Riuscirà Ghassan Salamé a dare un senso alla missione ONU in Libia?
di LOOKOUT NEWS (Rocco Bellantone)
Il nuovo inviato speciale delle Nazioni Unite avrà speranze di successo se non ripeterà gli errori di chi lo ha preceduto. Solo trovando un accordo con il generale Khalifa Haftar si potrà dare un governo al Paese
Dopo il giordano Abdelilah al-Khatib, il britannico Ian Martin, il libanese Tariq Metri, lo spagnolo Bernardino León e il tedesco Martin Kobler, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha scelto un nuovo inviato speciale per la Libia. Si tratta di un altro libanese, l’accademico ed ex ministro della Cultura del governo di Beirut Ghassan Salamé.
La decisione è arrivata il 20 giugno dopo quattro mesi di stallo nelle trattative per la scelta del successore del tedesco Kobler. Tra i circa 20 papabili, a inizio febbraio era parso in testa l’ex primo ministro palestinese Salam Fayyad.
Sponsorizzata in persona dal segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, la sua nomina alla fine è stata però stoppata dagli Stati Uniti che hanno posto il loro veto venendo incontro alle richieste dell’alleato israeliano. Nonostante un curriculum di tutto rispetto, era apparso evidente da subito che la corsa di Fayyad si sarebbe conclusa con un nulla di fatto, e non solo per il fatto che fosse palestinese, dunque rappresentante di uno “Stato osservatore non membro” delle Nazioni Unite. A non digerire la scelta di Fayyad erano state infatti anzitutto diverse componenti politiche libiche tanto di Tripoli quanto di Tobruk, che avevano definito la “calata dall’alto” del diplomatico palestinese una «violazione della sovranità della Libia». Una reazione prevedibile, testimone dell’incapacità delle Nazioni Unite di saper decifrare gli equilibri interni della Libia e recepire le richieste del suo popolo.
(L’ex primo ministro palestinese Salam Fayyad)
Chi è Ghassan Salame
Libanese di 66 anni, Ghassan Salamé è decano della Scuola di Affari Internazionali di Parigi (PSIA, Paris School of International Affairs) e professore di Relazioni Internazionali del prestigioso istituto parigino Sciences Po. È stato ministro della Cultura in Libano dal 2000 al 2003. In seguito, dal 2003 al 2006, è stato consulente dei segretari generali dell’ONU Kofi Annan e Ban Ki Moon e consigliere politico della missione delle Nazioni Unite in Iraq.
Salamé è inoltre membro del comitato direttivo di diverse ong: tra queste l’International Crisis Group con sede a Bruxelles, l’International Peace Institute con sede a New York e la Open Society Foundations del magnate ungherese naturalizzato americano George Soros.
Soluzioni possibili per uscire dalla crisi
In Libia Ghassan Salamé è atteso da un compito non semplice, vale a dire dare un valore al ruolo delle Nazioni Unite in Libia. Dopo gli ultimi due deludenti mandati dello spagnolo Bernardino León (soprattutto) e del tedesco Martin Kobler, l’ONU ha infatti smarrito molto del peso con cui era “sbarcata” in Libia nel 2011 nei mesi della rivoluzione che avrebbe portato alla destituzione del colonnello Gheddafi.
Eppure, rispetto a Bernardino León, Kobler era partito bene. Insediatosi nell’ottobre del 2015, nell’arco di due mesi si era attestato, insieme all’ex segretario generale dell’ONU Ban Ki Moon, la titolarità degli accordi siglati in Marocco, a Shikrat, nel dicembre del 2015, che avevano portato alla formazione del Governo di Accordo Nazionale del premier Fayez Al Serraj.
(Da sinistra: il generale Haftar e il premier del GNA Al Serraj)
Da allora, però, il suo progetto di riunificazione della Libia si è scontrato contro la cruda realtà di un Paese frazionato sul piano politico e sociale, in mano alle milizie armate e a chi, come il generale della Cirenaica Khalifa Haftar, ha a disposizione mezzi militari, soldati e forti alleati internazionali (non solo Egitto ed Emirati, ma anche Russia e Francia) per far valere la propria posizione. Anche l’unico successo rivendicato da Kobler, vale a dire la ripresa della produzione di petrolio risalita oltre i 700mila barili al giorno, è da addebitare a un tacito accordo tra Tripoli, la National Oil Company e Haftar, dopo che questi ha preso il controllo di giacimenti e terminal della Mezzaluna Petrolifera nel bacino della Sirte.
Ghassan Salamé avrà chance di lasciare il segno in Libia se dimostrerà di aver fatto tesoro degli errori commessi dai suoi predecessori. Kobler ha accettato l’idea di dover scendere a patti con Haftar solo sul finale del suo mandato. Salamé parte invece con il vantaggio di questa consapevolezza. Non è a Tripoli, dietro le recinzioni della base navale di Abu Sitta, che si decide il destino della Libia. Da mesi la partita si gioca principalmente a est, nella Cirenaica, e lungo l’asse che collega Haftar ai suoi alleati: l’Egitto, gli Emirati Arabi Uniti, la Russia e la stessa Francia. Se il nuovo inviato speciale dell’ONU punterà da subito su una strategia totalmente diversa rispetto al passato, forse la presenza delle Nazioni Unite in Libia riacquisirà un senso.
Fonte: http://www.lookoutnews.it/libia-ghassan-salame-nuovo-inviato-speciale-onu/
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