Dibattito Prodi-Brancaccio sulla storia dell’Unione europea
di EMILIANO BRANCACCIO
Università di Bologna, 23 febbraio 2017 – Seminario su “La storia e le fondamenta economiche della UE”, organizzato dall’associazione studentesca “Rethinking Economics Bologna”. Relatori l’ex Presidente del Consiglio ed ex Presidente della Commissione UE Romano Prodi, e l’economista Emiliano Brancaccio dell’Università del Sannio.
Una sintesi delle relazioni e del dibattito con gli studenti (14 minuti):
I video integrali delle relazioni, uno stralcio del testo di Emiliano Brancaccio e le foto dell’iniziativa:
———————————————————————————————
I video integrali delle relazioni di Prodi e Brancaccio:
– Video integrale della relazione di Romano Prodi (46 minuti)
– Video integrale della relazione di Emiliano Brancaccio (45 minuti)
———————————————————————————————-
——————————————————————————————–
Pubblichiamo uno stralcio del testo provvisorio della relazione di Emiliano Brancaccio (entrambe le relazioni integrali saranno pubblicate su uno dei prossimi numeri della rivista Micromega):
[…] L’analisi costi-benefici ha rappresentato lo strumento maggiormente in voga tra gli economisti per indagare sulle determinanti e le possibili implicazioni della unione economica e monetaria europea. La letteratura in materia prolifera ancora oggi. Esistono però, a mio avviso, dei criteri d’indagine migliori. Un modo più smaliziato di valutare il processo di unificazione europea consiste non tanto nel discutere analiticamente di costi e benefici ma consiste piuttosto nel reputare la nascita della moneta unica come un processo storico ineluttabile, vale a dire come una conseguenza resa necessaria da decisioni precedenti.
Noi sappiamo, a questo riguardo che la moneta unica europea rappresenta la fase più recente di un lungo processo di integrazione economica, che è iniziato con i trattati istitutivi della Comunità economica del carbone e dell’acciaio del 1951 e della Comunità economica europea del 1957, è proseguito con il Sistema monetario europeo del 1979, è andato ancora avanti con l’Atto unico del 1986 che sanciva l’ulteriore liberalizzazione dei movimenti di merci e soprattutto dei movimenti di capitali. La nascita dell’euro, nel 1999, è stata dunque interpretata come una evoluzione necessaria delle relazioni europee, una evoluzione conseguente alla sempre maggiore libertà degli scambi all’interno dell’Unione. La tesi centrale, in questo senso, è che in un contesto di liberalizzazione degli scambi, se si vogliono evitare fughe di capitale e continue fluttuazioni dei tassi di cambio, allora la politica monetaria interna ad un paese deve esser vincolata all’esigenza di tenere i tassi d’interesse nazionali in linea con i tassi prevalenti all’estero.
Nel 1982, e poi in vari scritti successivi, Tommaso Padoa Schioppa sviluppò questo punto sostenendo che la sequenza attivata dalla progressiva liberalizzazione degli scambi avrebbe dato luogo a un “quartetto inconciliabile”: la libertà di movimento di merci (1) e di capitali (2), e i tassi di cambio fissi (3), sarebbero cioè risultati incompatibili con l’autonomia della politica monetaria nazionale (4). Proprio per questo, sosteneva Padoa Schioppa, si sarebbero presto create condizioni storiche favorevoli alla cessione della politica monetaria a un’unica autorità sovranazionale, e alla nascita conseguente di una moneta unica. Padoa Schioppa, e lo stesso Romano Prodi, solevano sintetizzare il problema del “quartetto inconciliabile” con una celebre metafora, originariamente attribuita a Delors: “l’unificazione europea è come la bicicletta: o pedali e vai avanti oppure ti fermi e quindi cadi”.
Ora, questa tesi, della nascita dell’euro come conseguenza logica della necessità di superare il problema del “quartetto inconciliabile”, trova in effetti qualche riscontro storico. Per citare un esempio, la crisi dello Sistema monetario europeo del 1992 venne favorita dalla decisione della Bundesbank di inaugurare una fase di rialzo dei tassi d’interesse. La decisione della Bundesbank scatenò una fuga di capitali verso la Germania, di tale portata da condurre in poche settimane al tracollo dello SME. Come è noto, numerosi speculatori trassero spunto da quella decisione di policy per sferrare poderosi attacchi alle valute deboli dello SME: George Soros è uno dei tanti. Ebbene, dopo l’implosione del regime dello SME, molti osservatori, in Francia e non solo, si convinsero che solo una corsa spedita verso la moneta unica potesse risolvere questo problema, poiché avrebbe reso la politica monetaria europea un processo condiviso: avrebbe cioè costretto le autorità tedesche a sedersi a un tavolo con i rappresentanti degli altri paesi per co-decidere la linea di policy della banca centrale.
La tesi del “quartetto inconciliabile” di Padoa Schioppa ha ispirato molti studi successivi. Essa è stata sviluppata da Maurice Obstfeld, che ha parlato di “triade incoerente” dell’economia internazionale, ed è stata poi generalizzata da Dani Rodrik, che ha proposto il cosiddetto “trilemma politico della globalizzazione”.
Uno dei motivi di questo successo, a mio avviso, risiede nel fatto che il “quartetto inconciliabile” può suggerire un’idea dell’euro come esito di un processo storico, come conseguenza della necessità di superare le contraddizioni dei sistemi precedenti, potremmo dire come “destino teleologico”.
Si tratta di un’idea interessante dal punto di vista dell’epistemologia: è infatti un’idea dinamica, è un’idea che richiama la cosiddetta “logica dialettica” e che proprio per questo può forse aiutarci a superare i confini, piuttosto angusti, della “logica analitica” che è invece alla base delle consuete analisi costi-benefici.
Ma questa stessa idea dialettica e storicizzata di unificazione europea, è interessante anche dal punto di vista della teoria economica. Perché vedete, la tesi del “quartetto inconciliabile”, che è alla base di questa visione, presuppone logicamente che se esistessero restrizioni ai movimenti di capitali allora esisterebbero pure diversi livelli possibili dei tassi d’interesse e delle altre variabili macroeconomiche, livelli che corrisponderebbero ciascuno a un diverso indirizzo di politica economica. Se ci pensate, siamo piuttosto lontani dall’idea di “equilibrio naturale” che è propria delle consuete analisi mainstream di teoria e politica economica, dal momento che quel tipo di equilibrio viene solitamente ritenuto refrattario ai mutamenti di indirizzo delle politiche di gestione della domanda effettiva. Il quartetto inconciliabile di Padoa Schioppa, così come la “triade incoerente” di Obstfeld, o il “Trilemma politico” di Rodrik, a ben guardare e al di là delle intenzioni dei suoi ideatori, rappresentano delle sotterranee eversioni dalla tradizionale logica mainstream dell’equilibrio “naturale” e risultano per certi versi più affini agli odierni approcci alternativi di teoria e politica economica. Nella logica dell’Anti-Blanchard, per intenderci, questi quartetti, o triadi, o trilemmi, si situerebbero nei capitoli dedicati all’eterodossia. […]
Le relazioni integrali di Romano Prodi ed Emiliano Brancaccio saranno pubblicate su uno dei prossimi numeri della rivista Micromega.
Commenti recenti