La versione di Dershowitz: perché sbaglia chi accusa Trump
di LOOKOUT NEWS (Alfredo Mantici)
Il professore di Harward, sostenitore della Clinton e noto per aver difeso imputati eccellenti, smonta le tesi dei detrattori del presidente: «Trump ha semplicemente esercitato la sua autorità costituzionale»
Negli ultimi giorni lo scenario intorno alla Casa Bianca è leggermente cambiato. Chi in questi mesi, non riuscendo a digerire la sconfitta di Hillary Clinton alle elezioni presidenziali, ha sperato che la presidenza di Donald Trump finisse rapidamente con un processo per impeachment, si è dovuto ricredere.
La stessa speranza è stata accarezzata anche dalla quasi totalità della stampa americana. Utilizzando i leaks – ossia il flusso costante di rivelazioni di notizie riservate alimentato da «fonti che preferiscono mantenere l’anonimato», e cioè da funzionari dell’intelligence che tradiscono il proprio mandato – i giornali più letti negli Stati Uniti – New York Times e Washington Post in testa – hanno condotto una campagna martellante contro Trump. Ma il loro tentativo di trovare prove di un «comportamento criminale» da parte del nuovo inquilino della Casa Bianca, determinando così il suo sfratto anticipato da Pennsylvania Avenue, sta fallendo.
La confessione di Comey
Il climax della campagna anti-Trump si sarebbe dovuto raggiungere lo scorso 8 giugno con la testimonianza, di fronte ai componenti del Senate Intelligence Committee, di James Comey, l’ex direttore dell’FBI licenziato da Trump il 9 maggio.
Come ammette il Washington Post in un articolo pubblicato il 10 giugno, «per i democratici […] la testimonianza al Senato del direttore licenziato dell’FBI avrebbe dovuto essere devastante per il presidente Trump, dipinto come un bugiardo che ha tentato di bloccare un’investigazione federale su un suo consigliere e lo avrebbe dovuto porre in una condizione di tremendo pericolo legale».
(L’ex direttore dell’FBI James Comey)
Oggi, in realtà, l’unica persona che corre un certo «pericolo legale» è proprio James Comey. Dopo aver confermato i contenuti del suo memoriale preparato in vista dell’audizione, e aver sottolineato che Trump non è oggetto di investigazione nell’ambito del cosiddetto Russiagate – le presunte interferenze russe nelle elezioni americane – l’ex direttore dell’FBI ha candidamente e imprudentemente ammesso di aver trasmesso alla stampa il contenuto dei suoi colloqui riservati con il presidente. «Ero francamente preoccupato – ha detto Comey sotto giuramento – che lui (il presidente, ndr) potesse mentire sulla natura dei nostri incontri. Ho pensato: questa cosa mi disturba […] è meglio dirlo al mio vecchio amico professore universitario e lui lo dirà ai giornali».
Nel corso dell’audizione Comey ha ripetuto quanto già era stato comunicato alla stampa da settimane, e cioè che Trump durante il loro colloquio del 14 febbraio scorso aveva manifestato la «speranza» che il suo ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn – costretto alle dimissioni per aver taciuto al vicepresidente Mike Pence la natura dei suoi incontri con diplomatici russi – venisse «lasciato stare» perché era «un brav’uomo».
Da quando queste dichiarazioni sono diventate di dominio pubblico, per tutti gli oppositori di Trump – i democratici e il vecchio establishment repubblicano – hanno rappresentato il colpo finale che avrebbe dovuto inchiodare definitivamente Trump in quanto dimostravano un «criminale» tentativo di «ostacolare la giustizia».
Il professor Dershowitz difende Trump
La festa per il “funerale politico” anticipato di Trump è stata però rovinata da uno dei più prestigiosi e famosi intellettuali democratici d’America, il professore di diritto costituzionale alla Scuola di Legge dell’Università di Harvard Alan Dershowitz. Settantotto anni, ardente sostenitore di Hillary Clinton, Dershowitz è un prolifico autore di testi di giurisprudenza e di legal thriller di successo, noto in tutto il mondo per aver assunto la difesa di imputati “eccellenti” dati per condannati e poi assolti grazie alla sua professionalità.
In un commento a caldo pubblicato da Fox News poche ore dopo la fine della testimonianza di Comey, Dershowitz ha gettato nello sconcerto tutti quelli che ha definito «sapientoni» («pundit») del suo partito, raffreddando le speranze di chi sosteneva che la richiesta di «lasciar stare» Flynn rivolta da Trump al capo dell’FBI fosse sufficiente ad aprire un procedimento di impeachment nei confronti del presidente.
(Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump)
«Sotto la nostra Costituzione – ha scritto Dershowitz – il presidente ha l’autorità per ordinare all’FBI di interrompere le indagini contro chiunque. Il presidente può decidere chi investigare e chi non investigare, chi perseguire e chi non perseguire. Il presidente è il capo dell’Esecutivo e il Dipartimento della Giustizia e l’FBI lavorano alle sue dirette dipendenze ed egli può ordinare loro di fare tutto quello che egli desidera […] Ogni sapientone democratico che nella sua frenesia di bloccare Trump ha volontariamente ignorato queste realtà ha messo in pericolo le nostre libertà civili e i nostri diritti costituzionali […] Andiamo avanti con le indagini sugli sforzi russi per interferire nelle nostre elezioni senza che l’inchiesta venga danneggiata da frivoli tentativi di accusare il presidente Trump di aver commesso un crimine quando ha semplicemente esercitato la sua autorità costituzionale».
In un’altra intervista televisiva, Dershovitz ha criticato severamente anche il comportamento di Comey sostenendo che la decisione dell’ex direttore dell’FBI di far filtrare alla stampa le sue note attraverso un amico compiacente «mostra una buona dose di codardia». Comey, ha sostenuto Dershovitz, avrebbe dovuto avere il coraggio di andare in tv a raccontare tutto. Oppure doveva tacere».
I diritti costituzionali dei cittadini sono un’idea fissa per l’anziano professore che raramente lascia le aule della sua facoltà di Harvard per scendere in quelle dei tribunali. Quando lo fa ottiene però effetti dirompenti. Sono passati alla storia casi giudiziari come il processo contro Claus Von Bulow – da cui è stato tratto un film con Jeremy Irons e Glenn Close (Il mistero Von Bulow, 1990) – e quello contro O.J. Simpson, ambedue accusati di uxoricidio (uccisione del coniuge, ndr) nei quali Dershowitz sostenne con successo la tesi che non si può fare giustizia se durante le indagini la polizia viola i diritti degli indagati.
(Una celebre immagine del processo contro O.J. Simpson)
Dershowitz può essere considerato a tutti gli effetti un campione delle libertà civili, un democratico storico, un costituzionalista di fama internazionale che non esita a suonare la sirena di allarme quando la foga politica rischia, come sta succedendo negli Stati Uniti dall’8 novembre ad oggi, di mettere in crisi l’assetto costituzionale del Paese.
Fonte: http://www.lookoutnews.it/alan-dershowitz-difende-donald-trump/
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