Investimenti – Parte seconda
Di Mensa Andrea
Abbiamo visto nella prima parte come un investimento sia una “riserva di valore” un po’ più affidabile del denaro, visto che le politiche monetarie tendono sempre a provocare una perdita di valore del denaro, nel tempo.
Questo per incoraggiare gli utenti del denaro a spenderlo, pensando che un bene costa meno oggi di domani, e quindi a non tesaurizzare il denaro.
Il conservare il denaro, anziché spenderlo, ne diminuirebbe la velocità di circolazione.
Quindi acquistare beni reali che presumibilmente conserveranno, o magari accresceranno, il loro valore, è un modo per non veder svalutati i propri risparmi.
Una delle cose, però, alla quale occorre fare attenzione, è il programmare i tipi di investimenti in modo da non esser mai costretti a vendere i beni, spinti dalla necessità di denaro.
Programmare , quindi gli investimenti in modo da scadenzare a tempi diversi la possibilità di venderli, convertendoli quindi in denaro.
Se c’è qualcosa che può trasformare anche un buon investimento in una perdita secca, è il vendere sotto la pressione della necessità di denaro.
Un investimento bisogna poterlo “vendere” quando la sua quotazione è alta, non quando si ha bisogno.
È una regola banale, che credo chiunque condivida, ma che non tutti seguono, per non aver programmato gli impieghi del loro denaro.
Abbiamo visto l’immobiliare come investimento, nella prima parte, omettendo di ricordare che, comunque un immobile da adibire a prima abitazione, è comunque sempre un buon investimento, mentre molta più attenzione va fatta se l’immobile lo si acquista come riserva di valore, oppure per affittarlo a terzi.
Oggi tratterò dell’investimento in titoli.
Buoni del tesoro obbligazioni o altri tipi di derivati sono titoli di credito.
Ovvero quando “nascono” ovvero vengono rilasciati, vengono dati in cambio di denaro, e sono caratterizzati dal fatto di avere una data di scadenza alla quale l’emittente si impegna a rimborsare il denaro in cambio del titolo stesso.
Questa operazione conferisce al possessore del titolo un interesse, che può esser pagato all’emissione, chiedendo un importo inferiore a quello facciale del titolo stesso, oppure pagando delle cedole che scadono e vengono pagate periodicamente, normalmente ogni 6 mesi, oppure alla scadenza.
L’interesse, oltre ad esser funzione del periodo di “vita” del titolo, e quindi della durata del prestito, sconta anche il “rischio insolvenza”, ovvero il pericolo che alla scadenza o anche durante la vita del titolo, l’emittente vada in bancarotta, e quindi non sia più in grado di rimborsare quanto dovuto.
L’interesse sarà così tanto più alto , quanto tale rischio sarà valutato alto.
Facendosi attrarre da titoli ad alto rendimento, bisogna esser consapevoli che anche il rischio di non ricevere più indietro il proprio capitale, o riceverne solo una parte, è alto.
Vi sono titoli, soprattutto statali (o sovrani), che possono presentare un interesse variabile legato al livello di inflazione, calcolato comunque su parametri predefiniti.
Questi titoli di credito hanno un grosso vantaggio, e cioè, essendoci un “mercato” molto attivo e liquido ( liquido significa che vi avvengono molti scambi di vendita/acquisto) che quindi rendono tali titoli, soprattutto se di emittenti affidabili per cosa riguarda il rimborso, facilmente vendibili o acquistabili anche in momenti diversi dall’emissione o dalla scadenza. Rendono cioè il titolo “liquido”.
Nel caso si programmasse di ricorrere al mercato per acquistare/vendere titoli occorre avere ben chiara una regola.
Se il tasso di interesse è in rialzo, il valore del titolo scende, e viceversa se sta scendendo.
Questo è causato dal fatto che tutti i titoli sul mercato devono avere un valore equivalente, altrimenti si acquisterebbero solo quelli più convenienti e si cercherebbe di vendere gli altri, con scarsa probabilità di successo. Perché?
Supponiamo di avere un titolo di valore facciale 1000, interesse 5% annuo e vita residua di 5 anni.
Supponiamo che lo stesso emittente, visto che il tasso di interesse è cresciuto, emetta altri titoli però al 6%.
Per portare il primo a livello concorrenziale con il secondo, visto che quest’ultimo nei prossimi 5 anni renderà 5*60=300, mentre il primo renderà 5*50=250, quest’ultimo dovrò farlo pagare 50 di meno ( o circa perché il calcolo esatto è un po’ diverso) ovvero 950, valore che crescerà di 10 ad ogni anno che passa, da sommare ai 50 di interesse che renderà, fino alla scadenza, momento in cui verrà rimborsato l’intero capitale facciale , ovvero 1000.
Il discorso è esattamente inverso nel caso di tassi in discesa.
In caso di tassi in calo o in crescita la decisione di chi abbia dei titoli che scadono dopo parecchi anni è tra l’aspettare la scadenza del titolo stesso e godersi la maggiore remunerazione dei titoli in portafoglio, nel primo caso o in perdita nel secondo, grazie all’interesse offerto dal titolo rispetto a quello di mercato, oppure monetizzare subito il titolo vendendolo e ricavarne il guadagno o la perdita e passare ad altro investimento.
Tutt’altro discorso merita invece l’investimento in borsa.
Una azione rappresenta un ennesimo di proprietà dell’azienda, e per ora non faccio distinzioni tra azioni ordinarie, privilegiate, di risparmio, a voto limitato, ecc…
A seconda del tipo di azione essa da diritto, per la quota di proprietà che rappresenta, a tutte o parte delle prerogative legate alla proprietà.
Ma quello di cui voglio trattare è il MERCATO delle azioni, ovvero della Borsa Valori, nella quale si stabilisce il valore di una azione, considerando tutti i fattori che di una azienda ne costituiscono il valore, e cioè dal possesso di immobili, macchinari, brevetti, avviamento, marchio, redditività, programmi futuri, liquidità, ecc…., ma soprattutto tenendo presente la desiderabilità del pubblico di partecipare al possesso dell’azienda e di deciderne il futuro.
Tale valore quindi sommando tutti questi fattori, al valore aggiunto della legge della domanda e dell’offerta, si manifesta nel suo prezzo di contrattazione, che varia anche molte volte in un giorno.
E qui occorre fare una piccola parentesi per puntualizzare un meccanismo insito nel mercato, e valido per le azioni, gli immobili, ecc…
Se è vero che in ogni momento, in questi “mercati” i valori dei beni espressi, cambiano in continuazione, seguendo appunto la domanda e l’offerta, è pur vero che il prezzo espresso viene calcolato sulla base dello scambio (vendita e acquisto) di una piccola percentuale dei beni rappresentati da quella tipologia.
Così se il mercato definisce che l’azione fiat vale 9 euro (per esempio) e quindi qualsiasi azione ordinaria della fiat ha questo valore, tale valore viene determinato per TUTTE le azioni dallo scambio , poniamo, di un centomillesimo di tutte le azioni simili, ed esteso arbitrariamente a tutte le altre.
Quindi una quotazione avrà tanto più senso, quanto è il numero di azioni scambiate in quella contrattazione, mentre, viceversa una quotazione raggiunta su piccoli quantitativi, sarà solo orientativa.
Grazie al meccanismo di formazione della quotazione, accade che se si manifesta prima l’acquirente e poi il venditore, il valore sale, se viceversa arriva prima il venditore, il prezzo scende.
Questo perché, quando il titolo viene “chiamato” ovvero si comunica a tutti gli operatori di fare le loro offerte e richieste, il prezzo resterà invariato se si pareggeranno, mentre e le richieste supereranno le offerte, il prezzo, per tutti, comincerà a salire di una percentuale fissa, fino a che si uniranno altri venditori, aumentando così l’offerta.
Meccanismo analogo ma contrario se le vendite superano le richieste, il prezzo scenderà fino a che offerte non verranno ritirate e/o il numero di richieste aumentate.
Sovente, gli operatori, agiscono , per piccoli quantitativi, anche per conto proprio, oltre che per conto dei clienti, stabilizzando così domanda e offerta per i piccoli quantitativi residui.
Questo estendere comunque a tutto l’insieme delle azioni, il valore stabilito su una piccola percentuale di esse, è la ragione per cui si dice, in caso di cali consistenti, che sono stati “bruciati” tot capitali.
In effetti sono capitali che non sono mai realmente esistiti, ma calcolati solo estendendo all’intero 100% delle azioni il valore di quelle contrattate.
E questa è anche la ragione per cui , un investimento in borsa, lo si potrà definire più o meno buono, solo quando si sarà venduta la propria partecipazione, e quindi si conoscerà a quale prezzo.
Stesso discorso vale per gli immobili e ogni altro investimento che non abbia un mercato estremamente liquido, ovvero nel quale ogni giorno avvenga lo scambio di un grosso quantitativo di beni analoghi.
Da ricordare comunque che questi tipi di investimenti, per dare un buon risultato , occorre che non vengano mai monetizzati, ovvero venduti, in condizione di urgenza. Il disinvestimento va sempre fatto quando la quotazione ha raggiunto il livello programmato.
Allego una descrizione dei vari tipi di azione gentilmente offerta da Wikipedia.
Azioni ordinarie
Sono le azioni che non rientrano in nessuna delle categorie seguenti. Assegnano diritti patrimoniali quali il diritto al dividendo, diritto al rimborso del capitale in caso di scioglimento della società e il diritto di opzione in caso di aumento del capitale; assegnano anche diritti amministrativi tipicamente quello di voto nell’assemblea ordinaria e straordinaria della società.
Azioni privilegiate
Le azioni privilegiate sono azioni nominative che assicurano all’azionista la precedenza nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale all’atto dello scioglimento della società. Dati questi privilegi i portatori di azioni privilegiate subiscono delle limitazioni nel diritto di voto, che è precluso nelle assemblee ordinarie, mentre è concesso in quelle straordinarie. Attribuiscono inoltre ai loro possessori diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore. Nell’eventualità in cui le azioni privilegiate conferiscano al titolare il pieno diritto di voto, queste prendono il nome di “azioni preferenziali”. Le azioni privilegiate possono essere emesse anche da società “non quotate”.
Azioni di risparmio
Sono azioni prive del diritto di voto nell’assemblea ma privilegiate nella distribuzione del dividendo, poiché la società emittente deve distribuire utili ai titolari di queste azioni fino ad almeno il 5% del valore nominale delle azioni stesse. Sono, solitamente, destinate ai piccoli risparmiatori che cercano più il rendimento dell’investimento che l’esercizio del diritto di voto. Sono state istituite in Italia con la legge 7 giugno 1974 n. 216, che ha istituito la Consob. Queste azioni sono spesso al portatore perché destinate generalmente al grande pubblico. Le azioni di risparmio possono essere emesse unicamente da società con azioni quotate in Borsa, sui mercati regolamentati, sia italiani, sia di altri paesi dell’Unione Europea.
Azioni a voto limitato
Sono azioni che subiscono una limitazione del diritto di voto rispetto alle azioni ordinarie (ad esempio, possono votare solo nelle assemblee straordinarie), fino alla sua totale soppressione. In questa ipotesi rientrano: 1) Azioni senza diritto di voto; 2) Azioni con diritto di voto subordinato al verificarsi di condizioni non meramente potestative; 3) Azioni con diritto di voto limitato a particolari argomenti. Se vengono emesse da società quotate in borsa, devono avere un privilegio dal punto di vista patrimoniale, secondo quanto previsto dall’art. 145 comma 1 del Decreto Legislativo 24 febbraio 1998 n. 58, venendo ad assumere la veste di azioni di risparmio o azioni privilegiate. Se sono emesse da società non quotate in borsa, il diritto di voto può essere limitato anche senza la concessione del privilegio patrimoniale.
Azioni correlate
Sono azioni fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore. Sono disciplinate dall’articolo 2350 comma 2 del codice civile e sono state istituite con la riforma del diritto societario entrata in vigore a gennaio 2004. Non concedono comunque diritto al dividendo se non sulla base di utili risultanti dal bilancio complessivo della società.
Azioni postergate
Sono azioni che hanno diverse modalità di partecipazioni alle perdite. L’azione dunque subisce la perdita solo dopo il totale annullamento delle altre azioni. E possibile quindi creare azioni postergate nella partecipazione alla copertura delle perdite. Questo tipo di azioni non è ammesso alle contrattazioni di borsa ed inoltre non garantisce il diritto di voto in assemblea a meno che non sia esplicitamente previsto dall’atto costitutivo o dallo statuto della società
Azioni di godimento
Sono delle azioni assegnate come rimborso all’ex azionista nel caso in cui le sue azioni siano state annullate per via di una riduzione del capitale sociale per esuberanza. Esse attribuiscono un diritto di partecipazione agli utili futuri ma non rappresentano una quota di capitale sociale e sono postergate rispetto alle altre categorie di soci. Gli utili saranno corrisposti a questa categoria di azioni solo successivamente alla remunerazione di tutte le altre categorie di azioni nella misura dell’interesse legale, e anche in caso di scioglimento della società il diritto alla liquidazione di un eventuale attivo residuale sarà postergato rispetto alle altre categorie di azioni. Alle azioni di godimento è negato il diritto di voto. Esse scaturiscono dalla differenza di valore che intercorre tra il valore nominale dell’azione e il valore reale della stessa; l’azione all’atto del rimborso ha un valore di gran lunga superiore a quello originario (valore nominale) e per la differenza vengono attribuite queste azioni di godimento.
Azioni a favore dei prestatori di lavoro
L’art 2349 consente l’assegnazione straordinaria di utili ai dipendenti della società attraverso un procedimento articolato: gli utili conseguiti vengono imputati a capitale e per l’importo corrispondente la società emette speciali categorie di azioni che vengono assegnate gratuitamente ai prestatori di lavoro. Per tali azioni, la società, può stabilire norme particolari riguardanti: la forma, le modalità di trasferimento e i diritti spettanti agli azionisti.
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La settimana nel mondo
Gli accadimenti libici hanno spinto al ribasso i mercati più rischiosi rispetto ai massimi di venerdì scorso, mentre il petrolio continua la sua ascesa, nonostante le scorte siano ad un buon livello.
Il rischio contagio nelle regioni nordafricane sta spingendo alcuni regimi, tra cui l’Arabia Saudita a concessioni straordinarie.
Nel mercato del reddito fisso si è avuto un rally dei bond americani e tedeschi, mentre la BCE appare ossessionata dall’inflazione.
Mentre la vittoria elettorale irlandese dei partiti di sinistra crea il rischio di tagli unilaterali alle obbligazioni delle principali banche.
Correzione delle borse e mercati dei cambi con dollaro in calo sullo yen e franco svizzero, mentre si rafforza sui paesi emergenti che presentano elevata inflazione.
Aumenta il deprezzamento della sterlina inglese, che fa escludere un rialzo dei tassi.
Gli alimentari infine paiono stabilizzati però su valori molto elevati.
Questo il riassunto degli eventi della settimana.
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[…] fonte: Investimenti – Parte seconda » Appelloalpopolo – E-zine … Aggregato il 1 marzo, 2011 nella categoria Mercati Nessun Commento […]