Libia, corsa alle basi militari: Russia in vantaggio sugli USA
di LOOKOUT NEWS (Rocco Bellantone)
Il Pentagono manterrà truppe di terra a sud di Sirte per stanare le ultime sacche di resistenza di ISIS. Forte dell’appoggio al generale Haftar, Mosca potrebbe invece ottenere in tempi brevi un presidio militare sul Mediterraneo
L’aumento della presenza militare in Libia rappresenta una priorità sia per gli Stati Uniti che per la Russia. Per conto degli USA, l’ultima conferma ufficiale è arrivata dal generale Thomas Waldhauser, a capo dello US Africa Command(AFRICOM). In una conferenza stampa tenuta lo scorso 24 marzo, il generale ha dichiarato che gli USA manterranno truppe di terra in Libia per eliminare le ultime sacche di resistenza dello Stato Islamico annidate a sud di Sirte, roccaforte jihadista liberata dal Califfato a dicembre dopo lunghi combattimenti. Secondo il Pentagono, i miliziani affiliati a ISIS in quest’area sarebbero non più 200. Un anno fa, prima del forcing delle forze libiche fedeli al GNA (Governo di Accordo Nazionale) del premier Fayez Al Serraj, e dei bombardamenti effettuati da caccia e droni americani (700 raid tra agosto e dicembre, ndr), erano oltre 6mila.
La notizia data dal generale Waldhauser è stata confermata da Mohammed Gunono, portavoce della Sala operativa del GNA, il quale ha specificato che jihadisti sarebbero concentrati in un’area situata tra Sirte, Khums e Jufra, dunque a sud rispetto al bacino della Sirte. La loro individuazione è stata possibile grazie a dei voli di ricognizione che droni e caccia USA hanno effettuato negli ultimi mesi utilizzando le informazioni ottenute sul terreno da miliziani dell’operazione “Al Bunian al Marsus”, lanciata da Al Serraj per riprendere Sirte.
Stanare gli irriducibili dell’ISIS non è però l’unico obiettivo degli USA. Dispiegando un numero sempre maggiore di uomini e mezzi in quest’area, il Pentagono punta infatti a creare una base operativa attraverso cui monitorare i movimenti dei gruppi affiliati ad Al Qaeda attivi tra il Sahel e l’Africa sub-sahariana. Nel mirino ci sono non solo i somali di Al Shabaab, ma anche Jamaat Nasr Al islam wa Al mouminin (“Gruppo per la vittoria dell’Islam e dei suoi fedeli”), nuova sigla coniata da AQIM (Al Qaeda nel Maghreb Islamico) in cui sono confluite Ansar Eddine, il gruppo salafita Fronte di Liberazione di Macina e soprattutto Al-Mourabitoune (“Le sentinelle”), formazione guidata dal signore della guerra Mokhtar Belmokhtar.
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Ma non solo. Posizionandosi in pianta stabile in Libia gli USA provano anche a rispondere alla progressiva estensione della sfera d’influenza della Russia nell’area. Nel briefing del 24 marzo, alla domanda riguardo il coinvolgimento politico e soprattutto militare di Mosca in Libia, Waldhauser ha detto poche ma esplicative parole: «Sappiamo che agenti russi sono sul terreno in Libia», «osserviamo cosa fanno con grande preoccupazione».
Seppur indirettamente, Waldhauser ha dunque confermato la notizia battuta poche settimane fa dall’agenzia Reuters secondo cui un contingente di agenti delle forze speciali russe avrebbe oltrepassato il confine libico dalla base egiziana di Sidi Barrani, situata a circa 100 km dalla Libia, dove Mosca avrebbe anche fatto decollare dei droni per operazioni di ricognizione. Prima della diffusione di questa informazione, ne era circolata un’altra per la quale contingenti militari russi sarebbero stanziati già dai primi di febbraio in un’altra base egiziana situata più a est, ossia quella di Marsa Matrouh.
(Il generale Thomas Waldhauser, capo dello US Africa Command)
La strategia della Russia
Finora dalla Russia sono arrivate solo smentite, mentre dalla Cirenaica le dichiarazioni sono state contraddittorie. Recentemente Aguila Saleh Issa, presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk (il parlamento rivale di quello che risponde al GNA di Al Serraj, ndr), ha confermato che il suo esecutivo ha chiesto aiuto al governo russo per l’addestramento dei soldati del Libyan National Army e per la riparazione dei mezzi militari in dotazione dell’esercito agli ordini del generale Hafar. Mohamed Manfour, comandante della base aerea di Benina nei pressi di Bengasi, ha invece negato sia che le forze ai suoi ordini abbiano ricevuto assistenza militare dalla Russia, sia l’esistenza di forze militari o di basi russe nella Libia orientale.
Al netto di queste affermazioni, non è un mistero che l’obiettivo di ottenere un affaccio militare sul Mediterraneo sia da tempo un pallino della Russia, già in parte raggiunto dal Cremlino con il controllo delle basi di Tartus e Latakia in Siria. Mosca aveva avviato contatti in tal senso con il dittatore Muammar Gheddafi. Questi nel 2008 era nella capitale russa per incontrare l’allora presidente russo Dmitry Medvedev, al quale in cambio di una base situata nell’area di Bengasi aveva chiesto forniture di armi e cooperazione per sviluppare i propri programmi nucleari.
(Mosca, 1 novembre 2008: l’incontro tra Medvedev e Gheddafi)
Caduto Gheddafi, adesso è ad Haftar che il presidente russo Vladimir Putin guarda come all’uomo giusto per centrare questo obiettivo, oltre che per garantirsi un accesso diretto ai terminal della Mezzaluna Petrolifera, tornati poche settimane fa sotto il controllo del generale della Cirenaica. Durante la sua visita sulla portaerei russa Kuznetsov a metà gennaio, Haftar avrebbe trovato un accordo di massima per consentire alla Russia di costruire due basi militari nei pressi di Tobruk e a Bengasi.
In attesa di sviluppi, nella “corsa alle basi” in Libia gli USA non possono far altro che rincorrere. Mosca al momento gode infatti di un vantaggio enorme: ha da tempo puntato sulla pedina vincente, vale a dire Khalifa Haftar, il quale non solo comanda la principale forza militare del Paese ma anche il controllo di un’ampia fetta della sua unica ricchezza, ossia il petrolio.
Fonte: http://www.lookoutnews.it/libia-basi-militari-russia-usa/
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