demoscopico turco A&G stima la vittoria del “Sì” con il 52% dei voti, mentre il secondo di Metropoll assegna al fronte del “No” il 51% dei voti. Inoltre, secondo i sondaggisti, un significativo 20% degli elettori del partito di Erdogan esprime perplessità sulla svolta presidenzialista, mentre almeno metà dei votanti del Partito Nazionalista di Azione non condivide né l’appoggio dato dal partito all’AKP né i contenuti di questa riforma.
Insomma i giochi per Erdogan non sono ancora fatti, anche se le condizioni del dibattito politico e quelle della prossima campagna elettorale referendaria saranno indubbiamente segnate dalla repressione dei media di opposizione – costretti al silenzio o all’autocensura dall’arresto di molti giornalisti – e dei partiti non schierati con il presidente.
Il segretario dell’HDP, Selahattin Demirtas, leader carismatico dei curdi non estremisti, è in prigione e non potrà esercitare la sua riconosciuta capacità oratoria in campagna elettorale, così come non lo potranno fare molti opinionisti e analisti politici arrestati con l’accusa di complicità nel tentato golpe o di essere vicini al movimento del leader politico religioso in esilio Fetullah Gulen. In questa situazione di democrazia bloccata è possibile quindi che ad aprile Erdogan coroni il suo sogno di dominare con un mix di autoritarismo e di paternalismo populista il proprio Paese.
Fonte: http://www.lookoutnews.it/turchia-erdogan-nuova-costituzione-referendum/
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