Turchia, echi di Gaza
di OSSERVATORIO CAUCASO E BALCANI (Kenan Behzat Sharpe)
La politica turca è stata sempre estremamente sensibile al conflitto israelo-palestinese. L’attacco di Hamas ad Israele e la successiva operazione militare israeliana a Gaza hanno riaperto dibattito e scontro anche in Turchia
La notizia del bombardamento dell’ospedale arabo al-Ahli di Gaza il 17 ottobre ha portato rapidamente a manifestazioni in tutta la Turchia. I manifestanti si sono radunati il giorno successivo davanti all’ambasciata israeliana a Istanbul e hanno preso d’assalto l’area prima di essere respinti dalla polizia che utilizzava gas lacrimogeni e idranti.
Il giorno successivo le proteste sono continuate con manifestanti sia islamici che di sinistra davanti all’ambasciata. Il primo gruppo gridava “Allahu Akbar!” e “Saluti ad Hamas”, mentre il secondo cantava “Abbasso il sionismo, il fascismo e la sharia” e utilizzava slogan che descrivevano il governo turco come un sostenitore di Israele.
Il sostegno ai palestinesi è diffuso nella società turca, con diverse sfumature ideologiche. Gli islamisti vedono il conflitto israelo-palestinese attraverso il prisma della religione, i cittadini di sinistra come una questione di colonialismo e liberazione nazionale. Il Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) al potere in Turchia sa che i messaggi filo-palestinesi sono di norma popolari tra gli elettori.
Tuttavia, da quando Israele ha avviato i pesanti attacchi aerei contro Gaza dopo l’offensiva di Hamas del 7 ottobre, il governo turco ha portato avanti un atto di equilibrio tra politica interna e internazionale, cercando di capitalizzare l’ampio sostegno locale per la difficile situazione palestinese e preservare al tempo stesso l’apparenza di un outsider equilibrato che può aiutare a mediare il conflitto.
Forti legami sia con Israele che con Hamas
Nei primi giorni dopo l’offensiva di Hamas, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha parlato al telefono sia con il suo omologo israeliano Isaac Herzog che con il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas. Una dichiarazione del Ministero degli Esteri turco ha dato priorità a porre fine alle vittime civili di entrambe le parti e ha affermato che il ministero continuerà le discussioni “con tutte le parti interessate per contribuire a porre fine alla violenza”.
Il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan ha sottolineato la necessità di una soluzione a due Stati in un’intervista con il canale statale turco TRT , ventilando anche l’idea che la Turchia possa inserirsi come stato garante per potenziali colloqui tra funzionari israeliani e palestinesi. “L’importante è trasformare la crisi in un’opportunità di pace”, ha dichiarato Fidan.
Finora, nessuna delle due parti ha accettato l’offerta di mediazione della Turchia, la cui posizione tra Israele e Palestina è a dir poco complessa. Erdoğan è da tempo fortemente critico nei confronti di Israele. Ad esempio, nel 2009, durante un panel del World Economic Forum, accusò l’allora presidente israeliano Shimon Peres di essere un “assassino”. L’anno successivo, le relazioni peggiorarono dopo il cosiddetto incidente Mavi Marmara, quando un commando israeliano uccise otto cittadini turchi a bordo della “Gaza Freedom Flotilla”, che cercava di rompere il blocco israeliano della Striscia di Gaza per portare aiuti umanitari.
Tuttavia, mentre i politici turchi guadagnavano consenso a livello nazionale con commenti incendiari su Israele, l’anno successivo il commercio tra i paesi è aumentato silenziosamente del 26%. Negli ultimi due decenni, il commercio è aumentato complessivamente del 532%.
Recentemente, questi legami economici sono stati accompagnati da nuove relazioni diplomatiche, mentre la Turchia cerca di normalizzare i rapporti con i vicini del Medio Oriente, compreso Israele. L’anno scorso Erdoğan ha ospitato il presidente israeliano Isaac Herzog ad Ankara e ha incontrato il primo ministro Benjamin Netanyahu all’Assemblea generale delle Nazioni unite a New York nel settembre 2023.
Nonostante questo riavvicinamento con Israele, Erdoğan rifiuta da tempo di criticare Hamas. Recentemente, il 25 ottobre, ha ribadito che Hamas non è un’organizzazione terroristica , ma un gruppo di “guerrieri sacri” che cercano di proteggere le loro terre. È noto che i leader di Hamas Ismail Haniyeh e Saleh al-Arour risiedono parzialmente in Turchia e hanno passaporti turchi.
Dopo l’offensiva del 7 ottobre contro Israele, alcune fonti diplomatiche inizialmente avevano affermato che Ankara aveva chiesto ai funzionari di Hamas di lasciare la Turchia, ma i funzionari in seguito hanno negato e hanno detto di essersene andati di propria iniziativa. In ogni caso, i legami con Hamas rappresentano un problema per la Turchia, che cerca di assumere un ruolo di mediazione legittimo per tutte le parti. Recentemente, un gruppo di membri del congresso statunitense ha chiesto al Dipartimento di Stato di sollecitare la Turchia a reprimere le attività di Hamas nel paese.
Dichiarazioni forti, azioni poche
Le dichiarazioni più recenti di Erdoğan dopo il bombardamento dell’ospedale arabo di al-Ahli sono formulate con maggiore forza contro Israele. Sebbene Israele abbia affermato che il gruppo della Jihad islamica sia responsabile, Erdoğan ha condannato Israele, descrivendo l’episodio come “un crimine contro l’umanità e un tentativo di genocidio contro la popolazione di Gaza”.
Tuttavia, lo stesso Erdoğan ha sottolineato ancora una volta la necessità di un cessate il fuoco e di una stabilità duratura. Dichiarazioni come questa rischiano allo stesso tempo di allontanare Israele e di far arrabbiare i palestinesi, soprattutto perché la Turchia mantiene i suoi legami diplomatici ed economici con Israele.
La maggior parte delle mosse della Turchia sono state finora simboliche. La Turchia ha dichiarato tre giorni di lutto il 18 ottobre, annullando tutti gli eventi al teatro statale turco, all’opera e al balletto. Questa mossa è stata ampiamente criticata da artisti e musicisti.
La cantante pop Zeynep Bastık ha chiesto perché le attività culturali sono le prime ad essere cancellate nei momenti di lutto. “Perché condividere il dolore di qualcuno significa che migliaia di persone devono smettere di lavorare e non possono esercitare la propria professione?”.
L’AKP e i suoi alleati hanno anche organizzato la Grande Protesta della Palestina a Istanbul il 28 ottobre, il giorno prima del centenario della Repubblica Turca. I precedenti eventi celebrativi erano stati annullati a causa dei tre giorni di lutto nazionale. I critici di Erdoğan sostengono che egli stia usando la questione palestinese per evitare di celebrare l’evento, poiché gli islamisti sono critici nei confronti dell’eredità laica della repubblica.
Cambiare visione sulla Palestina
Sebbene il sostegno alla Palestina rimanga diffuso, i sondaggi locali sul conflitto a Gaza potrebbero mostrare un cambiamento nell’opinione pubblica. Secondo un sondaggio Metropoll di ottobre 2023, il 34,5% degli intervistati vuole che la Turchia rimanga neutrale nel conflitto, il 18,1% vuole che la Turchia sostenga i palestinesi ma rimanga distante da Hamas, l’11,3% vuole che sostenga Hamas e solo il 3% vuole che sostenga Israele.
Molti in Turchia sembrano cauti sul rischio di essere trascinati in un conflitto regionale, soprattutto considerando il ruolo della Turchia durante la guerra civile in Siria. Se la sinistra e gli islamisti continuano a sostenere l’autodeterminazione palestinese, pur con ragioni diverse, molti liberali anti-AKP vedono sempre più la questione attraverso il prisma della politica interna.
FONTE:https://www.balcanicaucaso.org/aree/Turchia/Turchia-echi-di-Gaza-227834
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