di LUCIANO BARRA CARACCIOLO
1. Con qualche incidente di percorso sul calendario, la legge denominata (impropriamente) allo “ius soli“, andrà all’approvazione del Senato con il governo pronto a mettere la fiducia.
Si continua a prospettare che tale legge “archivierebbe” lo ius sanguinis, che invece rimane intatto nella sua precedente disciplina, mentre è vero che si tratta semplicemente di un’estensione agevolativa della già vigente disciplina dello ius soli, a cui si aggiunge uno “ius culturae“, quello sì piuttosto elastico (e non riguardante i nati in Italia).
Di queste cose abbiamo già parlato (v. qui, pp. 9 e 14, coi relativi links alla disciplina proposta e anteriormente vigente).
2. Abbiamo altrettanto evidenziato che semmai vi fosse un calcolo elettorale dietro a questo improprio “spin” relativo all’agevolazione all’acquisto della cittadinanza, questo avrebbe il respiro corto: gli stranieri già regolarmente residenti a vario titolo, secondo l’attuale disciplina, che sarebbero i destinatari delle nuove norme, non sono affatto confondibili con quelli che affluiscono sui gommoni deliberatamente sgonfi che solcano le acque territoriali libiche in attesa delle navi delle Ong, che navigano esclusivamente a questo scopo nei pressi, e spesso all’interno, di tali acque.
Al contrario, questi residenti non cittadini hanno ovvii interessi, – di prospettiva occupazionale e di fruizione legittima e attuale di livelli decenti delle prestazioni pubbliche fondamentali-, del tutto opposti a quelli propugnati dai confusi sostenitori dell’accoglienza illimitata: un’accoglienza che, non si sa perché, deve avvenire solo in Italia, come mostrano le eloquenti vicende di tragicomico “rilancio” €uropeo di questi giorni.
3. I cittadini stranieri regolarmente residenti, infatti, secondo le norme costituzionali vigenti in tema di riconoscimento “a tutti” dei diritti fondamentali, inclusi quelli di prestazione (scuola, sanità e previdenza, pubbliche), sono già in una situazione di sostanziale equiparazione ai cittadini italiani, che, tra l’altro, non muta sostanzialmente in melius, con l’aggiunta dei diritti politici che sono molto legati, in tutto il mondo, al senso civico di appartenenza escusiva ad una certa comunità territoriale nell’ambito della quale si identificano i propri interessi fondamentali, attuali e futuri, secondo un vincolo di fedeltà non più risolubile.
E notare che tale equiparazione dei residenti non cittadini, anche in superamento del limite della permanenza nel territorio italiano, avendo maturato requisiti contributivi e di età pari a quelli dei lavoratori italiani, riguarda anche l’aspetto previdenziale (e quindi è innfluente sulla sua, molto presunta, insostenibilità).
4. Ma l’acquisto della cittadinanza, secondo un ovvio percorso di ragionevole accertamento della radicazione in Italia di tali interessi, è già oggi largamente ottenibile, secondo la legislazione oggi vigente, come attesta il fatto, incomprensibilmente trascurato nel dibattito, che l’Italia è prima in tutta l’UE nella concessione di nuove cittadinanze (qui p.10).
Sta di fatto, o meglio dire, “di diritto”…€uropeo, che la falcidia dei diritti sociali, in virtù delle continue “riforme” e manovre di consolidamento fiscale, opera praticamente allo stesso modo su cittadini italiani e residenti non italiani.
Il fatto eclatante, la “mucca nel corridoio”, è piuttosto che preoccuparsi dell’allargamento a questi ultimi di diritti già riconosciuti dalla nostra Costituzione (e legislazione), risulta piuttosto contraddittorio se, per tutti-tutti, l’appartenenza all’eurozona e la regola del pareggio di bilancio, determinano la convinta e inesorabile limitazione sostanziale di tali diritti, come, d’altra parte, ammette anche Prodi, riferendosi esplicitamente alle politiche economico-fiscali imposte da L€uropa.
5. Concedere quindi l’allargamento dei diritti politici, in questa situazione di crisi permanente euroindotta, al fine di smantellare lo Stato costituzionale pluriclasse italiano, equivale soltanto a consentire anche ai neo-cittadini, e specialmente a quelli nati in Italia, la possibilità di rendere tangibile, dentro le urne, il dissenso, logico e inevitabile rispetto a tali politiche, specialmente con il più che probabile insorgere, nel tempo, di una maggior attenzione ai loro effetti, naturalmente legata alla titolarità dei diritti politici.
Questo articolo di Famiglia Cristiana mostra di non aver compreso nulla di tale assetto e di continuare a confondere l’accoglienza illimitata con la concessione della cittadinanza italiana, cioè correla la nuova legge con un presunto, e totalmente sconnesso, più esteso diritto all’entrata incondizionata nel territorio italiano; laddove, del pari, il ministro Del Rio, ritiene erroneamente che la nuova legge allarghi i diritti portando a “più ricchezza e più sicurezza”.
6. Il punto che sfugge agli irrazionali e contraddittori sostenitori dello ius soli è quindi clamoroso: sono tra l’altro gli stessi trattati (v. qui, p.9), nelle loro norme fondamentali su questo tema, che pongono l’obiettivo primario comune dell’Unione, relativo al contrasto alla immigrazione illegale, cioè a quella puramente economica e non giustificata da eccezionali e transitorie esigenze umanitarie circoscritte a uno specifico “Stato terzo. Come conseguenza (logica) di tale principio, il Trattato, infatti, lascia agli Stati la decisiva autonomia politica di regolarsi su come e quanto consentire l’afflusso di cittadini da paesi terzi (rispetto all’Unione…e non solo, in verità), secondo le rispettive esigenze del mercato del lavoro e della effettiva coesione sociale sostenibile in situazioni di svalutazione del lavoro, come quella attuale, che, – come si guardano bene dal denunciare “accoglisti” e varie Caritas-, risulta inevitabile entro l’eurozona, che è un sistema che equivale al gold standard (ed al valore supremo della stabilità monetaria che si mantiene attraverso un’alta e crescente disoccupazione e precarizzazione lavorativa “strutturali”).
7. Norme internazionali e principi di diritto puramente immaginari, e conformi agli interessi perseguiti da oscure forze di influenzamento estranee alla sovranità democratica, sono dunque alla base di questa isteria collettiva e altamente mediatizzata, verso l’accoglienza illimitata, e senza alternative, “solo in Italia”.
La legge sullo ius soli, abbiamo visto, pur scorrelata, ed anzi antitetica a questa logica di isteria immaginativa, (oltre che ingiustificata sul piano dei dati del numero crescente di cittadinanze già attualmente concedibili) corrisponde tra l’altro a pressioni evidenti che sono derivate da organismi €uropei (qui, p.11).
Ora l’Italia è impegnata, a quanto pare, in un braccio di ferro con gli altri Stati-membri che accusa, a torto sul piano giuridico, di egoismi e di indifferenza alla “questione immigrazione” italiana; tuttavia, i nostri governi hanno prima rinunciato ad applicare la propria autonomia in materia, riconosciutale dall’art.79 del TFUE e poi si sono legati, quanto all’area del Mediterraneo, ad accordi largamente insufficienti e mossi da autolesionistica ambiguità (v. la lettera sulla revisione di “Triton” a zero possibilità di ottenere un diverso assetto, a fronte delle legittime ragioni di Spagna e Francia).
8. Ma allora, che senso ha questa accelerazione sullo ius soli che ha tutto il senso dell’acquiescenza alle suddette pressioni provenienti dall’€uropa?
Possibile che non si veda come una linea del genere sia esattamente opposta a qualsiasi possibilità di essere presi sul serio in una difficile negoziazione, in cui si parte già avendo la responsabilità di non aver tenuto la linea di autotutela dei propri confini e della propria coesione sociale che proprio i trattati già consentivano?
Non dico la consapevolezza e l’attenzione ai diritti costituzionali di tutti i legittimi residenti in Italia (un lusso che, a quanto pare, non ci possiamo più permettere), ma almeno un minimo di accortezza e coerenza negoziali dovrebbero essere, in questo momento, un atto dovuto: se non alla legittimità costiuzionale, almeno alla logica…
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